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SOLERO

Porto una discussione da fuori qua: "i videogiochi in termini di scrittura sono perlopiù orrendi".
Non è la prima volta che esce fuori l'argomento e sono sempre dell'idea che sia un discorso legato a tanti elementi (una storia scritta male può avere dei bei personaggi e viceversa), o il fatto che un videogioco mette un elemento a puro scopo "ludico" (MacGuffin) mettendo a repentaglio la solidità della scrittura stessa.

Sono dell'idea che i MGS hanno dei problemi di scrittura giganteschi, tuttavia riescono ad essere delle storie ancora oggi molto intriganti, impressionanti ed attuali; è un discorso talmente ampio che mi viene difficile non perdermi in un bicchier d'acqua, quindi la parola a voi

Steto96

Circa due annetti fa mi sono imbattuto in un reel di Instagram di questo gioco in pixel art, pochi secondi di animazioni e combattimento che mi hanno mandato a cercare subito dettagli sul titolo. Lo trovo su Kickstarter e mi parte un buon pledge per Mariachi Legends perché il progetto appare quantomeno interessante, sicuramente molto bello dal punto di vista artistico, ma di metroidvania era già allora più che pieno il mondo. Fast forward a novembre quando lo sviluppatore fornisce la key per l'alpha di un gioco che dovrebbe uscire, al momento, nel Q2 2026.

L'alpha mi è durata circa un'oretta e sono in linea di massima ... non so se dire deluso, d'altronde non mi aspettavo un capolavoro anche se il mio pledge potrebbe dire altro.
A farmi backerare ML è stato anche il primo Blasphemous, un gioco per il quale provo ancora oggi tanto affetto nonostante i difetti evidenti. ML un po' me lo ricorda, dal punto di vista artistico è molto bello, con animazioni in pixel art fluidissime e dettagliate.

Sul resto invece sono più che dubbioso. Appena ho provato il combat system non ho potuto fare a meno di pensare a Prince of Persia The Lost Crown, nonostante questo possa sembrare ingiusto nei confronti di ML (non è chiaro quale sia stato il budget di The Lost Crown, ma la campagna di ML si è fermata a qualcosina sopra i 520K €). Giocando a The Lost Crown ho pensato a come quel gioco avrebbe rovinato il combat in 2D da lì in avanti e così è stato. ML tenta di essere stylish, ma dà l'impressione di essere un po' troppo banale e poco preciso. Ci sono stati un paio di nemici sulla fine che mi hanno fatto sperare in meglio, mentre il boss è stato di una semplicità disarmante, senza contare il fatto che a mio avviso ha qualcosa di rotto nel pattern visto che sul finire mi ha bloccato in un angolo e non per una mia mancanza.

Sul versante metroidvania, le stanze che ho attraversato sanno di già visto come layout e al momento non c'è manco un accenno di ciò che per me rende un metroidvania tale: le abilità sbloccabili che aprono nuovi path. La sezione di mappa è forse molto ridotta e non permette di intuirne la presenza, ma al momento non c'è nulla di confermato neanche negli aggiornamenti dei dev su Kickstarter (la maggior parte di essi, a memoria, mostrano solo dettagli estetici, come design delle zone, dei nemici e dei personaggi). Mi preoccupa invece una componente "GDR" con equip vari che giocano su statistiche a loro volta legate all'aumento di livello. Quest'ultimo elemento è stato una sorpresa: dopo aver sconfitto qualche nemico è partito il messaggio a schermo di "Level Up". Mi immagino che il sistema sarà più che rompibile se dovesse esserci una componente di backtracking, non capisco la decisione di includere un sistema del genere quando sarebbe stato meglio lavorare su altri tipi di progressione.

Also hanno avuto più di un mese per sistemare i menù dove appare due volte la scritta "bLocked", non è una stilizzazione hanno proprio mis-typato (e copia-incollato in un altro posto). Non è la fine del mondo se non sei autistico come me, però mi dico che è un po' segno della loro pigrizia o mancanza di attenzione o peggio: abbiamo già i soldi dei backer quindi non c'è bisogno di lavorare per i primi che hanno creduto al progetto.

Halberd Studios ha già pubblicato 9 Years of Shadows, altro metroidvania che ho adocchiato, ma che non ho ancora iniziato anche se sarebbe un buon modo per capire la base sulla quale lo studio lavora. Ogni tanto vorrei che Shovel Knight fosse rimasto più a lungo nella memoria del medium perché potrebbe mostrare a tanti sviluppatori di "metroidvania" indie che a volte va più che bene fare un platformer a scorrimento più lineare e semplice invece di fare un gioco subpar per quel genere, come se di action platformer a scorrimento non ne avessimo di bellissimi (il 2025 da solo ha portato Shinobi Art of Vengeance e Ninja Gaiden Ragebound, tra i primi due che mi vengono in mente).

