The Game Awards: gli “Oscar” dei videogiochi non sanno ancora cosa vogliono essere
Nel corso dell'ultimo decennio i The Game Awards si sono progressivamente affermati come l'evento videoludico più rilevante a livello globale. Non solo una cerimonia di premiazione, ma un appuntamento capace di concentrare su di sé l'attenzione di giocatori, sviluppatori, publisher e media internazionali, fino a diventare uno dei pochi momenti dell'anno in cui l'industria videoludica parla con una sola voce.
Proprio questa centralità, tuttavia, ha reso i TGA un evento sempre più discusso e polarizzante. L'edizione di quest'anno ne è stata un esempio particolarmente evidente, tra nomination giudicate discutibili, categorie considerate poco coerenti, premi contestati e l'inedito caso di un gioco che ha scelto di ritirarsi dalla competizione dopo essere stato inserito in una categoria ritenuta non appropriata. Il dibattito attorno ai The Game Awards ha così superato il tradizionale confronto sui vincitori per spostarsi sul senso stesso della manifestazione.
Queste polemiche non sono episodi isolati, né semplici reazioni a caldo della community. Al contrario, rappresentano la manifestazione più recente di criticità strutturali che accompagnano i TGA da anni e che riguardano la loro natura, le loro tempistiche, il modo in cui vengono costruite le categorie e, più in generale, il tipo di racconto che l'evento propone del medium videoludico.
Analizzare i The Game Awards oggi significa quindi andare oltre il commento dell'edizione appena conclusa e interrogarsi su cosa siano diventati, su cosa rappresentino e su quali limiti mostrino come strumento di celebrazione culturale. Perché, al netto delle singole polemiche, i TGA funzionano sempre più come uno specchio, non solo dei videogiochi premiati, ma delle contraddizioni dell'industria che li produce e li racconta.
Cosa sono diventati davvero i The Game Awards: da premiazione a evento snodo dell'industria
I The Game Awards nascono con un obiettivo ambizioso, offrire al videogioco una cerimonia di premiazione capace di legittimarlo culturalmente, sul modello di quanto avviene da decenni nel cinema o nella musica. Nel tempo, però, questa ambizione si è intrecciata con una trasformazione profonda dell'evento, che ha progressivamente ampliato il proprio raggio d'azione fino a diventare qualcosa di diverso da una semplice premiazione.
Oggi i TGA sono un evento ibrido, in cui la consegna dei premi convive con una forte componente di spettacolo e promozione. Trailer, annunci, reveal e world premiere occupano una parte sempre più consistente della serata, ridefinendo le priorità narrative dell'evento. Il premio, da momento centrale di celebrazione, diventa uno degli elementi del flusso, spesso subordinato al ritmo e alle esigenze dello show.
A rendere questa trasformazione ancora più evidente è stato il progressivo declino dell'E3. Con la scomparsa della storica fiera di Los Angeles come evento fisico e simbolico, l'industria si è ritrovata priva di un punto di aggregazione capace di concentrare annunci e visioni sul futuro. In questo vuoto, i The Game Awards hanno assunto di fatto il ruolo di uno dei principali palcoscenici globali per la comunicazione videoludica.
Questa centralità, però, non va letta in modo isolato. Negli ultimi anni, i The Game Awards hanno iniziato a operare in stretta continuità con la Summer Game Fest, evento estivo dedicato ad annunci e reveal. Insieme, queste due manifestazioni coprono oggi la maggior parte dei momenti chiave del calendario videoludico globale, da un lato la celebrazione e la sintesi dell'anno appena trascorso, dall'altro la presentazione del futuro prossimo.
Di fatto, il binomio The Game Awards e Summer Game Fest ha preso il posto che per decenni era stato dell'E3, diventando l'asse portante attorno a cui ruota la comunicazione dell'industria. Una sostituzione che non riguarda solo la tempistica degli eventi, ma il modo stesso in cui il videogioco viene raccontato, promosso e celebrato.
