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Oculus Quest - recensione

Quando sono arrivati sul mercato, nel 2016, i primi visori per la realtà virtuale di Oculus, avevano fatto intuire le enormi potenzialità di un sistema in grado di rappresentare un salto quantico nel mercato dell'entertainment. Già allora si era capito che la realtà virtuale, per quanto rivoluzionaria, aveva ancora molte limitazioni. Oltre al famigerato "effetto zanzariera" delle prime versioni del visore, altre erano le controindicazioni a penalizzare un prodotto già riservato a pochi in virtù dell'alto costo di lancio.



I visori della prima generazione sono, infatti, solo dei "visori" in senso stretto: necessitano di un computer o di una console che invii l'immagine opportunamente elaborata. Non solo: occorre posizionare nell'area di gioco un sistema di rilevamento che individui esattamente la posizione del giocatore e l'orientamento del viso per collocarla correttamente all'interno dell'ambientazione tridimensionale, obbligando a una lunga preparazione della postazione. In ultimo, tutta la cavetteria necessaria a collegare il visore al computer limita la capacità di movimento dell'utente ed è per questo motivo che, fino ad oggi, la VR ha avuto un ambito d'utilizzo ideale nei giochi in cui ci si ritrova seduti in una posizione specifica come l'abitacolo di un'autovettura o il cockpit di un caccia o di un'astronave.



Conscia di queste limitazioni e dell'impatto che hanno avuto sulle vendite, Oculus VR hainiziato a studiare soluzioni in grado di risolvere questi problemi con l'obiettivo di semplificare la fruizione, e soprattutto allargare la base dell'utenza. Il risultato di questa ricerca e sviluppo è proprio Oculus Quest, un visore pensato per essere completamente indipendente da un computer, proponendosi come una piattaforma di gioco perfettamente autonoma.



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27 maggio 2019 alle 10:40