Steto96

ha pubblicato un'immagine nell'album Year in Reviw 2025

Il mio 2025 Letterario si chiude con un bilancio molto positivo. Se sul mio anno videoludico mi posso ritenere soddisfatto, per la lettura è stato un anno assai profiquo. Al momento in cui scrivo sono a 89 letture e ho tutto il tempo per arrivare a cifra tonda entro la fine dell'anno, escludendo dal conto i (pochi) fumetti letti nell'anno. A incidere sulla qualità delle mie letture quest'anno c'è stato il mio ingresso in un gruppo di lettura nel quale mi trovo davvero bene e che è stato un po' l'ancora di salvezza in un periodo davvero buio.
La lista è in ordine puramente cronologico, trovate le copertine della esatta edizione che ho letto, se avete bisogno dell'ISBN chiedete e vi sarà dato:

1. Caccia allo Strega: Il discorso attorno al Premio Strega è ormai imperniato sempre sui soliti discorsi sull'amichettismo dell'organizzazione, quindi è stato davvero rinfrescante leggere un saggio che si concentri più sui libri stessi che sulle polemiche. Caccia allo Strega è un bellissimo lavoro di critica letteraria che parla anche delle nostre abitudini e dei nostri gusti in fatto di lettura e stile

2. Kairos: Sono sicuro di essere molto di parte con Kairos, ho un particolare interesse per la storia delle due Germanie e della Berlino divisa. La storia raccontata in Kairos è legata a doppio nodo con quella di Berlino Est, è la storia di un amore clandestino tra una giovanissima donna e un anziano scrittore, storia che poi diventa quella di una serie di soprusi. Mi ha affascinato anche lo stile, asciutto ma lirico, preciso e vago allo stesso tempo.

3. Orbital: Un libro di poesia camuffato da romanzo, un romanzo nel quale non succede nulla e in realtà succede di tutto. Orbital segue una giornata sulla ISS con gli astronauti alle prese con la vita anche se la vita in fondo è lontana, laggiù sulla Terra. La stazione spaziale si muove in orbita, a metà strada tra l'uomo e Dio, in qualche modo lontana dalla morte, ma non dal dolore.

4. Exhalation: Da anni avrei dovuto recuperare qualcosa di Ted Chiang, ma invece di partire con Stories of your Life ho letto prima questo Exhalation e ci ho trovato comunque tutto ciò per cui Chiang è diventato celebre: il raccontare la vita e l'umanità attaraverso la tecnologia come la migliore fantascienza deve fare.

5. La Grande Traversata: Negli scorsi anni ho cominciato ad approfondire la letteratura asiatica, ma devo dire che tra tutti i romanzi giapponesi, sono pochi quelli che mi hanno davvero convinto. La Grande Traversata segue la redazione di un dizionario della lingua giapponese attraverso gli anni e attraverso le relazioni che si creano e che cambiano nel corso del tempo, soprattutto il ruolo della lingua nelle nostre vite e gli sforzi nel cercare di riassumere la storia, la cultura, i rapporti umani in "poche" parole.

6. When the Clock Broke: Con Men, Conspiracists, and How America Cracked Up in the Early 1990s: Capisco che si tratta di un saggio e che, almeno per quanto ne so, sia uno dei pochi libri nella lista a non essere stato tradotto da noi, ma non posso non consigliare uno dei migliori saggi che io abbia mai letto. When the Clock Broke traccia, capitolo dopo capitolo, il percorso che ha portato al clima politico americano contemporaneo, e più precisamente all'ascesa di Trump nel 2020, anche senza nominarlo più di quelle che si possono contare sulle dita di una mano monca. John Ganz ha anche uno stile invidiabile, scorrevole e con punte di sottilissima ironia disseminate qua e là.

7. La Foresta Trabocca: Romanzo che ho letto ben prima di La Vegetariana di Han Kang, sono rimasto retroattivamente colpito dalle similitudini dal punto di vista della struttura e della simbologia. La moglie-musa di uno scrittore un giorno mangia semi destinati al suo acquario e lentamente si trasforma prima in pianta, poi in una intera selva "domestica". Il racconto è portato avanti attraverso il punto di vista di diversi personaggi che assistono alla metamorfosi, consapevoli di ciò che sta succedendo eppure in qualche modo indifferenti alla trasformazione della donna, una metafora dell'omertà attorno alla violenza domestica.

8. La Torre: Torniamo alla fantascienza con una serie di racconti tutti ambientati nella stessa Torre, un grattacielo babelico nel quale migliaia di vite si intrecciano inconsapevolmente. Come per Chiang, l'aspetto umano è il vero protagonista dei racconti, anche se in questo caso l'aspetto tecnologico è molto meno presente.

9. Solenoid: Mircea Cărtărescu è entrato di diritto nella lista dei miei autori preferiti in assoluto con un romanzo folle da tutti i punti di vista. Solenoide è il diario/flusso di coscienza di un professore di Bucarest, solitario, alienato, deluso dalla vita che sprofonda sempre di più in un'esistenza insensata, orribile e orrificante. E lo so che una descrizione del genere fa subito pensare a un "mattone polacco, minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo, copie vendute due" (l'unica verità è la parte sul mattone perché non parliamo di un tascabile), posso solo dire che Solenoide è un'opera che mi entusiasma anche solo quando entra nei miei pensieri, è un'opera che mi fa pensare a quanto sono fortunato a saper leggere.

10. Rituali: Due generazioni, padre e figlio, sconosciuti l'uno all'altro, alle prese con la stessa insoddisfazione, con la stessa paura della vita, entrambi costruttori di un sistema per mettersi al riparo da questa paura, una serie di rituali, quelli del titolo per l'appunto. A fare da ponte un protagonista che si definisce "assenza", un uomo che si trascina nel tempo vivendo alla giornata, contrapposizione incarnata tra i due personaggi che assieme a lui incontreremo tra le pagine di questo romanzo.

