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The End of the Fu***ing World - recensione della seconda stagione completa

Parliamo della seconda stagione di The End of the Fu***ing World, serie tv prodotta da Channel 4 e visibile in streaming su Netflix e pertanto chi non avesse visto la prima stagione, si astenga dalla lettura.



Avevamo conosciuto il ragazzo James, 17 anni, sobborgo di campagna inglese, padre affettuoso anche se impreparato, impegnato a ricoprire anche il ruolo di una mamma scomparsa (sapremo dopo come e perché) con un eccesso di forzata allegria. In parallelo avevamo anche conosciuto Alyssa, compagna di scuola, con la mamma risposata con un'insinuante carogna, dopo che il papà se ne era andato (sapremo dopo dove e perché). Entrambi disturbatissimi, lui sembrava un Dexter in erba, che aveva iniziato ad ammazzare animaletti e poi animali più grandi, mentre si gingillava con fantasie omicide che comprendevano anche Alyssa. Lei aveva fatto della sgradevolezza la sua bandiera, nell'intento costante di urtare il prossimo, di ferire, di respingere il mondo da cui si sentiva reietta. Due estremi così erano finiti per toccarsi e, nel modo più imprevedibile, fra loro era nato un sentimento, che si era rafforzato, umanizzato, lungo la strada di una fuga da tutto e tutti che a un certo punto avevano scelto di compiere, nell'illusoria certezza di "salvarsi la vita", di liberarsi da un ambiente per loro insopportabile.



Lungo quella strada era successo di tutto, anche finalmente il primo omicidio di James (ma di uno che se lo meritava), con la conseguente presa di coscienza di entrambi su se stessi e sul loro legame. Ma la Polizia si era messa a cercarli, con due poliziotte pure loro gravate da irrisolti problemi personali. E alla fine li avevano scovati, nella baracca del padre di Alyssa, che la ragazza aveva cercato ostinatamente di rintracciare, per capire finalmente che individuo fosse. Intanto anche James aveva messo a fuoco gli eventi che avevano segnato la sua vita. I due finalmente avevano capito di avere sempre recitato la loro psicopatologia, senza esserne coscienti però, anzi assai convinti della messa in scena (come tanti adolescenti "normali").



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6 novembre 2019 alle 13:10