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Laxirya

ha scritto una recensione su Odin Sphere

Cover Odin Sphere per PS2

È da poco giunta alla conclusione una delle avventure più travagliate della mia carriera videoludica.
Recuperai Odin Sphere, nella sua prima versione, nell'estate del 2013 senza sapere granché né della storia, né del gameplay, né di tutto il resto, scatola chiusa. All'epoca, poi, la mia esperienza con il mondo degli RPG era decisamente più limitata. Insomma, fu un esperimento. Da quel giorno, con questo gioco, è stato un po' un tira e molla.

Ciò che certamente colpisce di più di questo titolo, anche a un primo sguardo, è la direzione artistica. Lo stile di George Kamitani è subito riconoscibile in tutti i titoli da lui diretti e credo che Odin Sphere sia una delle sue opere fondamentali: l'atmosfera fiabesca delle ambientazioni si amalgama perfettamente con il character design incredibilmente particolareggiato di tutti i personaggi e con le musiche medievaleggianti composte da Hitoshi Sakimoto.
Ciò a cui ci si trova davanti è un mondo che non è solo meraviglioso nel suo comparto estetico, ma è anche percepito dal giocatore come vivo grazie all'espediente narrativo utilizzato per raccontare le vicende, ossia il non avere un protagonista: non uno, non una coppia di personaggi che viaggiano sempre insieme, ma cinque protagonisti, con cinque storie distinte e cinque diversi punti di vista. Grazie a questo tipo di narrazione, gli elementi messi in gioco sono moltissimi, ma nessuno è davvero lasciato al caso. Certo, le storie dei singoli personaggi possono sembrare prevedibili e già viste se prese singolarmente, ma ciò che davvero importa in questo gioco non è la singola storia, bensì l'intreccio e il fatto che tutti i tasselli che vengono messi in gioco alla fine combacino.

Credo sia impossibile non affezionarsi almeno un po' ai personaggi. Gwendolyn, Cornelius, Mercedes, Oswald e Velvet compiono un percorso molto bello, ma non sono da meno i personaggi secondari e gli antagonisti.

Punto un po' dolente nella mia esperienza è stato forse il particolarissimo gameplay, poco improntato sullo sviluppo dei personaggi e più sull'abilità del giocatore nel controllare personaggi già precostruiti con caratteristiche specifiche e sull'utilizzo degli oggetti giusti nel momento giusto (e del tanto, tanto farm per ottenerli). Per me che sono nabba dentro è stato davvero impegnativo.
Quindi ringrazio il fatto che ora ne esista anche una versione modernizzata, Odin Sphere Leifthrasir, del tutto rivista e snellita per quanto riguarda il lato gameplay. Pur non avendola ancora provata, il mio consiglio è di recuperare proprio quella (dato che comunque contiene anche la versione "classica" del gioco, nel caso si volesse provare l'ebrezza di tentare anche quella).

È stato dunque un esperimento riuscito, quello che ho fatto comprando Odin Sphere? Nonostante il lungo travaglio, durato più di tre anni, credo di sì, perché in ogni caso credo sia un titolo validissimo, ma probabilmente con il senno di poi avrei recuperato direttamente Leifthrasir.

8.5

Voto assegnato da Laxirya
Media utenti: 7.7

Laxirya
Cover The Legend of Heroes: Trails of Cold Steel per PS3

Tratto da un post cooperativo su Cold Steel scritto insieme ad Alister e Viv: http://pickaquest.blogfree.net/?t=536633 …

Avete mai avuto la sensazione di aver finito un gioco talmente bello da pensare che dopo averlo giocato c’è il rischio di rovinare l’esperienza di qualunque cosa arriverà dopo di lui? Ecco, questa era la sensazione che provavo appena dopo aver finito Trails in the Sky SC. Ero entusiasta di poter giocare a Cold Steel, ma sotto sotto ero preoccupata che non lo avrei apprezzato tanto quanto meritasse, proprio perché avevo appena finito SC.

