Il SerD della Valle d'Aosta lancia un progetto di Video Game Therapy
L'evoluzione dei videogiochi e la loro sempre maggiore diffusione ha portato negli anni a un'accresciuta consapevolezza della loro utilità. Nonostante, come gli appassionati sanno bene, vi sia ancora il rischio di una “demonizzazione” dei videogames, fomentata purtroppo spesso da giornali e telegiornali, si tratta indubbiamente di uno strumento che può risultare utile nelle nostre vite. A dimostrazione di questo, troviamo sul mercato sempre più videogiochi intenzionati a veicolare messaggi profondi o sensibilizzare il pubblico su tematiche importanti, come ad esempio il recente The Vale: Shadows of the Cronw, il pluripremiato Life is Strange e molti altri ancora.
Ad aver compreso l'utilità dei videogiochi è però anche l'ambiente medico, come dimostra un recente progetto del Servizio per le dipendenze patologiche (SerD) dell'Azienda USL della Valle d'Aosta. La Video Game Therapy si basa infatti su “una metodologia a marchio registrato, introdotta in Italia nel 2019, che sfrutta il potenziale dei videogiochi come mezzo di esplorazione emotiva, sviluppo delle capacità cognitive e supporto terapeutico”.
Come è stato spiegato dal dottor Fabio Pierini, psicoterapeuta e videogame therapist del SerD di Aosta, il progetto di Video Game Therapy del SerD nasce con l'obiettivo di integrare l'utilizzo dei videogiochi nella pratica psicoterapeutica. Le sessioni terapeutiche si svolgono in un ambiente controllato, in cui il paziente gioca insieme allo psicoterapeuta utilizzando videogiochi selezionati in base alle tematiche da esplorare, come la cooperazione, l'empatia e la capacità di scelta. Durante il gioco, lo psicologo osserva e analizza il comportamento del paziente, utilizzando le informazioni raccolte sia nel corso della sessione sia durante le successive sedute individuali.
Il progetto si avvale di console come PlayStation 5, e di titoli quali Until Dawn, Tekken, Uncharted. Life Is Strange e Detroit: Become Human. La scelta dei videogiochi da parte del dottor Pierini e dall'altro videogame therapist del SerD, il dottor Marco Lazzeri, viene effettuata di volta in volta in base al tipo di paziente, tenendo conto di vari fattori.
Il SerD della Valle d'Aosta è la prima struttura in Italia a puntare sulla Video Game Therapy. Come dichiarato dal direttore del SerD, il dottor Gerardo Di Carlo, inoltre, “I videogiochi offrono un ambiente virtuale, una palestra coinvolgente per la mente, in cui attuare comportamenti senza conseguenze ‘reali', con la possibilità di ripetere e correggere gli errori di valutazione, provare emozioni in modo interposto e, più in generale, vivere intere modalità di esistenza per altri versi inaccessibili, coltivando anche l'empatia”.
Uno degli aspetti fondamentali della Video Game Therapy è la possibilità di condurre una valutazione psicologica in un contesto ludico. L'ambiente di gioco offre infatti un'opportunità unica per osservare aspetti psicologici ed emotivi in una situazione rilassata e meno formale, permettendo al terapeuta di raccogliere informazioni preziose sul paziente.
Inoltre, il videogioco può rivelarsi uno strumento utile per mantenere il contatto terapeutico. Molti pazienti, infatti, trovano difficile esprimersi in un setting tradizionale, mentre il contesto videoludico facilita la comunicazione e rafforza il legame con il terapeuta, favorendo una maggiore partecipazione al percorso di cura.
Un altro vantaggio significativo di questa metodologia è la capacità di coinvolgere pazienti meno inclini ad accettare supporto e presa in carico. Alcune persone potrebbero inizialmente mostrarsi poco propense ad accettare un trattamento terapeutico, ma l'uso del videogioco può rappresentare un ponte per favorire l'adesione al percorso, trasformando la terapia in un'esperienza più coinvolgente e accettabile.
Quella della Video Game Therapy è quindi una metodologia innovativa, che dimostra una volta di più come i videogiochi siano sempre più integrati nel tessuto sociale e possiedano un enorme potenziale inespresso, ancora tutto da scoprire. La speranza è ovviamente quella che molti altri istituti prendano esempio dalla Valle d'Aosta, perché i videogiochi possano utilizzati come uno strumento di cura, oltre che di svago.

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