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A.I.L.A. – Recensione

Per gli amanti dell'horror il mondo dell'intrattenimento, e in particolare di quello cinematografico e videoludico, riserva costantemente una gran quantità di materiale. Il problema è che la quantità non corrisponde sempre alla qualità e il rischio di imbattersi in soluzioni improbabili, ripetitive, non pienamente consapevoli di che cosa significhi horror o semplicemente concepite male è altissimo. Leggendo le premesse di un gioco come A.I.L.A. sembra che qualcuno abbia trovato una forma interessante per entrare nel genere (anche se si sente qualche eco della “fabbrica dell'horror” di un film come Quella casa nel bosco), motivo per cui non resta che metterlo alla prova per vedere quali sono gli esiti concreti.



Machine learning in salsa horror



A.I.L.A. è un acronimo che identifica una nuova tecnologia di intelligenza artificiale applicata al mondo dei videogiochi e implementata in una sorta di console che il nostro protagonista, Samuel, riceve nell'ambito della sua attività di tester. Vivendo la sua esperienza in soggettiva, è proprio dal suo ampio ma inquietante appartamento che muoviamo i passi introduttivi, tra cibo da asporto ricevuto da un drone e una coccola al nostro gatto. Tutto, tra queste quattro pareti, grida vita da single e passione per la tecnologia, ma manca qualunque scintilla di positività, un'atmosfera a cui fa eco lo scorcio cittadino oltre le finestre, con edifici avvolti nel buio di una notte piovosa. Non è un caso, forse, che Samuel si rifugi nei mondi fittizi dei videogiochi che deve provare.



Ma torniamo ad A.I.L.A., che Samuel riceve all'interno di una sorta di kit promozionale, con la console e il visore per realtà virtuale da collegarvi. C'è anche un manuale introduttivo, che anticipa le caratteristiche che poi una ragazza virtuale rimarcherà e approfondirà nel menù iniziale del software. A.I.L.A. è una tecnologia molto avanzata, che impara dai pensieri e dalle azioni del giocatore per plasmare in tempo reale le situazioni che gli propone. Le applicazioni videoludiche servono solo a fare cassa, ma è l'avanzamento nel campo medicale il vero obiettivo degli sviluppatori. Per quanto riguarda Samuel, comunque, sono solo i risvolti nel settore dell'intrattenimento avanzato a dover essere considerati.



Noi, come Samuel, non siamo pronti per ciò che ci attende quando indossiamo per la prima volta il visore e avviamo l'applicazione dal nostro PC, nonostante le parole della ragazza siano state chiare ed esaustive. Quando ci ritroviamo crocifissi in una stanza sconosciuta e iniziamo la nostra prima esperienza di fuga da una sorta di escape room dell'orrore, con tanto di folle inseguitore armato ed enigmi splatter, iniziamo a comprendere che cosa possa realizzare davvero A.I.L.A.. Non basta neanche essere riusciti a sopravvivere, perché la ragazza ci rispedisce nella stessa area poco dopo, variando alcuni elementi e facendo leva sulle nostre paure per terrorizzarci ancora di più. La fine della prima sessione e la liberazione dal caschetto, con il ritorno al nostro triste ma sicuro appartamento, sono un sollievo.



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Quella casa nel bosco visore



Da questa situazione iniziale, il gameplay di A.I.L.A. combina alcune fasi di transizione nel nostro appartamento ad altre sessioni di gioco. La cosa bella, ovviamente, è che ogni sessione ci conduce in uno scenario horror completamente diverso. Alcune meccaniche si ripetono, ma vengono declinate in base alla situazione e/o all'epoca in cui è ambientata la simulazione. Anche armi, oggetti e atmosfera generale si adattano, riuscendo così a renderci protagonisti di storie diverse e coinvolgenti unite da un unico filo conduttore, che è per l'appunto il test della tecnologia A.I.L.A..



Non che le parti di intermezzo siano meno interessanti. Scopriamo ben presto, infatti, che l'intelligenza artificiale è in grado di uscire dalla sua console e interfacciarsi con il sistema domotico che governa la nostra casa. A.I.L.A. diventa un nostro interlocutore anche nella vita reale, a volte in modo fin troppo invadente, a volte coccolandoci con un caffè o un tè subito pronto al nostro risveglio. Il problema è che sembra che la ragazza virtuale non sia l'unico elemento che ha fatto il salto dal mondo virtuale al nostro appartamento: ricordi dei personaggi che abbiamo interpretato nei giochi e figure mostruose che abbiamo combattuto iniziano a manifestarsi nella mente di Samuel anche quando vive normalmente.



