Le conferenze dell'E3 stanno uccidendo l'E3 - editoriale
Che l'E3 stia soffrendo di una crisi d'identità non è una novità. L'annuale raduno dell'industria videoludica sta affrontando, da alcuni anni a questa parte, l'accusa di stare perdendo d'importanza. L'ascesa di Steam, degli e-sport, della scena indie e del gaming online su PC, si è a malapena riflessa nell'intero show, che non può sfuggire alla lenta e raggelante stretta dei distributori. Nel frattempo i produttori hanno scoperto che è molto più semplice comunicare con i giocatori sulle loro piattaforme social o attraverso dei surrogati d'influencer su YouTube e Twitch, invece di dover competere all'E3 per l'attenzione commerciale della stampa mondiale.
I grandi editori hanno voltato le spalle al palco dell'E3 e, nel caso di EA, hanno creato i propri eventi satellite. L'importanza sempre maggiore delle livestream che trasportano tutti i nuovi entusiasmanti filmati di gioco direttamente nelle case di tutto il mondo, ha indotto anche chi ha deciso di restare all'evento a lasciare soltanto alcuni stand giusto per formalità, con schermi enormi che mostrano trailer e demo a ripetizione e dove spesso non sono neppure presenti titoli giocabili. L'anno scorso è andata così male che i PR mi hanno chiesto se Eurogamer avrebbe continuato a partecipare all'E3 in futuro (ho detto di sì, ma di questo vi parlerò più avanti).
Di solito, in passato, l'E3 era concentrato in un giorno e mezzo di conferenze stampa e due giorni e mezzo di frenetici incontri giornalistici negli spazi espositivi. Negli ultimi tre o quattro anni, il focus dell'evento si è spostato dall'evento in sé ad un periodo di preparazione, composto da stream, anteprime per la stampa ed esposizioni sparse per tutta Los Angeles (o anche solo su Internet) che adesso si sono tramutati in una maratona di 72 ore. Arrivando martedì pomeriggio al LA Convention Center, appositamente per l'E3, la nostra agenda ovviamente scoppia ancora di giochi da vedere e persone da incontrare, ed è difficile immaginare che potrà mai essere altrimenti. Si prova però una strana sensazione, come se l'evento principale fosse già finito, anche se in realtà è appena cominciato.
