Il futuro degli MMO in bilico tra microtransazioni e carenza di contenuti - editoriale
Notte fonda. Nel silenzio delle nostre case, un solo suono echeggia, quello di un modem 56k, irritante quasi quanto un gessetto sulla lavagna. Unico momento libero per poter aprire le porte a qualcosa di unico, il gioco in rete, senza dover combattere con il resto della famiglia per usare il telefono. Invitare gli amici a casa propria non era sempre possibile; scuola, lavoro, famiglia diventavano ostacoli che con il passare degli anni si trasformavano in muraglie insormontabili. I LAN party erano sempre una possibilità, ma richiedevano spesso una pianificazione assai anticipata e un'organizzazione logistica tipica delle imprese militari alla Desert Storm.
Poi, Ultima Online. Il gioco che cambiò forse per sempre le nostre relazioni interpersonali, aprendoci le porte di un mondo che allora era ancora assolutamente inesplorato, un mondo che timidamente cercava di connettere persone da ogni angolo del globo, rimanendo comodamente seduti sulle nostre sedie IKEA di finta pelle e mesh irritante.
Un gioco che definì in maniera storica il genere degli MMO, diventando il patriarca che in molti negli anni a seguire cercarono di imitare con pochi successi e tanti, tantissimi fallimentiMa cosa aveva di così speciale? Un'esperienza, che travalicava una grafica che ad occhio moderno sembra arcaica, un lag pressoché delirante e tanti, tantissimi bug. Ma per la prima volta potevamo giocare di ruolo e fare amicizie, spesso durature nel tempo, che andavano oltre le mura delle nostre case. Potevamo creare le nostre avventure, vivere un'esperienza collettiva di story building, in un mondo creato in maniera magistrale dagli otto precedenti titoli ambientati nel mondo di Britannia.