E allora perché sono tornata a Zemuria così presto? Perché mi mancava. Mi mancavano già, dopo solo un paio di settimane, la cura meticolosa che Falcom ha messo nella sua costruzione, i memorabili personaggi che la abitano e i loro dialoghi sempre vivaci.
E sapete cosa? Dopo aver mosso solo un paio di passi dentro Trista, il piccolo paese che ospita l’Accademia Militare Thors, le mie preoccupazioni si sono completamente dissolte. Trails of Cold Steel è stato, come ambientazione e personaggi, un “seguito” più che degno di quel così bello SC. Erebonia è molto più vasta Liberl, però, e percorrerla tutta a piedi non è certamente fattibile: mezzo di trasporto fondamentale sarà infatti il treno, che ci permetterà di raggiungere (coi dovuti tempi) anche i luoghi più impervi. Tutti diversi, tutti con un nome, spesso addirittura con una storia alle spalle. Ogni tanto, camminando per Celdic o Heimdallr o qualunque altra città, mi veniva spontaneo fare paragoni con Tales of Xillia. Lo so, si tratta di due brand totalmente diversi, ma esteticamente Xillia e Cold Steel non sono poi così distanti per quanto riguarda la grafica. Eppure Cold Steel riesce a dare un’atmosfera del tutto diversa ai propri ambienti: ogni posto è unico, vivo e in perenne cambiamento. La stessa Trista, in cui si vivono la maggior parte delle avventure della classe, cambia col cambiare delle stagioni e a ogni ora del giorno c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. La cura maniacale per la caratterizzazione dei luoghi, però, a mio parere vede il suo maggiore splendore negli NPC. La rete di NPC è davvero qualcosa di fenomenale. Grazie a linee di dialogo che cambiano in continuazione, nonché quest secondarie di ogni tipo, è facile imparare a riconoscere e conoscere i ragazzi e i professori della Thors proprio come è facile riconoscere le persone che studiano nella tua stessa scuola. Questi personaggi, in certi casi, con le proprie piccole particolarità riescono a spiccare e ad avere uno spessore quasi incredibile per dei semplici NPC (potrebbero fare invidia anche a diversi protagonisti “tavola da surf” di altri RPG, secondo il mio modesto parere).

Ma passiamo dunque ai nostri, di protagonisti, la Class Seven. Ora come ora, anche se di tempo ne è passato già un po’, non riesco proprio a decidere chi di loro mi sia rimasto maggiormente nel cuore. Adoro tutti, dal primo all'ultimo, con le loro particolarità, i loro pregi e i loro difetti e ciò che so per certo è che non esiste un singolo personaggio dell’intero cast che vorrei cancellare, nessun personaggio che riesca davvero a odiare: anche quelli che all’inizio mi erano antipatici si sono confermati dei giganteschi e inaspettati Cinnamon Roll…

Sì, Patrick, sto parlando di te.

Oltre alle nuove entrate, però, ci sono i grandi ritorni. E che ritorni!
Rivedere Olivier, in vesti totalmente diverse da quelle con cui lo si è conosciuto in Trails in the Sky è qualcosa di meraviglioso. Olivier stesso è un personaggio meraviglioso che, come molti altri ma forse un po' di più, riesce a scuotere con la sua fenomenale caparbietà le sorti di Zemuria. Potrei rimanere ore a parlare del nostro bardo non più bardo, ma ovviamente tornano anche molti altri personaggi (alcuni anche perché devono fare il prezzemolo della situazione, diciamocelo) e questo non mi ha fatto altro che piacere.
E poi ci sono le OST.
Il Falcom Sound Team non si smentisce davvero mai e riesce a mescolare tracce con una carica adrenalinica senza pari (The Glint of Cold Steel, Don’t be defeated by a friend, Atrocious raid…) con musiche che si adattano meravigliosamente al contesto ambientale in cui sono inserite (Trista, Legram, le Highlands…) a OST piene di feels (uno tra tutti il tema della Class Seven). Personalmente capisco che una colonna sonora mi piace da impazzire quando la utilizzo spesso come sottofondo quando devo lavorare e anche Cold Steel non ha fatto eccezione.