11. Tokyo Sympathy Tower: Riprendendo il discorso sulla letteratura giaponese, credo che gran parte dell'importazione di autori giapponesi, almeno per l'editoria più generalista, sia governata da uno stereotipo di romanzo giapponese che si alimenta da solo in un circolo vizioso di letture cosy, impermanenti. Tokyo Sympathy Tower è un volumetto piccolissimo ma denso, tutto incentrato sul concetto di crimine e pena: e se il criminale dovesse essere compreso e non punito? E se in Giappone sorgesse una torre, una prigione/utopia riservata solo ad essi?

12. The Vegetarian: Credo che la spinta che l'editoria dà a certe opere a seguito della vittoria di questo o quel premio aiuti a creare un certo senso di antipatia in alcuni lettori, come se gli autori che vengono riconosciuti da questa o quella giura non valessero davvero quanto il premio implica. Ci sono premi e premi ovviamente, ma il Nobel a Han Kang è a mio parere incontestabile. La Vegetariana è un romanzo impressionante e crudo. La protagonista del titolo è sempre l'oggetto della narrazione di qualcun altro, è sempre letta attraverso una lente che deforma ulteriormente una figura a sua volta deformata inesorabilmente da una malattia spirituale.

13. Autobiogrammatica: Quando mi chiedono cosa vorrei che mi venisse regalato alle varie feste, dico sempre che adoro essere sorpreso con libri anche presi "a naso". Adoro ricevere romanzi che magari non avrei mai preso in prima persona, e in questa lista ci sono moltissimi romanzi che mi sono stati donati durante l'anno (vedi Rituali e Kairos). Autobiogrammatica è una sorta di memoir, genere che in linea di massima mi ha sempre deluso, ma il racconto di Giartosio mi ha stupito per il suo costante, incessante gioco con la lingua, la scoperta continua delle possibilità del linguaggio e tra le righe, una vita.

14. The President's Room: Ogni casa del Paese ha la sua stanza del Presidente. Ogni famiglia la mantiene in vista della sua visita, anche se nessuno sa quando il Presidente visiterà la sua stanza, né cosa succede al suo interno. Soprattutto, nessuno ha mai visto il Presidente entrare nella sua stanza, o almeno questo è quello che sembra. Il romanzo, nella sua brevità, riesce a toccare tantissimi temi, tutti attraverso la lente della storia politica dei paesi sudamericani

15. Dissipatio H.G.: Vorrei leggere ancora di più solo per infilare più consigli di Myggdrasil nell'anno. Dissipatio H.G. va letto come la lettera di addio di Morselli, che difatti si suiciderà poco dopo aver scritto questo romanzo. Un uomo cerca di porre fine alla sua vita affogandosi in un laghetto sotterraneo. Ne riemerge come ultimo uomo rimasto sulla terra, quindi come unico rappresentante del genere umano con tutto ciò che ne consegue.

16. Human Acts: All'inizio di questa lista avrei voluto impormi di non includere più di un'opera per autore, poi mi sono reso conto che avrei fatto un disservizio tanto a Cărtărescu quanto ad Han Kang. Entrambi i romanzi di questa lista parlano di una sofferenza universale, ma Atti Umani impiega una cornice storica forse poco conosciuta all'occidentale medio, una delle tante pagine insaguinate della Storia contemporanea da approfondire.

17. Gli Incendiati: Grazie al circolo di lettura ho anche scoperto uno degli autori più interessanti del nostro paese, Antonio Moresco, constatando quanto egli sia poco conosciuto in Italia nonostante la sua produzione, da quanto ho potuto leggere quest'anno, sia di una potenza da non sottovalutare. Gli Incendiati è una corsa a perdifiato, è un incendio rabbioso, è un romanzo incazzato, allucinato e allucinante. Anche la lingua di Moresco è incazzata e rabbiosa, ma proprio per questo viva, vivissima.

18. I Love You, Call Me Back: Mi sono accorto solo ora compilando questa lista di aver letto pochissima poesia quest'anno, anzi ho letto solo questa raccolta, ma non la sto inserendo in lista solo per una qualche quota. I Love You, Call Me Back è un macigno che si posa sul tuo petto alla prima poesia e ci rimane dopo che hai chiuso il libro, è un macigno che parla di malattia, abbandono, solitudine e come il dolore occupi tutti gli spazi, il limine, le fessure che non facciamo abitare dalle piccole gioie della vita.

19. Nostalgia: sempre Cărtărescu, qua in una serie di racconti nei quali ho ritrovato tanti temi e tanti simboli già affrontati in Solenoide, o meglio, rispettando la cronologia, che saranno affrontati in Solenoide. Al di là dell'ottima prosa di Cărtărescu, mi ha stupito proprio come l'autore ritorni più volte su questi simboli senza però innescare un senso di già vista, anzi riformulando il tutto di volta in volta, sono insomma ricordi che acquistano un nuovo senso ogni volta che tornano alla memoria, ricontestualizzati o con nuovi elementi.