La differenza, però, resta significativa. Se l'E3 era apertamente un evento promozionale, i TGA continuano a presentarsi come una cerimonia di premiazione. Questa sovrapposizione di funzioni genera un'ambiguità di fondo. L'evento guarda contemporaneamente al passato recente, che dovrebbe celebrare, e al futuro dell'industria, che vuole promuovere. Il risultato è un equilibrio fragile, in cui la riflessione sull'anno videoludico appena trascorso rischia di essere messa in secondo piano rispetto alla costruzione dell'hype.
Il problema del quando: Premiare un anno che non è ancora finito
Tra le criticità più ricorrenti dei The Game Awards c'è quella legata al momento in cui vengono assegnati i premi. La cerimonia si svolge a inizio dicembre, quando l'anno videoludico non è ancora realmente concluso e una parte significativa delle uscite più rilevanti deve ancora sedimentare nel dibattito critico e nel vissuto dei giocatori.
Questa collocazione temporale introduce una distorsione evidente. I titoli usciti negli ultimi mesi dell'anno vengono spesso valutati in modo inevitabilmente parziale, quando non penalizzati dalla semplice mancanza di tempo. Allo stesso modo, l'attenzione si concentra su ciò che è già noto e discusso, rafforzando dinamiche di visibilità che poco hanno a che fare con una valutazione complessiva dell'anno.
Il problema diventa ancora più evidente se si considera la natura dei videogiochi contemporanei. Patch, aggiornamenti, contenuti post lancio e revisioni strutturali sono ormai parte integrante del ciclo vitale di molti titoli. Premiare un gioco in una fase ancora intermedia del suo percorso significa spesso cristallizzare un giudizio prima che l'opera abbia trovato la sua forma definitiva.
Il quando dei TGA non è quindi una questione puramente organizzativa, ma un elemento che incide direttamente sulla credibilità del premio come strumento di analisi e sintesi dell'anno videoludico.
Categorie ambigue e criteri interpretabili: Quando le etichette non bastano più e i casi concreti lo dimostrano
Il tema delle categorie ai The Game Awards non è teorico, ma emerge con regolarità attraverso casi concreti che negli anni hanno alimentato discussioni e polemiche. Giochi inseriti in categorie percepite come poco coerenti o eccessivamente elastiche hanno spesso messo in discussione il senso stesso dei premi assegnati.
Un esempio emblematico dell'edizione di quest'anno è Clair Obscur Expedition 33, premiato come miglior gioco indie. La qualità del titolo non è mai stata il vero oggetto della contestazione. Il nodo centrale è stata la sua collocazione. Sviluppato da Sandfall Interactive ma supportato da Kepler Interactive, Clair Obscur presenta valori produttivi e una visibilità difficilmente riconducibili all'idea tradizionale di produzione indipendente. Il caso ha riacceso una domanda che i TGA evitano di affrontare apertamente, cosa definisce davvero un gioco indie.
Non è la prima volta che questa ambiguità emerge. Negli anni precedenti, titoli come Hades, Stray o It Takes Two hanno occupato una zona simile. Opere nate da studi indipendenti sul piano creativo, ma sostenute da publisher strutturati e campagne marketing di primo piano. Anche in questi casi, la discussione non ha riguardato il merito dei premi, ma la coerenza delle categorie utilizzate.
Un altro terreno di polemica ricorrente è la categoria Best Family Game. Pensata per premiare esperienze accessibili a un pubblico ampio, è diventata nel tempo una delle categorie più prevedibili e contestate. Titoli Nintendo come Animal Crossing New Horizons, Mario Kart 8 Deluxe o Super Mario Bros Wonder hanno dominato sistematicamente la scena, alimentando l'idea che la categoria funzioni ormai come una sorta di categoria Nintendo non dichiarata. Anche quest'anno la vittoria di un titolo first party della casa di Kyoto ha riacceso il dibattito, non tanto per il valore del gioco, quanto per l'assenza di criteri chiari su cosa renda un titolo realmente family.

Situazione analoga per Best Action Adventure, una categoria ombrello che negli anni ha ospitato titoli molto diversi tra loro, da The Last of Us Part II a God of War Ragnarök. In più occasioni, la discussione si è concentrata non sul vincitore, ma sul perché determinati giochi fossero collocati lì e non in categorie più specifiche, rafforzando la percezione di una sezione usata come contenitore di comodo.
