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EA e la transizione dal gioco inteso come prodotto al gioco come servizio - editoriale

Di tanto in tanto, un grosso publisher s'imbatte in grossi strafalcioni ed è obbligato a cambi di rotta dal punto di vista delle pubbliche relazioni; il fenomeno sembra essere ancora in atto, con i dirigenti ed i rappresentanti delle compagnie che sembrano incapaci di aprire bocca senza spararle grosse, ed ogni decisione importante finisce per essere poco pubblicizzata o accolta con sfavore. Al momento, è indubbiamente EA a trovarsi in questa situazione, a cominciare dalle microtransazioni di Battlefront 2, per passare poi al malcontento generato per la chiusura di Visceral Games; tutte le grosse compagnie comunque si sono trovate in situazioni simili a turno.



Questi cicli si ripetono per delle ragioni precise. Una di queste è indubbiamente rappresentata dai racconti e dalle discussioni: ogni qual volta qualcosa va storto per una compagnia, quest'ultima finisce nel mirino, le dichiarazioni ed i comunicati che sarebbero normalmente passati inosservati finiscono invece sotto i riflettori. Un'altra ragione è fisiologica e legata alle normali fasi a cui le compagnie vanno incontro: lassi di tempo abbastanza comuni nei quali le due audience che una compagnia deve servire (i consumatori e gli investitori) non sono gestite e assecondate in modo sufficientemente adeguato e competente.



Molte compagnie incontrano queste difficoltà di volta in volta perché le esigenze ed i desideri degli investitori sono spesso diametralmente opposti a quelli dei consumatori. I più grandi problemi comunque sorgono quando un'azienda fa una sorta di doppio gioco, presentando un quadro differente agli investitori da quello che invece mostrano ai consumatori tramite i PR ed il marketing.

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23 dicembre 2017 alle 11:10