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Dunjungle – Recensione Speedrun

Ci sono giochi che non cercano di imporsi con trailer roboanti o promesse esagerate. Dunjungle, sviluppato da Feryaz Beer e portato su PlayStation da Ratalaika Games, appartiene proprio a questa categoria: arriva silenzioso, quasi timido, con la sua pixel art colorata e una scimmia come protagonista, e vi invita a entrare in una giungla che cambia forma a ogni run. Non pretende di essere più grande di ciò che è, e forse è proprio questa onestà a renderlo immediatamente riconoscibile.



È un titolo che si affida al ritmo, alla sensazione di migliorare un po' alla volta e a quel loop di tentativi che finisce per diventare sorprendentemente personale. Non vuole stupire con la complessità, ma con la costanza: un passo dopo l'altro, una run dopo l'altra, vi ritroverete coinvolti in un viaggio ritmato e coinvolgente.



Un eroe improbabile in una giungla che cambia sempre



La storia di Dunjungle è essenziale, quasi un sussurro. Non ci sono lunghe cutscene, dialoghi articolati o colpi di scena costruiti; c'è solamente una scimmia, un mondo corrotto e una giungla che sembra essersi ribellata alla sua stessa natura. Ed è proprio questa semplicità a dare forza alla narrazione: il gioco non vi dice cosa pensare, non vi spiega nemmeno cosa sia successo e non vi tiene per mano.



Sarete voi a interpretare ciò che vedrete. Ogni creatura ostile, ogni tempio nascosto, ogni stanza che si aprirà davanti a voi vi suggerirà un mondo che ha perso l'equilibrio e che ora vi chiede di attraversarlo con cautela. La trama non è un motore, ma un vero e proprio contesto, un pretesto per entrare in un ciclo di tentativi e scoperte che diventa sempre più personale.



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Il cuore dell'esperienza



Il gameplay è ovviamente la vera anima di Dunjungle, e non potrebbe essere altrimenti. Ogni run vi catapulterà in livelli generati proceduralmente, dove nulla è mai davvero prevedibile. Le stanze cambieranno, i nemici cambieranno e le opportunità cambieranno. È un mondo che si ricostruisce a ogni tentativo e che vi costringerà a restare presenti, attenti e pronti a reagire.



Il combattimento è rapido, diretto e istintivo. La scimmia risponde con agilità, e ogni colpo ha un peso preciso; non c'è spazio per la distrazione: un salto sbagliato, una schivata in ritardo o un nemico sottovalutato, e la run finisce. Ma quando tutto si incastra – quando troverete l'arma giusta, quando imparerete a leggere i movimenti dei nemici e quando capirete come sfruttare l'ambiente – il gioco vi regalerà una sensazione di padronanza che pochi indie riescono a trasmettere.



La progressione è scandita da potenziamenti temporanei che cambiano run dopo run, e da miglioramenti più stabili che vi permetteranno di crescere nel tempo. Ogni tentativo diventa un piccolo passo avanti, anche quando sembra di non aver fatto progressi, come ogni buon roguelike che si rispetti. Non c'è una struttura complessa, non ci sono sistemi che vogliono stupire con la quantità: Dunjungle punta tutto sulla sensazione di controllo, sul ritmo, sul piacere di muoversi e di reagire. È un roguelite puro che non nasconde la sua natura e non cerca scorciatoie.



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Pixel art viva, con un'anima tutta sua



La giungla di Dunjungle è costruita con una pixel art colorata e pulsante, che riesce a essere semplice senza mai risultare povera. Ogni creatura, ogni foglia e ogni tempio ha un tratto che comunica energia, come se il mondo fosse sempre sul punto di cambiare forma.



Le animazioni sono essenziali ma espressive, e i colori creano un contrasto continuo tra zone tranquille e aree più minacciose. È un'estetica che non vuole imitare nulla, ma che riesce comunque a evocare un senso di avventura continua. L'atmosfera vive qui, nel modo in cui i colori si mescolano, nei piccoli dettagli delle animazioni e nei contrasti tra luce e ombra.



La strada verso il Platino



La lista trofei di Dunjungle riflette la natura roguelike del gioco. Molti obiettivi sono legati al completamento di run, alla scoperta di armi o potenziamenti e alla capacità di superare il gioco a difficoltà elevate. Non è un platino immediato, perché richiede padronanza del gameplay e una buona dose di costanza, ma non è nemmeno così impossibile: chi entra in sintonia con il ritmo del gioco può puntare al 100% con pazienza e qualche inevitabile sconfitta lungo il percorso. È un platino che non si ottiene per caso: va cercato e conquistato.




L'articolo Dunjungle – Recensione Speedrun proviene da PlayStationBit 5.0.

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oggi alle 17:10

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