Nos Custodimus
Musica latino-americana che invade le cuffie, tramonto sulla baia alle spalle, guido tra i quartieri digitali della San Francisco di Watch_Dogs 2 e penso alla fiducia. Penso a come, nonostante i suoi difetti, il primo capitolo della serie abbia lasciato ricordi felici nella mia memoria. Penso a come tanti siano rimasti delusi da quel gioco al punto da non voler dare fiducia, per l’appunto, a un seguito che invece avrebbe meritato e merita ancora oggi di essere scoperto e riscoperto. Pensavo a tutto questo a novembre e ora, due mesi dopo, scrivo queste righe con in testa quei pensieri, dandomi una pacca sulla spalla per le mie doti di preveggenza.
Per restare in tema, se nella mia recensione avevo definito il primo Watch_Dogs un techno-noir, possiamo dire che il secondo capitolo si avvicina di molto alle porte del cyberpunk al punto da essere il suo uscere. Dopo gli eventi del gioco precedente, la tech company Blume ha affinato il suo ctOS in una versione 2.0 pronta a proteggere gli abitanti di tutte le più grandi città americane. Con proteggere si intende ovviamente violarne la privacy e lucrare in ogni modo possibile su ciò che il sistema può recuperare da questo stato di iper-sorveglianza. Ciascun individuo è ora meno prezioso dei dati che egli stesso può produrre e nascondersi dal sistema non è più un’opzione, ma il protagonista Marcus Holloway la pensa diversamente: il gioco si apre proprio con la sua intrusione in una server farm di Blume, con l’obiettivo di eliminare il suo profilo digitale e guadagnare un posto nel gruppo di hacker Dedsec. Marcus supera la prova a pieni voti, installando persino una backdoor nel sistema e ottenendo l’approvazione dei suoi nuovi compagni, con i quali decide di lanciare un attacco su più fronti alle aziende tech della Silicon Valley in modo da indebolire Blume e smascherarne la corruzione.
Se il primo capitolo presentava una storia dalle tinte fosche, questo seguito cambia nettamente direzione imboccando la strada della leggerezza, con una trama che punta molto sulle prodezze spesso pirotecniche della giovane squadra di hacker. Il racconto della lotta tra i Dedsec della Bay Area contro Blume e il suo spietato CEO Nemec Dusan è suddiviso in una serie di capitoli, ciascuno incentrato sugli usi e abusi di tecnologie e piattaforme non troppo lontane da quelle che già conosciamo: tra social media intenti a manipolare elezioni, sistemi di domotica invasivi, droni militari e persino satelliti orbitali, il gioco si concede qualche esagerazione e finisce per apparire più verosimile del previsto. La narrazione, in questo modo, ricorda quella di una serie TV, con tanto di trame verticali connesse a uno svolgimento orizzontale intervallato fin dalle prime battute da interessanti colpi di scena.
La scrittura del titolo regala più di un momento di freschezza nel medium: in primo luogo, è stato piacevole interpretare un personaggio di colore definito anche dalla sua identità. La memoria è subito corsa a Mafia III, che a mio parere rimane ancora oggi uno dei punti di riferimento per quanto riguarda la tematica nei videogiochi di questo calibro. Il cast dei personaggi è un buon esempio di diversità, con un gran numero di comprimari di etnie e generi diversi, il tutto senza voler essere sfacciatamente provocatorio. Ho apprezzato tutti i membri del Dedsec grazie alle numerose, naturali interazioni alle quali si assiste fin dai primi momenti di gioco: il cameratismo tra Marcus e Horatio, entrambi giovani afroamericani; le chiacchierate con l’idealista Sitara; l’evoluzione delle caotiche idee dell’altrettanto caotico Wrench; il tenero orgoglio dei vari personaggi nei confronti delle prodezze informatiche di Josh, affetto da sindrome di Asperger.
Non mancano comunque alcune criticità legate al comparto narrativo di questo capitolo, scritto da così tante mani da aver perso di coesione in più di un frangente. La sceneggiatura ogni tanto fatica a legare alcune sequenze assieme, come se alcuni intermezzi fossero stati cancellati o dimenticati in qualche modo. La potenza delle scene che introducono l’antagonista Nemec Dusan si dissolve pian piano ad ogni sua apparizione, i suoi obiettivi sfumano fino a diventare confusi e in questo modo anche il finale sbiadisce irrevocabilmente. Per quanto piacevoli, non posso negare che i protagonisti più che avere una personalità sono la personalità stessa, dato che a tutti, Marcus compreso, manca un qualsivoglia retroscena che non sia soltanto accennato da qualche audio trovato en passant, e fino alla fine ho sperato che una qualche storia secondaria potesse concedere un po’ di spazio per conoscerli meglio.
