The Inner Friend - recensione
La paura è un fardello da cui probabilmente non ci libereremo mai, non importa quanto forti crediamo di essere, prima o poi tutti la proviamo. Alcuni approfittano dell'adrenalina pompata nel corpo per reagire, altri non hanno questa prontezza di spirito e ne restano attanagliati, immobili mentre la mente ricerca la concentrazione necessaria ad esaminare la situazione. Crescendo le fobie cambiano, si fanno più complesse dietro le sovrastrutture della nostra psiche, ma alla fine creiamo solo edulcoranti alla nostra fifa. Oltre le nostre vite, carriere ed impegni quotidiani, abbiamo ancora quella strizza infantile che ci accompagna da sempre. Ma adesso è giunto il momento di affrontare il mostro sotto il letto, il buio nella stanza, l'essenza stessa della paura.
The Inner Friend, titolo sviluppato dai ragazzi franco-canadesi di Playmind, punta tutto sull'affrontare le proprie fobie dell'infanzia, nella disperata missione di salvare il nostro bambino interiore. E che sia chiaro fin dalle prime battute di questa recensione: non siamo di fronte ad un progetto da inquadrare facilmente. In questo specifico caso ci ritroviamo ad un'esperienza simile a giochi come Journey, se non fosse per la presenza di creature informi, tenebre fitte ed un senso di smarrimento totale.
Difficile in tal senso descrivere il solo incipit di The Inner Friend, in cui osserviamo dall'alto un uomo completamente nudo disteso su un materasso sudicio, in preda ai movimenti incontrollati che solo un incubo può causare. Tra uno spasmo ed un lamento ci avviciniamo al suo volto, per scoprire esterrefatti che l'individuo in questione ne è totalmente sprovvisto. Dove normalmente troveremmo occhi, naso e bocca in realtà c'è un'enorme voragine da cui esce una luce accecante, in cui entriamo (letteralmente).