20. Beginners: Raymond Carver è uno dei miei autori più amati da quando lo conobbi al liceo per puro caso. Torno spesso sulle sue opere e le uso come misura della mia crescita, le affronto scoprendo di volta in volta come la vita, con il passare degli anni, mi abbia dato gli strumenti per capire e affrontare certe opere.

21. The Bee Sting: Sono amareggiato che Il Giorno dell'Ape abbia vinto contro Theodoros di Cărtărescu allo Strega Internazionale, ma dopo averlo letto non posso ignorarne la bontà. Si tratta di un romanzo caotico che si sposta tra i punti di vista dei quattro membri di una famiglia alla deriva, ognuno con una "voce" riconoscibile in un principio di flusso di coscienza, tra frasi accavallate, sintassi che si sfalda e punteggiatura che scompare, il tutto concorre con la narrazione a creare un senso di ansia costante e crescente attraverso il romanzo fino a un finale, un vero e proprio attacco di panico.

22. Centuria, Cento piccoli romanzi fiume: Penso da anni ormai che in arte siano i limiti a creare le espressioni più interessanti. Con Centuria, Manganelli si impone di creare romanzi che rientrino all'interno di un foglio da macchina da scrivere, componendo così più di cento romanzi/racconti/storie che esplorano altrettanti universi, stereotipi, mondi, concetti, pensieri. Un'opera di opere sperimentali, condensati di senso, brevissimi spazi che contengono profondità insondabili.

23. Le Cattive: La traduzione del titolo, ironicamente, descrive molto bene il cuore di questo romanzo autobiografico. Le Cattive sono le prostitute transessuali di Parco Sarmiento, per certi versi costrette a vivere all'interno di un mondo a parte, in cattività, eppure in qualche modo più libere di chi vive al di fuori di questo macrocosmo abitato da figure quasi leggendarie, ciascuna puttana con la sua storia. Ad entrare in questo mondo sarà anche un neonato abbandonato nel parco adottato dalle prostitute e cresciuto con loro.

24. Lamento Per Julia e altre storie: Prima del giro di boa di questo romanzo già piangevo il destino dell'autrice. Susan Taubes sarebbe potuta diventare una delle autrici più potenti del nostro tempo se solo non si fosse tolta la vita, e Lamento per Julia è testimone di una rabbia covata per secoli, la rabbia di essere donna. Di per sé Lamento per Julia è una storia che i classici come Madame Bovary e Effi Briest ci hanno già raccontato, qui raccontato da un narratore indefinito al punto da non potersi neanche definire da solo. Non si comprende né la natura né la portata di questa voce che a volte è spettro e a volte è presenza fisica, a volte è padrone, a volte schiavo, a volte consigliere, a volte inascoltato. La rabbia dell'autrice è evidente anche negli altri racconti inclusi nella raccolta, alcuni di essi in un apparente stato embrionale, forse ritrovati dopo la scomparsa dell'autrice. In tutti quanti è evidente il disagio di esistere, espresso in una forma così naturale attraverso il semplice linguaggio.

25. La più recondita memoria degli uomini: Un titolo altisonante per un libro che in fondo si merita il diritto di tirarsela un po'. Il romanzo segue la ricerca da parte di uno scrittore senegalese emigrato in Francia di un altro scrittore, nato decenni prima e autore di un romanzo diventato improvvisamente celebre nella Parigi a cavallo tra le due guerre e subito dopo sparito nel nulla. La ricerca di questo misterioso scrittore non è però (solo) il pretesto per riscostruire un mistero e raccontarne la storia, ma è l'innesco per un discorso sul colonialismo in tutte le sue forme, non solo culturale. Il fatto che abbia vinto il Goncourt nel 2021 è un tocco di ironia considerate certe sezioni del romanzo.

Steto96

ha pubblicato un'immagine nell'album Year in Reviw 2025

Dopo un 2024 abbastanza amaro, posso dire di aver concluso un 2025 davvero di spessore. Ho diviso l'attenzione tra recuperi importanti e più D1. Avrei voluto fare di più, ma quest'anno sono entrato nel vivo dei lavori di ristrutturazione della mia prima casa e quindi il tempo è quello che è e lo sarà ancora per qualche mese. Grandi mancanze? Sicuramente il gaming su Switch e soprattutto su PC, mi sono ripromesso di sfruttarlo un po' di più nel 2026.


La bontà di quest'anno è tale che in un primo momento ho scartato l'idea di una flop/top per evitare di lasciare indietro titoli dei quali avrei voluto parlare. In tal senso forse potrei pensare di riprendere a scrivere recensioni nel 2026, ma come dicevo sopra il tempo non è molto. Come sempre, lista in (quasi) disordine e, tranne per i GaaS, ho incluso solo titoli completati al 100% (rimangono fuori una lunga serie di titoletti che magari ho provato e non ho mai finito del tutto, vedi una miriade di roguelike etc.)