Ad un certo punto mi sono chiesto se forse, sotto sotto, rimpiangessi la trama del primo Watch_Dogs, con la quale forse sono stato troppo duro. Sicuramente questo secondo capitolo ha dalla sua un copione decisamente più divertente che mi ha indotto alla risata più e più volte, e per questo sono stato pronto a perdonare, almeno in parte, gran parte delle mancanze che ho descritto sopra.
La narrazione è l’unico lato grezzo di un diamante altrimenti finemente curato sotto tutti gli altri aspetti. Watch_Dogs 2 prende tutto ciò che di buono è stato fatto nel predecessore migliorandolo esponenzialmente. San Francisco è la città giusta per rappresentare l’anima pop, colorata e scoppiettante di un gioco altrettanto pieno di vita, di stile e di carattere. Così come la Chicago del primo capitolo, i giocatori raramente hanno potuto passeggiare per le strade digitali della soleggiata metropoli californiana, ma San Francisco è decisamente più particolareggiata e varia nelle ambientazioni rispetto alla più grigia Città del Vento. Nel giro di pochi minuti è possibile sfrecciare tra le strade del centro, allungando per le colline prima di raggiungere la Silicon Valley e Stanford, fare due salti tra le saline prima di superare il lago per una capatina a Oakland o Sausalito, a guardare le stelle che illuminano l’isola di Alcatraz incastonata nelle acque della Baia. Le strade sono popolate da NPC, come sempre profilabili tramite il nostro fido smartphone, e anche i loro cani, che invece possono, devono essere coccolati dal primo all’ultimo. La simulazione si spinge anche oltre: diverse aree del gioco accolgono diverse tipologie di NPC di etnie e ceti sociali diversi, mentre la sera le aree vicino ai locali notturni si popolano di festaioli di ogni genere, senza contare un sistema che regola i possibili conflitti tra le gang che popolano la città, scontri che possono anche culminare in sparatorie con la polizia.
La bellezza dell’ambientazione è abbastanza per invogliare a scoprirne ogni centimetro disponibile. Se ciò non fosse abbastanza, il giocatore questa volta non può contare sulle classiche torri firmate Ubisoft per avere all’istante una panoramica dei punti di interesse e delle risorse disponibili in una determinata zona, che invece compaiono sulla mappa solo quando il giocatore si troverà nelle loro vicinanze. Per accontentare i veri turisti virtuali è presente anche una attività secondaria che premia gli scatti fatti con la telecamera in-game inquadrando particolari scorci della città ricreati fedelmente nel gioco.
Le opzioni di hacking sono aumentate e permettono di interagire molto più a fondo con l’ambiente per esplorarlo tanto in orizzontale quanto in verticale e quindi scoprirne i mille segreti, tra borse di denaro, pezzi di abbigliamento e nuove skin per gadget, veicoli e armi. A questo giro gli strumenti più utili in nostro possesso saranno proprio il nostro drone telecomandato e il quadricottero, spesso e volentieri da usare in accoppiata per aprire nuove strade oltre che per infiltrarsi in territori più pericolosi. Gran parte delle missioni può essere completata senza nemmeno mettere piede dentro le zone degli obiettivi e, con i giusti potenziamenti e un pizzico d’ingegno, è possibile liberarle completamente dalla presenza nemica in pochi minuti.
L’approccio più dimesso è spesso la soluzione migliore visto come, anche a difficoltà più basse, Marcus può essere falciato in pochi secondi da un qualsiasi nemico del gioco. A questo giro ho apprezzato moltissimo la possibilità di comporre il proprio arsenale con una buona scelta di armi non letali, decisamente meno potenti rispetto alla controparte balistica e con un effetto stordente limitato nel tempo, ma pur sempre un’opzione della quale ho sentito la mancanza nello scorso capitolo.
Come anticipato poco sopra, è stata data grande attenzione alla personalizzazione del proprio personaggio. La mappa è disseminata di negozi di abbigliamento ben differenziati nello stile e nel tipo di articoli proposti. Nei rifugi è possibile cambiare al volo il proprio guardaroba e le skin per le armi e i droni, senza contare le decalcomanie per le vetture da gestirsi tramite app apposita.
