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Marchiati dal nome: la gabbia del brand - editoriale

In questi giorni nella rete c'è molto trambusto a causa di Metal Gear Survive, con fazioni di utenti a favore o meno dello spin-off della serie Konami. In questa enorme guerra civile fa capolino la beta pubblica del gioco, chiamata a giostrarsi tra le aspettative e l'astio di tutti i fan del brand. Quali sono le pressioni che un nome così importante genera all'interno dell'industria? Questo caso dà ottimi spunti di riflessione per cercare di analizzare una situazione che ha provocato forte gastrite nei più sensibili.



Tutti ricordano la guerra fredda intercorsa tra il publisher nipponico e Hideo Kojima, creatore della serie Metal Gear, con il designer costretto ad allontanarsi dall'azienda in cui iniziò la sua sfavillante carriera. Proviamo a metterci nei panni dei "capoccia" di Konami: siamo i responsabili di un'impresa che a breve compirà 50 anni di vita, dal passato glorioso ma dal futuro incerto, almeno nel campo dei videogame (se ci fosse il bisogno di rinfrescarvi la memoria ecco in che situazione si trova l'azienda). I principali brand rimasti sono stati danneggiati da una serie di produzioni di bassa qualità (Silent Hill e Castlevania) e restano soltanto Pro Evolution Soccer e Metal Gear. Qualsiasi uomo d'affari penserebbe a sfruttare "la mucca buona", il quinto capitolo ha infatti elementi che si possono utilizzare in uno spin-off, un progetto satellite ai capitoli amati dai fan (diminuendo così costi di sviluppo e rischio).



I giocatori più integerrimi, al nome Metal Gear Survive, potrebbero sentire il principio di un'orticaria, ma alla fine restano normali logiche di mercato. Quali sono le cause di queste "reazioni"? Cosa spinge l'utente informato ed appassionato a brandire la tastiera come uno spadone medievale e lanciarsi nella propria crociata internettiana? Il motivo è soltanto uno: il nome.

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4 febbraio 2018 alle 17:30