Il Minchione
Fonzie condivide alcuni suoi interventi solo con i suoi amici. Se vuoi conoscere Fonzie, aggiungilo agli amici adesso.
C’è ben poco da dire su Tiny Tina, chi ha giocato Borderlands già sa. Il gioco è molto conservativo sia nel gunplay, con il classico sistema looter shooter incasinato che conoscono anche le pietre, nello stile grafico stilizzato e anche nell’umorismo edgy estremamente citazionale e parodistico. Tutte e tre le cose funzionano ma con delle riserve. Il gunplay è il solito casino con armi e munizioni sparate ovunque in maniera confusionale che è di un fastidio incredibile; d’altro canto però è molto divertente, è dinamico e vario sia nel tipo di armi che di nemici, questa volta si arricchisce di un sistema di magie ed abilità parametriche nonché di una selezione di armi corpo a corpo dedicate.
L’estetica questa volta si fregia di una ambientazione fantasy che stacca dalla deriva spaziale dei predecessori portando un po' di aria fresca. Il gioco infatti è ambientato in una campagna di DnD, qui chiamato Bunkers and Badassess, giocata dai personaggi di Borderlands con tutto quello che ne consegue in termini di demenzialità e dialoghi. L’umorismo a volte funziona alla grande mentre altre volte cade nel patetico. Inizialmente il citazionismo continuo di Borderlands mi divertiva un sacco ma ormai non mi fa più tanto presa anche se “Gerrit of Trivia” e simili fanno sempre sorridere.
Io però ho il cervello fottuto da internet e ormai riesco a ridere solo con umorismo colmo di nonsense, scatologico oppure politicamente scorretto gratuitamente. Il gioco al contrario cerca sempre di essere politicamente corretto e gioca di più su situazioni illogiche e sulla rottura della quarta parete, molto raramente sull’esagerazione ed è lì che secondo me dà il meglio. Ci sono personaggi straordinari come Torgue che sembra uscito dai Village People, che piange lacrime virili e nuclearizza l’oceano. Boia deh lo balocco tira alla grande, è molto divertente sia nel gameplay che nei dialoghi anche se questi non sempre sono riusciti, (alright guys i guess) that’s it.
Voto assegnato da Fonzie
Media utenti: 8 · Recensioni della critica: 8
Sword and Fairy 7 è una perla rara all’interno del panorama dei Jrpg perché è uno dei pochissimi esponenti del filone fantasy cinese dello Xianxia. Lo Xianxia affonda le radici nella mitologia cinese e nel taoismo. Esso vede come leitmotiv la coltivazione delle proprie capacità spirituali per raggiungere l’immortalità. Insieme al Wuxia, il filone narrativo improntato sulle arti marziali, costituisce un binomio importantissimo per la narrativa fantasy cinese ma trova una rappresentazione decisamente inferiore in ambito videoludico.
L’impostazione del titolo è appunto da action jrpg, difatti i cinesi non hanno codificato ancora un proprio modo di intendere i giochi di ruolo, ma ne hanno piuttosto fornito una versione conservativa che però enfatizza i temi, l’estetica e la cultura cinese piuttosto che quella giapponese. Questo restituirà al giocatore una sensazione sia di familiarità che di estraneità. Siamo pur sempre di fronte ad ambientazioni, culture e temi che noi occidentali percepiamo come esotici, a differenza di quelli nipponici che abbiamo interiorizzato grazie al rapporto simbiotico del Giappone con l’Occidente.
Se vi è mai capitato di leggere una mia recensione sapete che non mi piace parlare in “recensionese” e procedere in modo asettico e descrittivo focalizzandomi in maniera enunciativa sugli elementi di trama e di gameplay. È tuttavia doveroso fornirvi un incipit narrativo, seppur minimo, per farvi capire di cosa stiamo parlando.
Il mondo di Sword and Fairy 7 vede la coesistenza di tre razze: Umani, Divinità e Demoni, equidistribuiti nei tre rispettivi regni dopo una guerra sanguinosa che ha visto vincitrici le divinità. Queste vengono adorate dagli umani proprio in virtù del loro status di vincitori. I demoni invece sono ostracizzati e visti in chiave negativa. Il presupposto fondamentale è che nessun membro delle tre razze, al di là degli informali rapporti di subalternità e gerarchia, interferisca direttamente con le altre o ne invada il reame.
Gli eventi del gioco prendono piede proprio quando una divinità viene mandata ad assassinare un demone invadendo il reame demoniaco e rievocando i fantasmi di guerra. Il tutto vede come sfondo alcune “sette”, una versione fantasy dei monaci shaolin, che essendo dotati di molto potere spirituale rispetto agli altri umani, interverranno come ago della bilancia nelle nascenti tensioni. Gli umani difatti pur non avendo l’energia spirituale di demoni e divinità sono la razza più numerosa, mentre le altre due sono sull’orlo dell’estinzione.
Una figura chiave sono gli spiriti sovrannaturali, delle entità zoomorfe ed elementali con cui i membri delle sette stringono un legame simbiotico per progredire nella coltivazione della forza spirituale al fine di ambire all’immortalità. La simbiosi è un aspetto fondamentale tra la protagonista ed il protagonista, questi infatti si ritrovano a stringere involontariamente un legame simbiotico molto potente che gli impedisce di stare lontani l’uno dall’altro, da qui il titolo del gioco “Together & Forever”. Non penso di fare spoiIer dicendo che la cosa assume un sottotesto romantico che per le divinità, quale il protagonista, rappresenta un tabù. L’amore è severamente proibito e punito nel regno delle divinità, per motivi che non vi andrò ad anticipare.