Lo smartphone in-game ha ricevuto un upgrade importante diventando così lo strumento più importante in assoluto. Tramite il cellulare è possibile accedere al volo a tutte le funzionalità del titolo: oltre al già citato garage virtuale possiamo trovare un comodo lettore audio con il quale creare playlist da ascoltare tra una missione e l’altra, un menù dal quale usare punti ottenuti con l’esperienza e migliorare le nostre abilità, la mappa per orientarci nel mondo di gioco e una serie di icone utili per poter trovare le varie attività primarie e secondarie che il titolo ha da offrire. Data la gran quantità di icone che potrebbero occupare la mappa di gioco, la soluzione adottata dal titolo permette di accedere al contenuto desiderato con rapidità e precisione senza sacrificare diottrie e tempo.
Ho amato gran parte delle missioni principali legate allo svolgimento della trama. Credo che incarnino molto bene cosa vorrei dai giochi open world del genere: attività sempre diverse e che talvolta si discostano dal gameplay generico del gioco e che diano un po’ di ritmo all’avventura, creando situazioni che altrimenti, durante il free-roaming, difficilmente sarebbe possibile incontrare. Anche quando questo non accade, le missioni si premurano di offrire di volta in volta una variazione sul tema, per esempio aggiungendo nuovi elementi di disturbo durante le infiltrazioni o utilizzando ambientazioni sempre diverse. Le numerose operazioni secondarie non presentano storie al pari di quelle delle missioni principali, ma in qualche occasione hanno saputo stupirmi con delle meccaniche uniche anche riprese dal precedente capitolo.
È anche possibile guadagnare qualche extra attraverso la app di ride sharing Driver San Francisco, una gradita citazione a una delle opere dello studio di sviluppo di WD2. Fortunatamente il feeling dietro al volante è nettamente migliorato rispetto al primo titolo della serie e guidare attraverso la città ascoltando le storie dei suoi abitanti è un divertente diversivo, e non mancano gare a bordo di altri veicoli come gli e-kart o le regate in barca a vela, senza dimenticare una serie di percorsi pensati per il nostro quadricottero.
Ritorna anche la componente online che tanto avevo gradito alla sua prima iterazione. Le invasioni PvP rimangono pressoché invariate, con l’aggiunta di una variante nella quale un giocatore alle prese con la polizia potrebbe ricevere la visita di un altro giocatore in veste di Cacciatore di Taglie con l’obiettivo di eliminare il ricercato. Non manca la possibilità di sfidarsi a bordo dei mezzi elencati poco prima e una serie di partite PvP a squadre nelle quali competere per completare una serie di obiettivi. In seguito, con alcuni aggiornamenti, sono stati anche aggiunti dei raid cooperativi durante i quali i giocatori possono aiutarsi per completare delle missioni dedicate sparse per tutta la mappa.
Tecnicamente il gioco si difende molto più che bene. Pur non potendo competere con altri titoli più recenti, il gioco è molto più che gradevole all’occhio ed è accompagnato da un frame rate tutto sommato molto stabile. Le animazioni dei personaggi sono di ottima qualità, specialmente quelle dedicate al viso che spesso e volentieri fanno un’ottima figura durante le cutscenes assieme a un ottimo doppiaggio in lingua originale. La colonna sonora originale difficilmente si farà ricordare, mentre le tracce scelte per le radio del gioco sono particolarmente azzeccate.
La lista di contenuti aggiuntivi per questo gioco è immensa: per la maggior parte si tratta di oggetti estetici assolutamente evitabili, ma non mancano una serie di nuove missioni secondarie, forse un pochino sottotono rispetto a quelle già viste nel gioco base, ma non per questo meno divertenti. Tra yacht di lusso, set di film porno e momenti di pura follia, queste espansioni offrono più Watch_Dogs 2 a chi lo desidera, ma non rappresentano nulla di più di un semplice more of the same.
Dopo Watch_Dogs 2 sono quasi preoccupato da quello che potrei trovare nel terzo capitolo della serie. WD2 è un gioco così pieno di carattere, colore e personalità e credo che difficilmente Legion, da quello che ho potuto vedere e dalla natura stessa del titolo, possa misurarsi con il titolo precedente. In ogni caso posso sempre tornare nella mia San Francisco e guidare lungo il Golden Gate Bridge, con la radio al massimo e il tramonto che colora la Baia alle mie spalle.
Gene92
Proverò, grazie per il consiglio
Steto96
Sono quasi commosso