Da un lato, dunque, abbiamo esperienze videoludiche vere e proprie, mentre dall'altro una sorta di walking simulator (che di fatto è un altro genere e un altro contesto horror, un gioco nel gioco) che approfondisce la trama generale. Entrambe le componenti funzionano molto bene e, insieme, rendono A.I.L.A. un piccolo gioiello.



Una mini antologia horror



Parlando dei diversi scenari che viviamo nelle ore di testing, senza entrare nel dettaglio per non anticipare troppo, troviamo un'ottima costruzione. I fan dei Resident Evil in soggettiva troveranno moltissimi punti in comune, ovviamente con le dovute proporzioni, e saranno a loro agio tra esplorazione, raccolta di oggetti (tra cui bevande per curarsi e piantine per potenziarle), risoluzione di enigmi, combattimento corpo a corpo o con armi da gestire con cura per la mancanza di proiettili. L'atmosfera funziona, a volte più e a volte meno, ma comunque è credibile e coerente, e i jump scare sono presenti ma, per così dire, attenuati (qualcuno ha detto manichini?), il che li rende più gradevoli e sensati, meno artificiosi.



Le simulazioni hanno una durata di tutto rispetto, non sono semplici toccate e fughe per giustificare il nuovo contesto; alcune hanno addirittura la dignità di giochi completi. In prima battuta, un giocatore che ama l'esplorazione può impiegare ben oltre un'ora per ognuna, tempo che può estendersi ulteriormente in base alla velocità di risoluzione degli enigmi e all'abilità nell'affrontare i nemici. Il level design, comunque, non fa il compito minimo e denota esperienza e passione da parte degli sviluppatori, tra riferimenti ad altre opere videoludiche e attenzione ai dettagli. Da segnalare, se vi fosse venuto il dubbio, che ci si muove principalmente in modo lineare, senza velleità da open-world.



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Consigliato!



Dovrebbe essere ormai chiaro che A.I.L.A. è un ottimo gioco per gli amanti del genere. Non mancano alcuni spigoli, anche considerando che non parliamo di uno studio blasonato, ma tutto concorre a creare un titolo che tiene incollati allo schermo. Parlando di questi, dobbiamo citare l'eccessiva semplicità di alcuni enigmi, che forniscono gli oggetti necessari sempre nelle immediate vicinanze del punto in cui vanno usati; il sistema di combattimento, specialmente quello corpo a corpo, a volte un po' macchinoso; il movimento del personaggio, estremamente lento a meno che non si decida di scattare di continuo o di muoversi camminando di lato (uno stratagemma che abbiamo trovato per tenere una velocità più accettabile). Qualcuno potrebbe obiettare che un altro difetto è la ripetizione delle meccaniche di gioco nei diversi contesti: di sicuro proporre non solo storie, ma anche stili di gioco completamente diversi sarebbe stato un punto a favore, ma nel complesso il lavoro svolto dagli sviluppatori maschera bene questa pecca e ci dà la sensazione di assaggiare tante opere diverse da un unico, grande tavolo di buffet.



Il comparto grafico di A.I.L.A. è un altro aspetto da elogiare, per l'ottimo lavoro svolto con Unreal Engine 5 nella creazione di ambienti realistici e credibili. I modelli dei personaggi forse non sono da primi della classe, ma ricordiamo ancora una volta che non c'è Rockstar Games dietro al titolo. Molto apprezzabili, comunque, la già citata attenzione ai dettagli, la varietà negli ambienti creati, la ricchezza delle location. Anche il comparto sonoro fa il suo, senza eccellere forse, ma con coerenza e con un contributo importante all'immersione, che in un gioco come questo è tutto. La lingua italiana manca, sia nel doppiaggio che nei sottotitoli.



Trofeisticamente parlando: non ti temo



A.I.L.A. propone 30 interessanti trofei che comprendono 14 bronzi, 9 argenti e 6 ori prima del Platino. Interessanti perché non si perdono in richieste assurde e sono legati al completamento del gioco, ad alcune azioni specifiche e alla raccolta dei collezionabili. Un'eccezione forse è il trofeo per arrivare ai titoli di coda in meno di 10 ore, il che potrebbe richiedere una seconda run dopo aver scoperto segreti e vie più rapide nella prima. In generale, però, non è un Platino che spaventa…




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25 novembre alle 15:10

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