TOP 10 2025

1. Citizen Sleeper 2: L'anno scorso il primo mi aveva completamente distrutto, entrambi i Citizen Sleeper sono i picchi assoluti di scrittura anche attraverso altri media, io non credevo fosse possibile piangere di gioia grazie alla scrittura. CS2 è ... diverso dal primo capitolo, da un lato so che per alcuni può sembrare ovvio, per altri meno perché nell'ambito videoludico si considerano sempre i sequel come una sorta di promessa di un miglioramento (non comincio a parlare sul termine "miglioramento", semplicemente trovo abietto che, specialmente per i videogiochi, la nostra abilità di valutazione sia sempre incentrata sull'inquadrarli in una scala valoriale molto relativa e "matematica", torneremo dopo sull'argomento). CS2 cambia tanto le carte in tavola, propone una struttura molto più "aperta" in tutte le componenti e si concentra anche sui contratti. Ecco CS2 mi ha sì commosso allo stesso modo del primo, ma grazie ai contratti mi ha fatto provare momenti di tensione mai provati prima in un gioco. Credo che mi porterò questi due giochi nel cuore per sempre.

2. Prince of Persia The Lost Crown + Mask of Darkness: Nelle mie top non seguo un ordine preciso, ma se devo individuare una top 3, The Lost Crown ci rientra senza problemi. Credo sia impossibile trovare un difetto a questo gioco, anche dopo la valanga di metroidvania usciti negli anni The Lost Crown riesce a spingere ancora in avanti la formula, da una parte con tanto, ottimo QoL (la possibilità di "fotografare" i dettagli utili andrebbe messa di default ovunque), dall'altra con un gameplay semplicemente sublime: ci sono pochi giochi che possono contare enigmi ambientali così sagaci, platforming ragionato e combattimenti così soddisfacenti per tutti i sensi coinvolti, tutti nello stesso titolo. Mask of Darkness spinge tutte questi elementi all'ennesima potenza, a un prezzo ridicolo avete la ciliegina su una torta indimenticabile.

3. Dragon Age: The Veilguard: Mentre giocavo DATV mi sono sentito una merda per non averlo preso al D1. Sono un grandissimo fan di DA da Origins, ho un piano della libreria occupato solo da tutto ciò che la serie ha scaturito negli anni. Ho passato i mesi prima dell'uscita con il culo stretto, sempre più convinto che sarebbe uscito fuori un mezzo disastro nonostante i post dei dev mi parlassero di tutt'altro. Ho amato Veilguard, non posso dire che il gioco sia perfetto, ma è impressionante cosa ha fatto il team in così poco tempo e sono dispiaciuto per come il gioco sia stato (ingiustamente) ricevuto. The Veilguard può non essere un "buon" DA (d'altronde in una serie che ha cambiato pelle tre volte prima di quest'ultima, come si classifica un buon DA?) ma è un action RPG davvero solido dal punto di vista delle meccaniche. Il finale a mio avviso vale il prezzo del biglietto, anche per merito di un cast di spessore. Purtroppo, chi ha voluto giocarlo lo ha fatto, ma so che chi lo ha fatto nella maggior parte dei casi lo ha apprezzato quanto l'ho fatto io.

4. Elden Ring Nightreign + The Forsaken Hollows: Ero entusiasta all'annuncio? No. Ho prenotato il gioco per completismo? Sì. L'ho iniziato al D1 perché avevo paura che sarebbe morto nei primi mesi? Certamente. Non mi ci sono più staccato nelle settimane a venire? Strano a dirsi ma sì. Non sono il primo fan dei giochi multiplayer, sono rimasto stupito dall'entusiasmo che ho avuto e ho ancora per questo gioco. Non sono la persona giusta per parlare in modo tecnico e approfondito dei pregi di Nightreign. In generale si guarda a questo titolo come un prodotto cheap, fatto con pezzi di tutti gli altri giochi From Software assemblati attorno a una vaga struttura multiplayer. In realtà credo si possa dimostrare la cura che FS ha messo non solo attorno al loop di gioco, che funziona ed è molto più complesso di quanto si creda, ma anche attorno ai "ricicli", principalmente di boss. I ricicli sono palesi, anzi nel marketing del gioco sono quasi usati come selling point in qualche modo, ricordiamoci lo scalpore generato dalla presenza del Centipede Demon in uno dei primi trailer. Prendiamo per l'appunto il Centipede Demon come esempio: come altri boss di ritorno, il movest è stato aggiornato ed esteso e soprattutto nell'economia di gioco di Nightreign, dove si gioca in squadra, tanti boss richiedono che i componenti del gruppo si concentrino e facciano ognuno la propria parte. Questo è ancora più evidente con i boss principali del gioco, uno più spettacolare del successivo. Un altro aspetto sottovalutato sono le varie "classi" disponibili, tutte molto differenziate, tutte al centro di ottime sinergie in squadra, tutte davvero divertenti da scoprire e giocare, anche per via delle possibilità di gameplay uniche che ciascuna offre: vedi il rampino del Wylder, la stance per il parry dell'Executor, la possibilità di giocare da arciere con Ironeye e così via. Ciascuna poi legata a una propria quest, è come giocare in prima persona le storie degli npc di Elden Ring. In generale credo sia anche sottovalutato come il gioco sia distribuito e supportato: lanciato a prezzo budget, zero microtransazioni nonostante lo spazio ci sia (e invece le skin sono sbloccabili esclusivamente in game), con un buon supporto post-lancio (con gli Everdark Sovereign, la modalità Deep of Night, la possibilità di giocare a due) e infine un DLC assai corposo (due nuovi boss, una nuova mappa, due nuove classi e altro ancora): credo sia abbastanza difficile trovare un precedente simile nelle ultime due generazioni. Come sempre se volete buttarvi ma avete sentito parlare male dell'oboarding (che infatti è praticamente assente), sono disponibile per fare da sherpa.