Ma volete sapere un’altra cosa che il Falcom sa fare bene? I cliff hanger.
Proprio come con Trails in the Sky First Chapter, non aspettatevi di vedere i titoli di coda col sorriso sulla faccia pensando “Oh che bello, il gioco è finito”. Questo gioco maledetto vi darà soltanto l’impressione di star finendo per poi buttarvi addosso cose su cose che vi faranno desiderare il secondo capitolo come nessun’altra cosa al mondo. Quindi in quanto primo capitolo, come in un lunghissimo prologo, il gioco si propone, soprattutto, di introdurre i personaggi, di far conoscere al giocatore le loro storie e le motivazioni che li muovono (con l’eccezione di qualcuno, a dire il vero, giusto Emma?), di mostrare alcuni dei luoghi più importanti di Erebonia e di preparare, in buona sostanza, quello che è il vero e proprio teatro in cui si muoveranno durante il secondo gioco gli attori che abbiamo conosciuto.

Concludo con una considerazione. Cold Steel è un gioco bello, tranquillamente fruibile anche da chi conosce la saga per la prima volta con questo capitolo, ma come ho già detto, la cosa davvero bella di questa saga è la costruzione del mondo, la sua attenzione nei dettagli, e credo che gran parte di questi dettagli possano essere colti solo se si ha una conoscenza pregressa della saga. Per questo il mio consiglio è sempre quello di giocare agli altri Trails prima. So che in molti non apprezzano il gameplay ormai un po’ antiquato (d’altronde è pur sempre un gioco di 12 anni fa, nonostante da noi sia arrivato molto più recentemente), ma credo valga davvero la pena. Io per prima vorrei aver potuto giocare anche a 3rd e i due giochi ambientati a Crossbell, perché sento di aver perso davvero tantissimi riferimenti che mi avrebbero fatto amare il gioco ancora di più.

Laxirya

ha scritto una recensione su Infinite Undiscovery

Cover Infinite Undiscovery per Xbox 360

Versione formattata con immagini (stupide) » http://pickaquest.blogfree.net/?t=488240 …

Inizio questo mio piccolo discorso su Infinite Undiscovery con una piccola premessa. Credo che sapere con che genere di gioco si abbia a che fare quando ci si gioca renda sempre le esperienze decisamente più piacevoli. Ma vi spiegherò meglio cosa intendo alla fine, meglio parlare delle cose con ordine.
Quella di Infinite Undiscovery è una storia piuttosto lineare, ma con una lore interessante e alcuni plot twist ben orchestrati. Abbiamo Capell, il protagonista, un giovane orfano che si guadagna da vivere facendo il bardo, che proprio nei primi frammenti di gioco troviamo rinchiuso in una cella. Viene però subito salvato e liberato da Aya, una giovane ragazza che lo ha scambiato per Sigmund, il leader della Liberation Force, il cui compito è quello di sconfiggere l’Order of Chains e spezzare tutte le catene che legano la luna alla terra. Capell verrà accolto (non senza alcune riserve) sotto l’ala dello stesso Sigmund, incuriosito dalla natura della somiglianza, e da qui inizierà il suo viaggio di cambiamento e maturazione.

