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Witness: Auschwitz – Hands On

La realtà virtuale è sempre stata nell'immaginario comune ed è sempre stata, anche involontariamente, associata al processo tecnologico con le mille accezioni che questo accostamento ha generato nella narrativa e nell'immaginario collettivo. Dal momento in cui questa nuova tecnologia si è legata sempre più indissolubilmente all'offerta videoludica, in molti si sono chiesti per quali altri scopi avrebbe potuto essere utilizzato questo nuovo medium.



101%, un dei team di sviluppo italiano presente alla Gamescom 2017 di Colonia presso il padiglione organizzato da AESVI, ha voluto provare ad offrire la sua personale risposta al quesito. La software house ha presentato, infatti, Witness: Auschwitz, un'esperienza che mira a mostrare, senza moralismi o inutili crudeltà, il passato e il presente dei uno dei luoghi più tristemente conosciuti della seconda guerra mondiale e dell'intera storia dell'umanità.



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Un viaggio per continuare a sperare 



Collaborando con i parenti delle vittime del campo di concentramento ed in concertazione con la comunità ebraica, 101% vuole proporre un'esperienza no profit pensata per avvicinare gli animi e per lasciare un ricordo. L'intero progetto, composto in totale da tre capitoli, vuole far compiere al giocatore un viaggio. Come spesso accade, gli scopi, le motivazioni e le interazioni per mezzo delle quali si decide di scavare all'interno di questa avventura, restano a totale appannaggio dell'utente, il quale si troverà contemporaneamente coinvolto e, al contempo, un semplice spettatore.



La compagnia ha in progetto di distribuire l'opera completa nei vari complessi museali, sia a scopo educativo che per la preservazione della memoria storica. Witness: Auschwitz, infine, vuole essere un mezzo di esplorazione turistica per tutti coloro che, a causa di un qualche tipo di disabilità, non sono in grado di visitare il sito di persona, La musica, infine, svolge un ruolo catartico di fondamentale importanza e accompagna l'utente dal primo all'ultimo passo, lavorando di fino sul concatenarsi delle emozioni. Nonostante tutta questa attenzione alla parte sonora, è proprio la mancanza di un suono il ricordo più vivido di questo viaggio. Il portone di Auschwitz si apre ma non si chiude, aprendo quesiti e falle sulla rete di protezione, messa lì per evitare di cadere in un grigio baratro senza fondo.



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23 agosto 2017 alle 12:00

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