5. Half Life: Per un sacco di tempo ho avuto paura a iniziare la serie di Half Life, avevo paura di giocare e rimanere in qualche modo indifferente a una serie così tanto osannata. Half Life tiene assolutamente botta anche a decenni di distanza, paradossalmente fa ancora oggi scuola o forse ci si dimentica un po' la lezione degli FPS di una volta, in primis il fatto di poter raccontare, di mostrare tutto senza mai staccare dalla visuale in prima persona per lasciare il posto a una cutscene. Magari una volta era fare di necessità virtù, ma tornare oggi a questo gioco ha un che di rinfrescante. Detto questo, non tutti i livelli di HL mi hanno trovato entusiasta.

6. Mafia The Old Country: A conti fatti il gioco che più aspettavo di questo 2026 e posso dire che ha superato la prova dell'hype. Siamo di fronte a un gioco oggettivamente indietro dal punto di vista del gameplay, MTOC non solo non reinventa la ruota ma torna indietro di qualche generazione. La grande forza del gioco è la forza stessa della serie Mafia e di Hangar 13, la narrazione. Credo ci siano grandi penne in questo studio, la storia di MTOC riprende molto bene i temi centrali alla serie fin dal primo capitolo e crea qualcosa di nuovo e maturo, il tutto supportato da una regia che non sfigurerebbe nel campo cinematografico. Ho visto pochi giochi così concentrati su un tema, così padroni del simbolismo. Non mi ritengo un campanilista, tutto il contrario, ma sono rimasto entusiasta dell'attenzione che è stata riposta nel ricreare un pezzo di Sicilia, il doppiaggio dedicato in siciliano. Sono grato del successo che questo gioco ha avuto e spero che Hangar 13 possa dimostrare ancora di essere uno studio più che degno di stare sotto i riflettori.

7. Mafia: Sarò eretico, io ho iniziato la serie da Mafia III. Capitolo che io adoro alla follia e sul quale vorrei prima o poi tornare, il cui affetto ha spinto molto del mio hype attorno a The Old Country. In preparazione di quest'ultimo ho cercato di recuperare i capitoli mancanti della serie (missione quasi riuscita: mi manca ancora Mafia II). Sono partito dall'originale e non ho potuto non innamorarmi di un gioco che ancora adesso regge tantissimo, specie lato sceneggiatura, anche per questo titolo della lista abbiamo una scrittura veramente matura che fa le scarpe a tantissime produzioni più recenti. Una nota sulla Definitive Edition che ho giocato quest'anno e si situa un po' a metà tra top e flop: dopo aver recuperato l'originale, avevo certe aspettative riguardo al remake. Principalmente speravo che "completasse" un po' la visione dell'originale, che usasse la tecnologia di oggi per rendere ancora più immersiva l'esperienza originale. Questo anche perché Hangar 13 con Mafia III ha dimostrato, oltre alle abilità con la sceneggiatura, di saper creare delle città veramente vive e piene di dettagli. Non ho apprezzato diverse scelte fatte con questo remake. Dal punto di vista narrativo l'influenza della penna di Hangar 13 si vede, la sceneggiatura originale è stata arricchita senza sfociare in pesanti modifiche. I cambi che sono stati fatti sono tutti contestuali alla volontà di riempire certi spazi che le possibilità tecniche di un tempo hanno lasciato vacanti. Il rispetto per il materiale originale c'è e si vede e devo dire che una storia già al tempo bellissima è stata resa al meglio delle possibilità. Storco invece il naso sulle tante scelte lato gameplay. Di base non apprezzo né il gunplay né i comandi alla guida, curioso considerato quanto entrambi gli aspetti fossero perfetti in Mafia III. La cosa peggiore a mio avviso è la quantità di cambi fatti alle missioni dell'originale. Mafia eccelleva anche per il suo approccio un po' più "free form" (vedi gli ampi spazi dell'aeroporto della missione Omerta), mentre questo remake sembra restringere molto questa libertà (vedi la stessa missione di cui sopra, ma anche solo l'incipit con le possibilità scriptate per eliminare gli inseguitori). A mio parere un'occasione mancata.

8. Star Wars Outlaws: Il primo trailer per Outlaws mi aveva entusiasmato più di quanto mi aspettassi e mi è spiaciuto perdermi il D1, non solo perché avrei voluto vedere la prima visione per questo titolo. Ormai sappiamo che, dopo un pesante overhaul dovuto alle critiche iniziali, Outlaws non è comunque riuscito a imporsi come un campione di vendite e il futuro della serie è ormai siglato. Come sempre, spiace vedere un pubblico sfiduciato nei confronti di Ubisoft, più a ragione che a torto sia chiaro, ma assolutamente non intenzionato a cambiare opinione specie quando Ubisoft fa buoni passi in alcune direzioni, e il The lost Crown di cui sopra ne è un esempio. La formula open world qui trova una sua dimensione nel proporre i famosi "hives of scum an villainy" della serie di Star Wars: muoversi nel sottobosco criminale dei vari pianeti è quanto di più immersivo sia mai stato proposto per il franchise. In generale l'accento è spostato verso lo stealth, per quanto questo sia ancora legato a meccaniche superficiali da open world generico. Durante la quest principale non mancano alcuni momenti scriptati di grande impatto e trovo curioso che i trailer non abbiano mai mostrato questa parte del gioco.