Sebbene esteticamente siano due gocce d’acqua, Capell e Sigmund non potrebbero essere caratterialmente più diversi: mentre Sigmund è l’esempio di leader perfetto, forte e fermo nei propri ideali, Capell è un codardo che ha sempre vissuto nella sua miseria senza alcuna preoccupazione. La sua condizione è, infatti, quella di “unblessed”. Nel mondo di Infinite Undiscovery ogni volta che nasce un bambino viene svolto un rituale volto a donargli un “Lunaglifo”, una sorta di marchio che dona poteri magici (curativi, di controllo degli elementi, etc…), la cui forza e peculiarità dipendono dallo stato in cui si trova la luna nel momento della nascita. Ci sono però persone che non hanno mai ricevuto alcun Lunaglifo: questi sono gli unblessed, considerati deboli, inutili e portatori di sfortuna e spesso vivono isolatisvolgendo i lavori più umili. Per questo Capell non ha mai aspirato a nessun tipo di responsabilità ed è restio a prendere in mano la spada e combattere, non potendo far uso dei poteri di un Lunaglifo. Ha desideri molto semplici che si riassumono sostanzialmente in “cibo” e “donne”.
Il cast di personaggi è davvero vastissimo. Anche solo i personaggi giocabili sono un numero davvero spropositato, ben 18. E qui inizia a intravedersi uno dei problemi principali del gioco: in una storia che dura una ventina di ore non c’è spazio per lo sviluppo dell’intero party. Alcuni sicuramente riescono ad avere il proprio spazio: è il caso di Aya, che raramente lascerà il fianco di Capell durante la sua avventura, ma anche del tenebroso e poco amichevole Edward. Altri hanno semplicemente i loro momenti, ma non sempre hanno un’impronta forte sulla storia.
Al contrario, ci sono diversi NPC che giocano un ruolo piuttosto importante durante l’intreccio come ad esempio l’imperatrice Svala o la da me poco sopportata Faina.
Un altro problema di alcuni personaggi è che alle volte hanno delle uscite che non saprei bene con che parola italiana definire: in inglese sarbbe “cheesy”. Uscite terribili e a volte anche un po’ senza senso, che possono alternativamente strapparti un sorriso o farti rimanere basito. Un esempio è sicuramente quello della danza della cena. Tuttavia questo si limita quasi del tutto al primo CD.
È infatti con un avvenimento durante il finale del primo CD che avviene uno stacco netto e la storia inizia davvero a prendere una piega più seria, lasciandosi alle spalle i momenti più spensierati.

Essendo un prodotto TriAce gli spunti più interessanti provengono come al solito dal Battle System. L’unico personaggio controllabile sarà Capell, ma non disperate, care persone che avranno già sbuffato nel sentire tutto ciò, perché il sistema di combattimento di Infinite Undiscovery vi permette di controllare un personaggio del vostro party nello stesso momento in cui controllate Capell! Basterà formare una sorta di vincolo con il personaggio in questione e in base alle abilità impostate dal menu apposito si potrà far uso di determinati attacchi speciali. Ma non è tutto! Se durante il vincolo (disponibile anche fuori dalla battaglia visto che questa avviene direttamente nelle zone esplorabili) si parla o si cerca di fare qualcosa, non sarà Capell a farlo, ma il personaggio vincolato. In questo modo anche voi potrete parlare con gli animali grazie a Rico, scagliare frecce con Aya e usare “rotolamento” per distruggere massi con Balbagan.
Le meccaniche sono tante, anche per quanto riguarda il resto del gameplay: crafting di armi, cucinare, incanti...
Esteticamente i dungeon non sono nulla di particolare (ad eccezione del luogo in cui si svolge la battaglia finale, quello è bellissimo), ma ho trovato alcune meccaniche e gli enigmi molto carini e ben fatti.
Graficamente non è perfetto, ma gli ambienti, anche se molto estesi, caricano abbastanza in fretta. I menu e alcuni dettagli hanno un aria un po’ vecchiotta che a mio parere si addice più a un gioco della generazione PS2. Il character design mi è sembrato, invece, abbastanza vario e interessante.

Soundtrack classica di Sakuraba anche se per questo titolo deve aver deciso di lasciare a casa le chitarre elettriche. Alcune tracce sono molto belline, ma altre si perdono nel già sentito. Tutto come previsto.
Il doppiaggio… ecco il doppiaggio è un capitolo particolare. Molto buona la performance di Jason Liebrecht, che è riuscito a star dietro all’intero cambiamento di Capell, senza infamia e senza lode gli altri. E poi c’è Laura Bailey, che non contenta di fare un personaggio ne ha fatti addirittura quattro essendo abbastanza brava da farli tutti diversi! E personalmente l’avevo riconosciuta solo in Faina.