Ancora più evidente è il caso di Best Sports Racing, dove convivono simulatori di guida, giochi sportivi annualizzati e titoli arcade come Mario Kart 8 Deluxe, spesso messi a confronto con prodotti come FIFA o EA Sports FC e F1. L'accorpamento di esperienze così diverse rende il premio difficilmente leggibile e più vicino a una necessità organizzativa che a una valutazione critica coerente.
Il filo conduttore è chiaro. Quando le categorie sono troppo ampie o poco definite, il premio perde significato. La discussione si sposta dal valore delle opere alla legittimità della loro collocazione, e il verdetto finale viene percepito come arbitrario più che come sintesi dell'anno videoludico.
Il sistema di voto e la questione della trasparenza: Tra giurie, pubblico e percezione di opacità
Uno dei nodi più delicati dei The Game Awards riguarda il sistema di voto. Una giuria composta da testate e addetti ai lavori internazionali ha un peso preponderante, mentre il voto del pubblico incide in misura ridotta. Una scelta comprensibile nelle intenzioni, ma che solleva interrogativi quando i criteri di valutazione non vengono esplicitati con chiarezza.
Al pubblico viene spiegato chi vota, ma raramente come e secondo quali parametri. In assenza di indicazioni precise, ogni verdetto finisce per essere interpretato attraverso la lente del sospetto, alimentando polemiche che spesso prescindono dal merito dei giochi premiati. Il risultato è uno scollamento crescente tra i risultati ufficiali e il sentimento della community.
In un ecosistema in cui media, publisher e sviluppatori sono inevitabilmente interconnessi, questa mancanza di trasparenza pesa sulla percezione di indipendenza del premio. Senza ipotizzare conflitti diretti, il semplice contesto rende evidente quanto una maggiore chiarezza sui criteri sarebbe fondamentale per rafforzare la credibilità dei TGA.
AAA, indie e il problema della definizione: Quando indie non significa più una cosa sola
Il rapporto tra produzioni AAA e giochi indipendenti è da anni al centro delle critiche ai The Game Awards, ma le polemiche più recenti hanno messo in luce un problema ancora più profondo, l'assenza di una definizione chiara e condivisa di cosa sia oggi un gioco indie.
Se in passato il termine indicava produzioni a basso budget, realizzate da piccoli team e prive del supporto dei grandi publisher, oggi il confine è estremamente poroso. Esistono studi formalmente indipendenti che operano con budget elevati, publisher backed e con campagne marketing paragonabili a quelle delle produzioni AA o AAA.
I TGA non hanno mai fornito una definizione esplicita di indie, e questo vuoto concettuale si riflette direttamente nelle premiazioni. Il caso di Clair Obscur Expedition 33 non è un'eccezione, ma l'ennesima manifestazione di una categoria che premia spesso una percezione o un'estetica, più che una reale condizione produttiva.
Questo ha conseguenze concrete. I giochi realmente indipendenti rischiano di essere oscurati da produzioni ibride, mentre il pubblico fatica a comprendere il senso del premio. La distinzione tra AAA e indie, così come proposta dai TGA, finisce per riflettere più le gerarchie del mercato che la reale varietà creativa del medium.
Media, marketing e conflitti di ruolo: Quando informazione, accesso e promozione condividono lo stesso spazio
Un ulteriore livello di complessità nel dibattito sui The Game Awards riguarda il ruolo dei media e il rapporto sempre più stretto tra informazione, promozione e accesso. I TGA si fondano su un sistema di voto che coinvolge testate giornalistiche internazionali e addetti ai lavori, chiamati a esprimere un giudizio critico sui titoli in nomination. Una scelta legittima, che però si inserisce in un ecosistema fortemente interconnesso.
I media che votano sono spesso gli stessi che, nel corso dell'anno, ricevono copie in anteprima, partecipano a eventi preview, realizzano interviste e costruiscono contenuti in collaborazione con publisher e studi di sviluppo. Anche senza ipotizzare dinamiche scorrette o conflitti diretti, è evidente come questa prossimità renda complesso mantenere, o quantomeno percepire, una piena indipendenza critica.