9. Ghost of Yotei: Ghost of Tsushima è ad oggi uno dei miei giochi del cuore. L'annuncio di Ghost of Yotei e la macchina del marketing mi hanno trovato inaspettatamente freddo, un po' perché come dicevo poco sopra sono sempre preoccupato quando si tratta delle mie serie preferite, un po' perché ho trovato il materiale pubblicitario un po' troppo rado e per nulla chiaro su ciò che Yotei avrebbe proposto. Unico punto a favore: come speravo la storia di Jin è rimasta chiusa al primo capitolo. Ritornando al discorso di Citizen Sleeper 2: Yotei è diverso da Tsushima. Sicuramente è un capitolo con diversi aspetti di iterazione con il passato, ma i due capitoli secondo me puntano a obiettivi diversi: il titolo è molto più incentrato sul combattimento lasciando un po' da parte lo stealth. Quest'ultimo infatti è decisamente più semplificato, mentre il combat system ha avuto un overhaul non da poco, siamo di fronte a combattimenti più selvaggi, così come ci si aspetta che Atsu combatta dopotutto, con alcuni elementi di improvvisazione. La mappa è eccezionale e spinge ancora di più l'acceleratore sulle bellezze naturali presenti in game. Il nuovo sistema di progressione è molto più limitato di quanto sembri tanto dalle presentazioni del gioco quanto dalle prime ore in-game. Sulla narrazione ... ho bisogno di più tempo per capire veramente la portata della storia di Atsu. Anche in questo caso, è sciocco fare confronti diretti con Tsushima (e in realtà mi stupisco di non aver visto confronti con altre opere che trattano temi simili, vedi TLOU II), e Yotei non mi ha lasciato indifferente, soprattuto per via di quel finale.

10. Death Stranding Director's Cut: Avevo già giocato DS al D1 e ne ero uscito parzialmente deluso, principalmente dalla narrazione. Ho voluto riprenderlo da principio per fare esperienza anche delle aggiunte della Director's Cut in vista di DS2. Ho avuto modo di approfondire il gameplay, l'aspetto che più mi aveva convinto al primo giro. L'idea di conquistare uno spazio rimane ancora adesso affascinante, per quanto avrei voluto affrontare una sfida maggiore per poter sfruttare appieno tutti gli strumenti e le possibilità disponibili. Sulla narrazione rimango convinto su alcune mancanze lato storytelling, ma a questo giro, pur ricordando bene la storia del gioco, mi sono trovato molto più emotivamente coinvolto durante il finale, ho pianto come un vitellino e non me lo aspettavo. In cinque anni non è il gioco ad essere cambiato ovviamente, sono grato di aver avuto modo di rigiocarlo con un'altra prospettiva, chissà se più avanti nella mia vita questo e altri giochi assumeranno ancora più significati per me.

FLOP 5 2025

1. Atelier Yumia: The Alchemist of Memories & The Envisioned Land: La serie di Atelier, e in generale Gust, ha saputo darmi tanto negli anni ed è per questo che ho seguito con crescente preoccupazione la piega delle ultime trilogie della serie. Non ho toccato Ryza per via di questa preoccupazione, ho giusto provicchiato il gacha l'anno scorso (ora chiuso, almeno in occidente). Sono arrivato a Yumia con tutti i miei buoni propositi e ne sono uscito ... non saprei neanche se dire deluso. La base in realtà è buona, il sistema di housing è carino, c'è la sensazione di esplorazione che il gioco dovrebbe invocare dato l'incipit. Il problema è la sfida non esistente, almeno al D1 quando lo giocai con la difficoltà massima possibile. Il combat system e il sistema di sintesi avrebbero tanto da offrire e approfondire, paradossalmente più si sfruttano i sistemi quindi più si gioca e più il gioco si sfalda, diventa facile a livelli ridicoli.

2. Borderlands 4: Anche qui, da fan della prima ora di Borderlands, attendevo con più ansia che hype questo capitolo. In questo caso le mie preoccupazioni hanno trovato più di una conferma. Dopo la fredda accoglienza nei confronti di Borderlands 3, Gearbox ha deciso di fare un dietrofront completo senza interrogarsi veramente su una propria visione per il brand, visione che ipotizzo avessero comunque abbozzato pensando alle svolte di trama del terzo capitolo. Si è quindi deciso in una sorta di reboot proposto come grande svolta per la serie, in primis per via della struttura open world. A mio avviso, il cambio non ha portato alcun beneficio al gioco, al contrario le conseguenze sono perlopiù negative: accuso una mancanza di cura nel level design, nei dettagli delle mappe, nella varietà dei biomi. Ho anche sofferto un po' per la varietà nelle armi, punto forte della serie, anche se ho apprezzato alcune new entry nelle tipologie di throwables. Altro tasto dolente, le classi: anche qui c'è sensazione di già visto e lo sviluppo dello skill tree pare troppo dispersivo rispetto al passato. Sulla narrazione, la scelta di un tono più serio eleva diverse secondarie, ma non va di pari passo con una evoluzione del racconto principale, assai banale e con un finale che non vale del tutto il prezzo del biglietto.