In conclusione, torniamo alla mia premessa. Infinite Undiscovery non è né più né meno di un classico gioco TriAce, con gli stessi pregi e difetti che i titoli sviluppati da questa Software House spesso hanno, e chi, come me, ha già avuto modo di apprezzare alcune delle loro produzioni saprà sicuramente cosa aspettarsi da questo gioco. E con quest'ottica credo che difficilmente ne rimarrà deluso. In altri casi credo che ci si possa fare presto un'idea sbagliata sia sui personaggi (che come ho già detto nella prima parte si comportano in modo un po' strano) o sul battle system, che nella primissima parte del gioco appare ultracomplicato, ma che, superata quella, risulta assolutamente accessibile.

Laxirya

ha scritto una recensione su Tales of Vesperia

Cover Tales of Vesperia per Xbox 360

Versione formattata con immagini » http://pickaquest.blogfree.net/?t=482792 …

Tales of Vesperia è il decimo titolo principale della saga Tales of, uscito in giappone il 7 Agosto del 2008 e arrivato in Europa quasi un anno dopo, il 26 Giugno 2009, per Xbox 360. Come ogni Tales che si rispetti, anche Vesperia possiede il così detto “genere caratteristico”, una frase che, in molti dei casi, definisce il punto chiave della trama: “Enforcing One's "Justice"”. È infatti proprio questo fondamentale concetto di Giustizia che ci accompagnerà passo dopo passo, episodio dopo episodio, fino alla conclusone del gioco e riassume in un unico concetto tutti i temi portanti. Proprio la “giustizia”, tra l’altro, sarà il pretesto che ci permetterà di conoscere il nostro protagonista Yuri.
Yuri Lowell è un giovane spadaccino che abita nei quartieri poveri della capitale Zaphias e si guadagna da vivere svolgendo lavoretti per gli abitanti della zona (finendo anche spesso nei guai). Un giorno viene rubato dalla fontana del quartiere, unica fonte d’acqua della zona, l’“Aque blastia”, un dispositivo che permette di far scorrere l’acqua. I blastia, in generale, permettono di trasformare l’aer (energia magica “grezza”, prodotta in grande quantità dalla natura stessa) in energia utilizzabile dagli umani, che ne fanno uso per proteggere le città dai mostri, far muovere veicoli o, addirittura, combattere o permettere di castare magie, e sono uno degli elementi che maggiormente caratterizzano Terca Lumireis, il mondo in cui si svolge la vicenda, nonché uno degli elementi portanti della trama. Durante le sue ricerche nella capitale, incontra Estellise, una giovane ragazza che desidera scappare dalla capitale e vedere il mondo che ha potuto conoscere solo grazie ai libri. Insomma un incipit che forse sa un po’ di già sentito, ma da cui parte una storia che non smetterà mai di stupire in compagnia dei nostri protagonisti, che viaggeranno lungo un percorso di crescita che non farà sconti a nessuno, pieno di nemici dalla personalità stramba, creature sconosciute e città dimenticate. La storia di Vesperia ci porta davvero a chiederci cosa bisogna fare per perseguire la vera giustizia, ma soprattutto ci domanda quale sia la vera giustizia: è quella che l’impero vuole far rispettare, quella che le gilde si sono imposte o è forse quella che Yuri persegue? Siamo sicuri che chi si professa un protettore della giustizia, non stia in realtà mascherando con vane promesse i propri ben meno nobili interessi? È giusto compiere azioni disdicevoli, quei lavori che “nessuno vuole fare”, a fin di bene?