Un parallelismo interessante può essere tracciato con quanto sta emergendo anche nel panorama dei content creator italiani, dove negli ultimi anni si è aperta una discussione sempre più esplicita sul tema del conflitto di interessi. In quel contesto, il dibattito ruota attorno alla difficoltà di conciliare contenuti sponsorizzati, accesso anticipato ai giochi e la credibilità di recensioni o commenti percepiti come indipendenti.
Senza sovrapporre realtà diverse, il punto di contatto è evidente. Quando chi valuta un prodotto è anche parte di un sistema di accessi privilegiati, la questione non è solo se il giudizio sia corretto, ma se venga percepito come tale. Lo stesso meccanismo si applica ai The Game Awards, dove alcune delle voci chiamate a votare partecipano attivamente allo stesso ecosistema promozionale che l'evento celebra.
La centralità di Geoff Keighley: Tra The Game Awards e Summer Game Fest un unico baricentro
Arrivati a questo punto dell'analisi, la figura di Geoff Keighley emerge non come bersaglio polemico, ma come elemento strutturale del sistema. Keighley non è soltanto il volto pubblico dei The Game Awards, ma il loro ideatore, curatore e principale garante. A questo ruolo si aggiunge quello di fondatore e organizzatore della Summer Game Fest, l'altro grande evento globale dedicato ad annunci e reveal.
Il risultato è una situazione inedita. Oggi i due momenti più rilevanti del calendario videoludico internazionale, la celebrazione dell'anno appena trascorso e la presentazione del futuro prossimo, passano attraverso la stessa regia. Tra dicembre e il periodo estivo, premi, annunci e narrazione dell'industria convergono sotto un'unica direzione.
Il punto critico non è la presenza di Keighley in sé, ma l'assenza di un contrappeso. Con il declino dell'E3 e la frammentazione delle iniziative dei singoli publisher, The Game Awards e Summer Game Fest sono diventati il centro gravitazionale della comunicazione videoludica globale. Una centralità che amplifica il peso delle scelte editoriali e rende ogni ambiguità strutturale ancora più rilevante.
Conclusione: I The Game Awards non come causa, ma come sintomo
Alla luce di quanto analizzato, appare chiaro che i The Game Awards non rappresentino tanto un problema in sé, quanto il sintomo di un'industria che fatica ancora a definire in modo maturo e condiviso i propri strumenti di celebrazione. Le polemiche sulle categorie, sulle tempistiche, sulle definizioni e sui verdetti non sono episodi isolati, ma il risultato di una struttura che cerca di tenere insieme funzioni diverse senza chiarire fino in fondo le proprie priorità.
Da anni i TGA aspirano, più o meno esplicitamente, a essere gli Oscar dei videogiochi. Un paragone comprensibile sul piano simbolico, ma che evidenzia ancora di più le ambiguità dell'evento. Al netto delle profonde differenze tra i due medium, a partire dalla loro età storica e dai modelli produttivi, la notte degli Oscar rappresenta un sistema di premi con regole, categorie e criteri relativamente stabili e comprensibili. Si può discutere dei risultati, ma raramente del significato delle categorie o del ruolo dell'evento.
I The Game Awards, invece, sembrano ancora sospesi in una fase di transizione. Vogliono essere al tempo stesso una premiazione autorevole, un grande show globale e una vetrina promozionale. È proprio questa sovrapposizione a generare gran parte delle criticità emerse, categorie elastiche, premi difficili da leggere e verdetti che diventano terreno di scontro più per la loro collocazione che per il loro merito.
Il punto non è stabilire se i TGA funzionino o meno, ma riconoscere che, allo stato attuale, non garantiscono quella chiarezza e quella funzione simbolica che ci si aspetterebbe da un evento che ambisce a rappresentare il meglio del medium. Finché non verrà definito con maggiore precisione cosa significhi premiare un videogioco e secondo quali criteri, ogni edizione continuerà a portare con sé le stesse tensioni.
In questo senso, i The Game Awards raccontano perfettamente lo stato del videogioco contemporaneo. Un medium centrale e culturalmente rilevante, ma ancora in cerca di un linguaggio condiviso per raccontare se stesso. Non un fallimento, ma un processo incompleto. E forse è proprio questa incompiutezza, più di qualsiasi singola polemica, a spiegare perché i TGA continuino a far discutere anno dopo anno.