3. Gravel: La quota driving dell'anno, purtroppo mi ha abbastanza deluso. Al di là della ripetitività dei contenuti, il modello di guida non rispecchia quella che dovrebbe essere l'offerta di una esperienza di guida off-road. Giocandolo mi sono sparato tutto "Vera Baddie" di Anna per cercare di alzare un po' il tono.

4. Infinity Nikki: L'avevo inserito di straforo nella Top 2024, iniziato a giocare sotto D1, non facevo che consigliarlo come alternativa "cozy" ad altri gacha ow. Ci ho anche speso su qualche spiccio ogni tanto, veramente poca cosa, insomma lo stavo amando. Il fatto di avere un monopolio nei confronti di questa formula di gioco ha dato subito alla testa ai dev, rendendo il tutto presto poco amichevole nei confronti dei giocatori. A farmi desistere del tutto sono stati i problemi con il launcher su PC, non potendolo avviare per giorni ad un certo punto ho disinstallato e basta.

5. Tchia: Questo gioco ha un potenziale immenso secondo me inespresso se non addirittura sprecato. Sotto l'apparenza di un open world sull'impronta di Breath of the Wild si nasconde una serie di meccaniche davvero interessanti, in primis la possibilità di possedere animali e oggetti per sfruttarne le abilità. Come in Breath of the Wild, il mondo selvaggio di Tchia è pieno zeppo di scoperte da fare, peccato che questa base ricca di possibilità sia poco sfruttata tanto nella quest principale quanto nelle attività dell'open world, riducendosi alla fine a una semplice raccolta di collezionabili. Ed è un peccato perché a tratti sembra che ci sia tutta l'intenzione di proporre qualcosa di lontano dai gusti e dalle sensibilità del grande pubblico.

Steto96

Nei miei piani avrei dovuto finire Ghost of Yotei prima di dicembre per poi dedicare queste settimane a recuperare alcuni giochi sul PC che ho quasi del tutto ignorato nel 2025, ma da quella decisione sono uscite un po' di aggiunte spurie ad altri giochi e quindi anche oggi si gioca al PC domani.

- Free Ride di Mafia The Old Country: cercando trinacrie + volpi per il platino di sto gioco mi sono reso conto, ancora più di quanto si può vedere nella campagna, che sto gioco ha a disposizione una mappa di gioco troppo dettagliata per essere un semplice set dressing e che è un peccato che non sia stata sfruttata di più nella celebre Free Ride della serie. Ora, non si può sputare su contenuto gratuito (more on that later), ma quasi mi spiace che Hangar 13 si sia dovuta mettere su questo update. Ringraziamo per la modalità foto che comunque serve in un gioco così bello. Avendo giocato il gioco a difficoltà massima alla prima run, la seconda in modalità classica mi ha lasciato interdetto, non mi ha assolutamente dato filo da torcere e lo dico con dispiacere. In Free Ride, tolta una simpatica caccia al tesoro, i contenuti sono abbastanza banali: le corse di cavalli, per fortuna non così tante; quelle in auto sono anche simpatiche, ma diventano presto ripetitive; le sfide di combattimento si separano tra arene a ondate e sezioni stealth "remixate" benino. Ripeto, non ci sputiamo sopra, ci ho solo giocato con una sensazione costante di voler dire ad Hangar 13 "va bene così dai, grazie del pensiero".

- AC: Mirage - Valley of Memory: non ho sinceramente capito le lamentele ai tempi dell'annuncio, legate al fatto che l'operazione si poggia su un fondo saudita. O almeno capisco che prendere soldi dal governo saudita abbia il suo peso morale, ma non capisco cosa ci si aspettava da questa espansione. È un gradito cappello a un gioco che ho apprezzato tantissimo al D1, magari prevedibile nelle sue battute, ma il finale vale veramente tutto il piatto. Dalle varie aggiunte del codex è chiaro che l'unica vera influenza ricevuta dal fondo saudita è quella di aver posto l'accento sulla storia di AlUla cercando di spingere a fare un po' di turismo almeno digitale, con il fine ultimo di dare una spintarella anche verso il turismo più "fisico". Detto questo Ubisoft continua a gonfiare le runtime di queste espansioni: avevo letto di otto ore di contenuto, ma la maggior parte di quelle ore è legata alla possibilità di rigiocare a diverse missioni del gioco base con alcune sfide aggiuntive. Meglio così in realtà, l'espansione funziona bene nel suo essere contenuta.

- Elden Ring Nightreign - The Forsaken Hollows: non spendo più tempo del necessario a parlare di Nightreign perché probabilmente lo farò nei recap di fine anno. Il supporto al gioco è stato più di quello che mi aspettassi (il gioco in sé è più di quello che mi aspettassi). Qualsiasi scusa è buona per tornare a giocare, il DLC aggiunge due nuove classi davvero interessanti, assieme alle loro Rimembranze. Al momento ho avuto il piacere di provare la nuova mappa solo alcune volte e sicuramente mi sto ancora perdendo dei pezzi, adoro il fatto che sia così tanto sviluppata in verticalità (un po' meno alla mia prima partita, quando mi sono ammazzato in un baratro a casaccio), è ripiena di nuovi/vecchi nemici e nuovi/vecchi boss. Ci ho ritrovato l'entusiasmo dei primi giorni di gioco.

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