Un punto molto forte di questo gioco sono, appunto, i personaggi e Yuri figura come il protagonista perfetto per una storia di questo tipo. Innanzi tutto c’è da dire che, rispetto ai protagonisti degli altri Tales a cui ho avuto modo di giocare, Yuri e la sua caratterizzazione all’inizio del gioco sono molto particolari: non è un ragazzino immaturo che si ritrova in una situazione più grande lui per sfortuna e ma non è nemmeno in cerca di gloria. Yuri è un giovane uomo disilluso, convinto che le ingiustizie non possano mai essere risolte definitivamente, neppure dall’impero che si professa paladino della giustizia. Yuri, un tempo, era a sua volta un soldato dell’impero in cui si era arruolato insieme al migliore amico Flynn Scifo, che ha invece deciso di rimanere e ha fatto carriera, diventando un noto capitano dell'esercito. Yuri è sarcastico, scherzoso, ma anche incredibilmente testardo e, in certi casi, arrogante. Ha visto il mondo con i propri occhi ed è convito di sapere perfettamente in che senso giri. Sembra proprio un personaggio fatto e finito, senza margine di sviluppo e miglioramento. Ma ne siamo davvero sicuri?
Al suo fianco, la controparte perfetta, Estelle, che del mondo conosce solo ciò che le è stato insegnato dai libri e tutto ciò che i suoi occhi curiosi sono stati in grado di raggiungere rimanendo in quella meravigliosa gabbia che è il castello di Zaphias, ma non ha mai toccato con mano l'oggetto delle sue osservazoni, né dato prova delle proprie capacità, né, in generale, avuto esperienze del mondo reale.
Anche gli altri personaggi, però, svolgono un ruolo cruciale nella trama: il piccolo Karol, che ci viene presentato come un ragazzino pauroso e inesperto, ma con una gigantesca forza di volontà; la ricercatrice Rita, prodigio nello studio dei Blastia nonostante la giovane età e con il piccolo problema di far fatica a relazionarsi con gli altri; l’enigmatico Raven, un dongiovanni di mezz’età che compare sempre nei momenti più improbabili e non mancherà di provarci con qualunque essere di genere femminile respiri; la seducente Judith, esponente dell’antica tribù Krityana, dalle motivazioni sfuggenti e dalla forza di volontà inarrestabile; e infine Repede, il leale e un po’ scorbutico cane di Yuri, che sembra dar retta solo a chi pare a lui.
E questi sono solo i protagonisti: Tales of Vesperia conta una marea di personaggi, tra cui alleati, personaggi secondari non poi così tanto secondari e un’infinità di nemici, tutti caratterizzati egregiamente.

Ovviamente durante la nostra avventura dovremo anche combattere. Il battle system di Tales of Vesperia non si discosta molto da quello degli altri Tales classici: azione e dinamicità la fanno da padrone, anche se magari manca la freneticità di quelli che sono i titoli più moderni.
Ho adorato il fatto che la maggior parte delle arti si imparino direttamente in battaglia al suono di un “I have an idea!” o un “Here comes a new spell!”.
Interessante anche l’introduzione di meccaniche come quella dei Fatal Strikes: dopo aver colpito in determinati modi l’avversario apparirà su di lui una sorta di cerchio colorato, grazie al quale, utilizzando il grilletto destro, il nemico morirà istantaneamente o, nel caso di boss, gli verranno infieriti molti danni e aumenterà, alla fine della battaglia, la quantità del bottino (exp, gald…).
Per imparare le abilità, invece, si farà affidamento sulle armi. Ogni arma avrà delle abilità intrinseche che verranno attivate quando la si equipaggia e che potranno essere imparate permanentemente utilizzando l’arma in questione.
Il resto del gameplay ricalca abbastanza bene quello dei Tales che lo hanno preceduto. Per certi versi (tra i Tales che ho giocato) l’ho trovato molto più simile ad Eternia che non a Xillia o, addirittura, Graces. La World Map, anelli che sparano energia per risolvere i puzzle dei dungeon, il Wonder Chef nascosto nell’ambientazione, la possibilità di far cucinare i party member… tutte caratteristiche che già con Graces sono andate perse e questo mi ha fatto pensare di avere a che fare con l’ultimo Tales of “classico”, almeno per quanto riguarda le console fisse (visto che anche in Hearts per NDS, uscito un paio di mesi dopo, sono ancora presenti queste caratteristiche).

