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Alla ricerca dell'avventura nel mondo dei videogiochi

C'era una volta un ragazzino, nato e cresciuto in un piccolissimo centro rurale nella prefettura di Kyoto, che trascorreva il suo tempo libero esplorando le campagne che circondavano le vicinanze di Miyama. Durante le torride estati degli anni '60, il giovane indossava un paio di scarponcini e partiva all'avventura, senza consultare alcun genere di cartina, semplicemente imboccando una direzione fra i sentieri non battuti e facendosi largo nel verde delle foreste di salici.



Lasciata la sua casa di Sonobe andava in cerca delle grotte sui fianchi delle colline, s'inerpicava su ogni altura ed era particolarmente attratto da tutto ciò che non fosse segnalato sulle rare mappe del vicinato, specialmente dai piccoli laghi che sorgevano nell'abbraccio delle vallate. E mentre scopriva la meraviglia del mondo naturale, faceva galoppare la fantasia. Come abbiamo ricordato in un articolo a lui dedicato, quel ragazzino si chiamava Shigeru Miyamoto, e quei panorami si sarebbero trasformati nell'ispirazione alla base del Regno di Hyrule.



Quando all'alba degli anni '80 numerosi creativi tastarono per primi i terreni delle avventure dinamiche, Miyamoto infuse in The Legend of Zelda tutta l'esperienza accumulata nel corso delle sue esplorazioni, imprigionando in una manciata di pixel le particolari sensazioni legate alla scoperta dell'ignoto. Certo, non si trattava del capostipite del genere, ma il viaggio di Link riusciva a trasporre oltre lo schermo emozioni che prima di allora emergevano unicamente in mezzo ai caratteri delle opere testuali.



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16 gennaio 2021 alle 15:41