Morsels – Recensione
Ci sono giochi che vi chiedono di pensare, altri di reagire, Morsels invece vi chiede di assaggiare. Non metaforicamente: nel mondo aberrante creato da Furcula e pubblicato da Annapurna Interactive, l'unico modo per distinguere un oggetto utile da uno letale è metterlo in bocca. È un roguelike in pixel art, sì, ma anche un collage disturbante di Nuclear Throne, Pokémon e qualcosa che non ha ancora un nome. Su PlayStation 5, Morsels si presenta come un'esperienza che non cerca di piacere a tutti. È sporco, è veloce ed è confusionario, ma sotto quella superficie c'è un sistema che funziona, che vi sfida, che vi costringe a improvvisare, e che, a modo suo, vi resta addosso.

Sopravvivere masticando
La trama è più un pretesto che una narrazione. Il mondo è andato in frantumi, e voi siete un essere che deve sopravvivere in un cumulo di rifiuti, creature mutanti e oggetti non identificati. Non ci sono dialoghi e non ci sono missioni strutturate, c'è solo e unicamente l'istinto.
Ogni run comincia con una creatura base, un paio di abilità e una fame che, come accennavo prima, non è solo metaforica. Gli oggetti che troverete potranno essere equipaggiati, lanciati, oppure… mangiati, e mangiarli è spesso l'unico modo per capire cosa fanno. Alcuni vi potenzieranno, altri vi danneggeranno, altri ancora vi trasformeranno in qualcosa di diverso, di evoluto. È un sistema che premia la curiosità, ma punisce l'ingenuità.
La narrazione, se così vogliamo chiamarla, è del tutto ambientale. Ogni bioma racconta qualcosa, ogni mutazione suggerisce un passato. Ma non c'è una vera storia da seguire, c'è piuttosto un mondo tutto da interpretare. E in questo, Morsels riesce a essere più evocativo che esplicito.
Quando l'istinto supera il design
Morsels non vi chiederà di costruire una build perfetta, vi chiederà semplicemente di sopravvivere con quello che troverete, di adattarvi quindi a un mondo che non si spiega, ma si mastica soltanto. Ogni oggetto infatti può essere lanciato, equipaggiato oppure ingoiato, e spesso l'unico modo per capirne l'effetto è proprio metterlo in bocca. È una meccanica che sembra folle, ma che funziona, vi costringe a scegliere in fretta, a fidarvi dell'intuito, a ricordare cosa vi ha fatto male nelle run precedenti e cosa invece vi ha salvato.
La vostra creatura – un topo mutante, all'inizio – si muove in arene generate proceduralmente, piene di gatti deformi, insetti tossici e oggetti che sembrano usciti da un incubo da laboratorio. I controlli sono da twin-stick shooter, reattivi e precisi, ma non è un gioco che premia la mira, premia piuttosto la capacità di improvvisare e l'intuito.
Ogni run è diversa, alcune dureranno pochi minuti, mentre altre invece vi porteranno molto lontano. Le mutazioni che otterrete – sputare acido, generare cloni, teletrasportarvi e ad esempio assorbire i nemici – cambieranno radicalmente il modo in cui affronterete il combattimento. Non sempre saranno dei vantaggi, a volte vi ritroverete con un corpo che non riconoscerete, con abilità che sfuggiranno alla vostra logica e con effetti collaterali che vi costringeranno a ripensare a tutta la vostra build.
Non c'è una vera progressione lineare, ma ogni morte vi sbloccherà qualcosa: una nuova creatura giocabile, un oggetto oppure una mutazione di partenza. Ma è un titolo dove non c'è grinding e non c'è farming, c'è solo della gran voglia di sperimentazione. E ogni volta che penserete di aver capito il gioco, lui vi lancerà un oggetto che cambierà le regole.
La cosa più strana? Dopo un po', inizierete a fidarvi del vostro stomaco. Guarderete un oggetto e penserete “questo lo mangio, questo lo lancio, questo lo tengo per dopo”. È una forma di strategia che non si basa su numeri, ma solo su sensazioni, e quando tutto funziona – quando la vostra creatura mutata si muoverà come vorrete, reagirà come vorrete, sopravvivrà come vorrete – non vi sembrerà più solo caos, sembrerà quasi armonia.

Pixel e viscere
Visivamente, Morsels è un vero delirio in pixel art. Non cerca la bellezza, ma piuttosto l'impatto visivo. Ogni creatura infatti sembra uscita da un incubo biologico, ogni oggetto possiede un design disturbante, e ogni ambiente è un vero collage di rifiuti e mutazioni. Eppure in tutto questo c'è coerenza. Il mondo ha una sua logica, una sua estetica e una sua identità, non è solo brutto… È volutamente brutto. È un universo che vi respinge, ma che allo stesso tempo vi incuriosisce e vi attrae.
La colonna sonora infine accompagna l'avventura e tutto questo caos con suoni sintetici, distorti e che sembrano provenire da un laboratorio abbandonato. Non c'è una vera melodia dietro, ma piuttosto atmosfera, e questo funziona alla grande: vi immerge, vi inquieta e vi tiene in tensione.

Una digestione lenta
Su PlayStation 5, Morsels propone una lista di trofei che riflette la sua natura sperimentale. Non sono solo obiettivi da checklist, ma traguardi che richiederanno attenzione, pazienza e una buona dose di fortuna. Alcune coppe vi chiederanno di completare run con creature specifiche, altre di scoprire mutazioni rare e altre ancora di sopravvivere in condizioni estreme.
Il Platino non è impossibile, ma nemmeno uno di quelli regalati. Serviranno circa dalle 25 alle 30 ore di gioco, con numerose run e una certa familiarità con le meccaniche sia di base che nascoste. Non vi basterà essere soltanto bravi, bisognerà che siate curiosi, metodici, e anche un po' folli. Infine, quando otterrete il Platino sarà la prova che avrete davvero masticato Morsels, che avrete davvero digerito il suo caos e che avrete davvero trasformato l'imprevedibilità in strategia. È un Platino che non conquisterete con la forza, ma con l'adattamento.
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