Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Activision non vuole fare politica. Allora perché continua a farla? - editoriale

Fare politica o non fare politica? Questo è il dilemma. L'amministratore delegato di Activision Blizzard, Bobby Kotick, ha la sua risposta: no alla politica nei videogiochi. "Non siamo operatori municipali", ha detto il dirigente durante una recente intervista. "Penso che la mia responsabilità sia soddisfare il nostro pubblico e i nostri soci, i nostri dipendenti e i nostri azionisti". Insomma, la politica non fa parte del mezzo videoludico secondo la visione di Activision Blizzard. Allora, signor Kotick, ci spieghi: perché la sua società continua a farla?



Sia dalla parte Activision sia da quella Blizzard, i giochi sono diventati uno strumento politico, eccome. Perché per "fare politica" non è necessario che il protagonista di un videogioco si metta a dire "questo è giusto e questo è sbagliato"; non deve per forza essere esplicita.



Activision Blizzard è lo stesso produttore che ha sessualizzato Overwatch, specificando se un personaggio è omosessuale oppure transgender, per esempio. La campagna di Call of Duty: Modern Warfare è una delle più politiche dell'intera storia della serie. Non vengono mai fatti riferimenti espliciti e lo stesso Paese protagonista porta un nome fittizio, ma chiunque può giocare alla storia principale e interpretare facilmente le varie tematiche, come la questione curda in Siria. Senza dimenticare come Infinity Ward, lo sviluppatore di Call of Duty Modern Warfare, abbia plasmato a suo piacimento l'evento dell'Autostrada della Morte, attribuendo ai russi responsabilità che storicamente non hanno.



Leggi altro...

Continua la lettura su www.eurogamer.it

29 novembre 2019 alle 16:10