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El Coco – Recensione

Ci sono giochi che non sembrano avere grandi pretese, eppure finiscono per restare impressi. El Coco, sviluppato e pubblicato da Recotechnology S.L. su PlayStation 5, è proprio uno di quelli. Non è un titolo che punta a stupire con grafica iperrealistica o con una campagna marketing aggressiva: arriva quasi in silenzio, ma vi trascinerà in un'esperienza che sa di sogno inquieto. Proprio perché nasce come progetto indipendente, riesce a conservare quella sincerità e quella libertà creativa che raramente si trovano nelle produzioni più grandi. È un titolo che porta con sé i limiti di un team piccolo, ma anche la forza di un'idea che osa essere diversa. Giocandolo, ci siamo trovati più volte a fermarci, a guardare lo schermo, e a dire “bella idea!”. E questo, già di per sé, è un segnale che il gioco funziona pur non essendo un blockbuster.



Un enigma che ci parla sottovoce



La storia di questo titolo non è mai raccontata in modo diretto, vi ritroverete in un mondo chiamato “The Uncertain”, un paesaggio che sembra costruito con i resti di memorie spezzate e paure infantili. Non saprete né chi siete di preciso, né perché siete lì. Solamente una voce misteriosa vi accompagnerà in questo viaggio, ma non vi darà comunque mai delle risposte chiare. Ogni frammento narrativo, che sia un oggetto raccolto, un dialogo criptico o una visione improvvisa, aggiungerà pezzi a un puzzle che purtroppo non si completerà mai.



Abbiamo percepito la trama come un percorso emotivo più che come una storia tradizionale. Non vi racconterà infatti un'avventura, ma vi farà vivere un vero incubo attraverso gli occhi del protagonista. È un racconto che si costruisce attraverso suggestioni, e proprio per questo ci ha spinti a interpretare, a discutere e a cercare significati nascosti. In più di un'occasione ci siamo chiesti chi fosse davvero “El Coco”: un mostro, una proiezione delle nostre paure, o forse un simbolo di qualcosa che non vogliamo affrontare. Non ci sono però risposte definitive, ma forse è proprio meglio così.



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Sopravvivere in un sogno che cambia forma



Dal punto di vista ludico invece, El Coco è un puro roguelike d'azione in terza persona. Ogni run vi porterà in una versione diversa dell'Incerto, generata proceduralmente: ambienti che mutano, nemici che si trasformano e regole che cambiano. È proprio come vivere un sogno che si riscrive nel mentre che viene attraversato.



Il combattimento è semplice ma funzionale, alternerete attacchi corpo a corpo, magie legate agli archetipi del subconscio e abilità speciali che si sbloccano recuperando frammenti della vostra identità. Non è un sistema profondo come quello di un Soulslike, ma riesce a trasmettere comunque una certa sensazione di vulnerabilità. Ogni morte però diventa parte del processo, come in ogni buon roguelike che si rispetti, si impara, si riprova e ogni volta qualcosa cambia.



Ci ha colpito in particolare la varietà delle ambientazioni, più in senso tematico e simbolico che dal punto di vista di luoghi reali: foreste oniriche, città sospese nel vuoto, stanze d'infanzia deformate e deserti di memoria. Ogni area ha una sua logica interna, spesso disturbante, e vi costringerà a cambiare approccio nel combattimento. È un gameplay che non cerca di essere comodo, ma coerente con l'immaginario che rappresenta.



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La discesa nell'Uncertain



Giocare a El Coco significa accettare di scendere ogni volta in un labirinto che non si ripete mai uguale, come accennato poco fa. Nei panni di Ky vi ritroverete nell'Incerto, un dungeon che si ricrea a ogni run con obiettivi sempre diversi: una volta vi verrà chiesto di resistere a orde di nemici in spazi chiusi, un'altra di gestire risorse preziose oppure di affrontare boss che cambiano i propri pattern e strategie. È un mondo che non concede certezze, e proprio questa instabilità diventa il cuore dell'esperienza.



La progressione è scandita da un ciclo chiaro: si combatte, si raccolgono denti e candele, si sceglie un potenziamento e si passa alla stanza successiva. I denti sono la valuta principale, indispensabile per acquistare miglioramenti e abilità, mentre le candele hanno un ruolo più tattico: illuminano zone oscure e possono essere consumate per ottenere effetti particolari, spesso decisivi per sopravvivere. Ogni stanza vi metterà davanti a una scelta, e queste decisioni pesano sul lungo periodo, perché determinano la build che porterete avanti fino alla fine della run.



La morte non è mai una conclusione definitiva, ma parte integrante del percorso. Ogni sconfitta riporta all'inizio, è vero, ma lascia dietro di sé progressi permanenti che rendono Ky più forte nelle discese successive. È un ciclo di cadute e riprese che spinge a riprovare, a sperimentare nuove combinazioni di potenziamenti e a rischiare con i “patti” offerti da El Coco stesso: accordi che regalano poteri enormi ma impongono malus pesanti, come maledizioni, penalità varie oppure la perdita di cuori.



Il ritmo è serrato e non lascia spazio a esitazioni: schivate, colpi rapidi, gestione delle risorse e scelte immediate definiscono ogni run. Non è un gameplay contemplativo, ma un loop di azione e tensione che si alimenta della sua natura folklorica e oscura, e che riesce a trasformare ogni partita in un'esperienza nuova, imprevedibile e sempre più intensa.



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L'essenziale che diventa atmosfera



Dal punto di vista artistico El Coco possiede una grafica stilizzata, minimale, con texture grezze e animazioni a volte legnose. Ma tutto questo sembra parte di una scelta estetica precisa: l'Incerto non è un luogo reale, e la sua rappresentazione visiva riflette questa instabilità. Le luci irreali, i colori saturi o slavati e gli effetti visivi stranianti contribuiscono a creare un senso costante di spaesamento.



Il sonoro è forse l'aspetto più riuscito però, non si tratta di una colonna sonora tradizionale, con brani che accompagnano costantemente l'azione. Qui la musica è usata con parsimonia, quasi come un colpo di scena: compare nei momenti chiave, quando la tensione deve esplodere o quando un boss entra in scena, e proprio per questo ha un impatto maggiore. La maggior parte del tempo siete immersi in un paesaggio sonoro fatto di rumori ambientali, sussurri, scricchiolii e silenzi improvvisi. È un design che lavora sull'ansia sottile, sul senso di spaesamento, e che riesce a farci percepire la Zona dell'“Uncertain” come viva e instabile. Infine, la voce guida, disturbante e ambigua, è interpretata con grande efficacia.



La strada verso il Platino



Per chi ama collezionare trofei, El Coco offre una sfida interessante. Il platino richiede di completare il gioco più volte, esplorando tutte le varianti dell'Incerto e sbloccando diversi oggetti. Alcuni trofei sono legati a finire le run con una determinata arma, altri a obiettivi nascosti che richiedono attenzione. La difficoltà non è mai punitiva, ma la natura roguelike implica una certa dose di frustrazione: alcune run possono essere più ostiche di altre, e la casualità nella generazione dei livelli può rendere certi obiettivi più lunghi da ottenere.



Tuttavia, il sistema di progressione permanente – che permette di mantenere alcune abilità tra le varie run – rende il percorso verso il Platino accessibile anche a chi non è un completista incallito. Stimiamo che servano circa 20 ore per ottenere tutti i trofei, a seconda dell'approccio e della fortuna. È un percorso che non si vive come una checklist, ma come parte integrante dell'esperienza: ripetere, morire e ricominciare, fino a padroneggiare l'incubo.




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