Golden Force - recensione
Golden Force è una strana creatura. È come se Wonder Boy fosse catapultato nei mondi di Super Mario, per poi sfociare nei laboratori di Megaman. Lunghi tragitti, irti di nemici e trappole, conducono all'incontro con un poderoso boss, annunciato da allarmi futuristici a tutto schermo. Lo stile retro e la pixel art deliziosa nascondono un mondo fatto di abomini e tanta difficoltà, a tratti impietosa.
Nel fantastico arcipelago Muscle, governato da un re demone, mostri grotteschi e tesori attendono i coraggiosi giocatori. Golden Force è una caccia all'oro, a opera di un gruppo di mercenari che temono soltanto la bancarotta e non hanno paura di fare esplodere i propri nemici in comiche pozze di sangue. Non c'è niente quindi del senso di esplorazione e meraviglia che caratterizza saghe come Shantae; niente della virtù che contraddistingue l'idraulico più famoso del mondo e il blue bomber.
Qui finisce il plot, tutto il resto è gameplay arcade, side scroller, in 22 livelli che senza sosta sfidano e puniscono i riflessi del giocatore. L'ironia di fondo del gioco, firmato Storybird Studio, ha vita breve perché non costruisce ulteriormente su queste premesse narrative, ma basta a far tremare tutti coloro che s'erano aspettati una passeggiata all'insegna dei primi anni '90. In apparenza siamo di fronte all'ennesimo titolo che prova a seguire la scia tracciata dai successi di Shovel Knight e Cuphead.
