Carry Onward – Recensione Speedrun
Non sempre il videogioco cerca di esprimere azione o divertimento. Anzi, soprattutto in questo periodo storico trabocca nel panorama videoludico una lunga serie di videogiochi che fanno della trama il loro punto chiave, ch'essa sia avvincente, che faccia riflettere o che sia strappalacrime. Il videogioco è bello quando riesce a mischiare, a fondere con precisione quasi con un'alchimia virtuale i molteplici aspetti che caratterizzano un prodotto di questo tipo.
Solitamente quando ci troviamo di fronte a un titolo indipendente sviluppato da una sola persona, come in questo caso con il Carry Onward di Andrey Chudaev, supportato da Nejcraft, si dà per scontata la passione dietro lo sviluppo e si prova a valorizzare con maggior attenzione la storia raccontata. Ma questo titolo mi ha insegnato che, oggettivamente, avere passione e una tematica forte non bastano da sole a vendere un biglietto. Vediamo insieme cos'è Carry Onward e cosa non ha funzionato.
Un dolore difficile
Il lutto. Perdere una persona cara è un duro colpo, impossibile da spiegare. Ne ho subiti alcuni anch'io, alcuni meno e altri più forti, ma tra questi ne è arrivato uno devastante. Dopo questo dolore sono rimasto inerme; come fossi immobile, in attesa di farmi travolgere da un treno. Ognuno lo vive a modo suo. Da questo dolore non si può tornare indietro; si può solo andare avanti e fare tesoro di quel che è stato. Ed è proprio questo che suggerisce il titolo del gioco, Carry Onward.
Trasmettere la sensazione di dolore derivante da un forte lutto è l'elemento narrativo chiave del gioco di Andrey. Una breve esperienza narrativa emotiva della durata di venti minuti circa che ci mette nei panni di Thomas, un uomo che intraprende un viaggio alla scoperta di sé stesso mentre fa i bagagli nella sua casa e si prepara a traslocare per lasciarsi tutto alle spalle. Una scelta difficile eppure improvvisa, dovuta al voler smettere di affogare nell'alcol il dolore di aver perso sua moglie.
Carry Onward ci fa esplorare la casa di Thomas per permetterci di interagire con oggetti apparentemente ordinari, ma che nascondono significati speciali per il protagonista. A ogni interazione con essi scopriremo di più del passato di Thomas e del suo rapporto con la moglie, mentre esploreremo i suoi pensieri e le sue emozioni.

Il tema non basta
Nelle intenzioni Carry Onward è molto coraggioso, volendo trattare un tema così forte e delicato al tempo stesso, eppure nell'esecuzione l'esito è tutt'altro che lodevole. Perché traspare sin dal primo frame tutta l'inesperienza nella programmazione di Andrey, che sviluppa infatti il gioco con Unity e si serve di una serie di asset preimpostati e mal posizionati. Carry Onward cerca di farci vivere il dolore di Thomas fornendoci tre scelte per ogni interazione, ma non riesce mai davvero a farci immedesimare nel protagonista. Le scelte, anche se apparentemente dettate dal nostro modo di affrontare il dolore, sembrano casuali e raramente lasciano intendere il loro vero significato.
La verità è che, nonostante il tema complesso, il titolo è molto approssimativo in tutto quello che propone. E' impossibile “sentire” quello che il gioco avrebbe voluto trasmettere; traspare solo una monotonia disarmante nei monologhi. I testi scontati non aiutano l'esperienza e non c'è il minimo accenno di creatività nella narrazione grafica: le stanze sono banali e non raccontano niente. E' tutto incredibilmente piatto e monotono, persino i cinque finali.
Per non parlare dell'aspetto tecnico della produzione. Thomas si muove davvero come fosse ubriaco, i movimenti sono imprecisi e legnosi e tutti gli elementi interattivi sono un disastro. Non riesco a spiegare come, ma dall'ingresso della casa sono riuscito a spegnere le luci del salotto e del bagno, pigiando su un cartone per il trasloco. Disastroso anche il voiceover, con linee di dialogo che si sovrappongono se si interagisce con un oggetto prima che Thomas finisca di descriverne un altro. Apprezzo il tentativo di una sola persona di cercare di condividere con un videogioco quello che penso sia il suo lutto, ma dopo tutte quelle premesse viene fuori un'esperienza eccessivamente approssimativa e casuale che non lascia assolutamente nulla al giocatore se non confusione e delusione.
Trofeisticamente parlando: cinque conseguenze
La lista trofei di Carry Onward si limita a cinque trofei, tutti d'Oro, legati ai cinque finali del gioco. In base alle scelte selezionate durante le interazioni con gli oggetti, intrecciando le particolari combinazioni, sarà possibile accettare i finali di guarigione, di lascito, di ricordo, di novità o di solitudine. In circa trenta minuti sarà possibile portarsi a casa questo 100%.
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