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Possessor(s) – Recensione

Ci sono giochi che iniziano con una scelta, Possessor(s) no. Qui si parte da una perdita, da un crollo, da una ferita che non si rimargina. Il nuovo titolo di Heart Machine, pubblicato da Devolver Digital, non vi chiederà di salvare il mondo, vi chiederà di sopravvivere a voi stessi.



Possessor(s) si presenta come un metroidvania laterale con anima da picchiaduro e cuore da dramma psicologico. Ma dietro la fluidità dei movimenti e la precisione dei colpi, c'è una storia che pulsa, una città che respira, un demone che osserva, e una protagonista che non ha più nulla, se non un corpo condiviso e una voce che non tace.



Un mondo che non si lascia attraversare



C'è un momento, proprio all'inizio di Possessor(s), in cui tutto si spezza. Non solo la città, non solo il mondo, ma anche il corpo e la volontà della protagonista, Luca. Lei non ha più un amico, non ha più un prima, possiede solo un dopo e un demone che la accompagna nel viaggio.



Il gioco non perde tempo a spiegarvi le regole. Vi lascia lì, in mezzo alle rovine di Sanzu City, con un corpo a metà e una voce nella testa. Rhem, l'entità che vi ha salvati e che vi sta infettando, non è propriamente un alleato, è più un coinquilino. E la vostra relazione con lui è tutto fuorché stabile. Il patto che stringerete con lui è proprio il cuore del gioco. Non è solo un pretesto narrativo, è una tensione costante. Rhem parla, giudica e ricorda. Luca risponde, resiste e alla fine si piega. Nel mezzo di questo battibecco ci sarete voi, a cercare di capire chi siete diventati.



Sanzu City è un labirinto verticale, un organismo ferito che pulsa proprio sotto i vostri piedi. Non è solo un'ambientazione, ogni quartiere ha un'identità e ogni scorcio racconta una storia. Il level design è interconnesso, come da tradizione per i titoli metroidvania, ma con una verticalità più aggressiva del solito. Si sale, si scende e si ritorna. Non ci sono indicatori a guidarvi… Solo la vostra memoria, la vostra curiosità e qualche intuizione. La mappa infatti è molto minimalista, quasi ostile. Non vi coccola, vi sfida a ricordare, a osservare e a fidarvi del vostro istinto.



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Temi che mordono



Possessor(s) non ha paura di sporcarsi le mani a livello di temi. Parla di identità, di trauma e di simbiosi, ma lo fa senza retorica. Lo fa con immagini, con suoni e con frasi spezzate. Il rapporto tra Luca e Rhem è una metafora potente. Non è solo una possessione, è proprio una dipendenza. È una relazione tossica e salvifica allo stesso tempo.



Oltre a tutto questo c'è Agradyne, la megacorporazione che ha innescato tutto. Non è solo un nemico, è un simbolo di controllo, di sfruttamento e di manipolazione. Il mondo di Possessor(s) è pieno di documenti, terminali e indizi che raccontano una storia di esperimenti, fallimenti, e di potere.



Combattere con ciò che resta



Il sistema di combattimento è un ibrido tra platform e picchiaduro. Non è profondo come un action puro, ma possiede una sua fisicità, ogni colpo infatti ha il proprio peso e ogni parry è una scommessa, così come ogni juggling riuscito è una piccola vittoria.



La frusta diventerà il vostro strumento più versatile. Serve per muoversi, per colpire e per agganciarsi. Ma non è per niente facile da padroneggiare, all'inizio è frustrante, imprecisa e quasi ostile. Poi, a un certo punto, scatta qualcosa e diventa più naturale da sfruttare. Le armi inoltre sono un altro punto forte. Non sono convenzionali, potete “possedere” oggetti comuni – una chitarra, un telefono, una forchetta – e trasformarli in strumenti di morte. Ogni arma ha un comportamento unico, e potrete cambiarle al volo da un menu radiale che funziona sorprendentemente bene.



La gestione infine della salute è affidata ai painkiller, che si ricaricano solo nei punti di salvataggio. Questi luoghi, oltre a essere checkpoint, sono anche spazi mentali: qui potrete parlare con Rhem, scavare nei ricordi e scoprire frammenti di verità. È vista come una pausa ma che non vi regalerà mai un vero sollievo.



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Estetica che taglia



A livello visivo, Possessor(s) è un vero colpo d'occhio. Sprite 2D animati con cura e ambienti 3D pieni di glitch, distorsioni e colori saturi. All'inizio può sembrare dissonante, poi diventa coerenza. Ogni zona ha una sua palette precisa, una sua musica e addirittura un suo ritmo. Dai grattacieli devastati agli acquari allagati, tutto è costruito per evocare disagio, ma non è un disagio gratuito, è un'estetica che riflette lo stato mentale di Luca.



Il sound design infine è chirurgico. I colpi hanno un suono secco, quasi doloroso e le musiche oscillano tra malinconia e tensione. E i silenzi… i silenzi sono quelli che fanno più rumore. Anche i nemici, pur nella loro varietà limitata, sono coerenti con l'estetica.



La strada verso il Platino



La lista trofei di Possessor(s) su PlayStation 5 riflette la natura meticolosa e stratificata del gioco. Oltre ai classici obiettivi legati alla progressione narrativa, ci sono trofei che premiano l'esplorazione completa della mappa, la scoperta di segreti nascosti e l'uso creativo delle armi possedute.



Alcuni richiedono di padroneggiare il sistema di combattimento – come eseguire combo aeree o parry perfetti – mentre altri spingono a interagire con Rhem nei momenti di introspezione mentale. Il Platino non è impossibile, ma richiede comunque attenzione, memoria e una certa dedizione. È un riconoscimento che arriva solo a chi ha davvero attraversato ogni angolo di Sanzu City, accettando ogni rischio e ogni frammento di verità.



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mercoledì alle 17:10

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