Altra cosa a cui la saga dei Tales of ci ha, ahimé, sempre abituati è il motore grafico non proprio all’avanguardia. Tales of Vesperia non fa certo eccezione, basti pensare al fatto che la maggior parte dei suoi colleghi RPG per XBOX 360 occupano ben più di un CD e di certo questo non è dovuto alla brevità della storia o dalla mancanza di storyline secondarie e opzionali. Tuttavia questo Tales of riesce a rimediare grazie ad una direzione artistica davvero eccezionale: la grafica di gioco in cel-shading si amalgama perfettamente con quella delle belle scene in stile anime, rendendo meno drastico il passaggio tra l’una e l’altra. In generale c’è una buona varietà di locations, alcune delle quali risultano davvero suggestive (personal favorite Halure, un villaggio con dei giganteschi alberi in fiore).

Anche il sonoro fa il suo sporco lavoro, regalando OST piuttosto dinamiche durante le battaglie (anche qui con qualche eccezione) e musiche d'ambiente adatte al contesto in cui sono inserite. Certo, è pur sempre Motoi Sakuraba e alcune sanno un po' di già sentito (l'intera colonna sonora è molto nel suo stile), ma quando ti tira fuori una boss battle theme come Fury Sparks o una traccia emozionante come A tragic decision glie lo puoi anche perdonare. Molto bella anche la opening della cantante giapponese Bonnie Pink, sia in giapponese (Kane wo Narashite) che nella sua versione tradotta in inglese (Ring a Bell). Il doppiaggio occidentale è ottimo. Se Yuri mi è piaciuto così tanto come personaggio, il merito va, tra le altre cose, anche alla meravigliosa interpretazione di Troy Baker. Ma bravissima anche Edel Riegel nel ruolo di Estelle, così come Michelle Ruff nel ruolo di Rita e tutti gli altri.
Ma ora che siamo giunti alla conclusione e ho parlato più o meno di tutto quello di cui c’è da parlare, che cosa è rimasto? Certo, la famigerata versione PS3.

A volte sento dire che la versione XBOX 360 del gioco non è completa, proprio perché esiste la versione PS3 con i suoi due personaggi del party aggiuntivi, le quest secondarie aggiuntive, i cameo aggiuntivi, i costumi aggiuntivi… E io mi ritrovo qui, a pensare che non sono d’accordo.
Trovo che la versione 360 sia completa così com’è: la storia fila senza buchi di trama che giustifichino l’inserimento di nuovi personaggi, di quest ce ne sono comunque tantissime (talmente tante che, anche con la mia buona volontà, se volevo prima o poi staccarmi dal gioco qualcuna l’ho dovuta saltare), i ruoli tra i personaggi sono ben definiti anche senza cutscenes aggiuntive e, personalmente, non ho mai sentito la mancanza di qualcuno nel party, sia esso un personaggio del tutto nuovo come Patty o un personaggio già presente come Flynn (e badate bene che adoro Flynn, ma lo trovo perfetto nel ruolo che ha in quanto controparte di Yuri, quindi fuori dal party).
Insomma, ho trovato la versione 360 un gioco assolutamente completo e non ho remore nel cosigliarvela. Poi è ovvio che, nel caso arrivasse la versione con extra anche qui in Europa, sarei contentissima di provarla e scoprire aspetti nuovi di Terca Lumireis e dei personaggi che la abitano.
In definitiva, mi è piaciuto Tales of Vesperia? Sì, assolutamente. La storia e i personaggi mi hanno coinvolta moltissimo e mi sono divertita (che in questo caso sta anche per "disperata"/"emozionata" durante alcune particolari scene) ogni secondo in cui ho tenuto il controller in mano.
In parole povere, se ne avete l'opportunità, il mio consiglio è di recuperarlo assolutamente.

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