Questa introduzione narrativa era fondamentale per ricalcare quelli che sono i temi che vengono trattati: magia, amore, trascendenza, cultismo, spiritualismo, taoismo, tutto in salsa cinese e quindi soggetto ad interpretazioni che a noi occidentali non sono proprio familiarissime nonostante i nostri continui punti di contatto con i vicini nipponici. Questa chiave di lettura rende il titolo particolarmente singolare all’interno del panorama dei jrpg, pur essendo presenti tantissimi temi tipici del genere.
Non è solo la chiave di lettura cinese a rendere piacevole il gioco, la narrazione seppur imperfetta è molto coinvolgente. È peculiare anche il modo in cui i protagonisti, pur essendo avvolti da un’aura di pudore e di timidezza ben lontana dagli eccessi stile anime dei giapponesi, riescano ad entrare nel cuore del giocatore. C’è un profondo senso di rispetto, di misura, di ingenuità e di purezza che pervade i quattro protagonisti, caratteristiche che possono essere poco appetibili a chi cerca i personaggi giappomatti ma che rappresentano lo specchio di una cultura esotica ed interessante.
Come dicevo la narrazione è imperfetta, è al contempo croce e delizia del gioco. Seppur di ottimo livello e molto interessante, ha problemi di ritmo non indifferenti e fagocita quasi metà del gioco togliendo spazio vitale al gameplay e rendendo il tutto stucchevole a tratti. Il gioco ci mette tanto per ingranare, nelle prime ore c’è una preponderanza narrativa troppo invadente ed il gioco inizia a trovare un equilibrio tra cutscenes e combattimenti solo a metà avventura. Questo se vi focalizzate sulla main quest ovviamente. Ci sono infatti tante sub quest ma ben poche brillano ed il titolo ha il problema di essere bilanciato male e davvero troppo facile negli scontri regolari mentre a tratti frustrante nelle boss fight.
La qualità narrativa segue un andamento a montagne russe, in alcuni punti ero davvero provato dalla mole di dialoghi e cutscenes ma specialmente nell’ultima sezione il titolo risplende con una componente action molto più presente e al contempo con uno sviluppo dell’intreccio appassionante ed entusiasmante. Come dicevo questo è il più grande difetto del titolo, un ritmo altalenante e a tratti soffocante, ma non è l’unico.
Il sistema di combattimento action presenta una moltitudine di spigoli non indifferente. In generale il gioco è molto grezzo nelle hitbox, nella gestione dei particellari, nel sound design delle battaglie, nella gestione dell’hud e dei menù durante il combat system ed ha un bilanciamento pessimo con degli spike di difficoltà repentini alternati a sezioni fin troppo facili.
Non sto dicendo assolutamente che il combat sia da buttare però, il combattimento vede una schivata con iframes, un sistema di combo hack n’ slash basilare, la possibilità di usare i quattro personaggi a preferenza (non sempre però) e tutta una serie di abilità magiche con un cooldown temporale abbinato ad una ricarica degli mp. Quest’ultima è dipendente dagli attacchi base che il giocatore infligge ai nemici per tanto il gioco scandisce bene una fase offensiva tecnica fatta di combo e capacità di lettura e schivata dei moveset dei nemici, alternate ad una fase di utilizzo delle abilità in cui si scaraventa l’inferno addosso ai nemici facendo schizzare il counter dei dps. Sono presenti anche le summon e i limit break alla Final Fantasy.
Ci sono molte boss fight fighe realizzate benissimo in termini di moveset e di design dei nemici, ed altre più deludenti. Il livello medio è buono, non diverso da quello di tanti jrpg. Il feedback dei colpi e del sonoro è ciò che enfatizza un livello di amatorialità percepita riconducibile anche al basso budget della produzione. Non mancano appositi sistemi di progressione e crafting tra cui spicca il potenziamento degli spiriti sovrannaturali citati prima, che ci aiutano nel corso della battaglia.
È davvero un peccato che il gioco sia grezzo nella resa dei combattimenti perché al contempo comunica qualità e cura sia nella realizzazione dell’ambientazione, divisa a zone open map, sia nella regia e nelle animazioni delle cutscenes che sono di livello altissimo.
L’ambientazione è una gioia per gli occhi, è stupenda. Non è solo l’architettura cinese a dominare questa festa visiva ma anche la gestione dei colori che va a costituire il backbone di questo mondo onirico, puro, fatato e magnifico. La resa estetica è formidabile, anche al netto di un lato tecnico che fa egregiamente il suo lavoro ma che non riesce del tutto a staccarsi da quella sensazione di produzione minore. Credo che a livello di setting questo sia uno dei titoli più belli che abbia giocato, e il sonoro gli fa giustizia, la colonna sonora è aggraziata e composta così come la location ed i protagonisti. C’è un senso di raffinatezza estetica e culturale che permea l’intera produzione, quasi una tendenza alla perfezione in senso classico, che normalmente considererei austero ed asfissiante ma che in questo caso mi restituisce calma e rilassatezza.
In definitiva si può dire che codesto visualbalocco costituisca un’esperienza che gli appassionati di jrpg dovrebbero almeno prendere in considerazione. È vero che è presente un senso di amatorialità in tanti aspetti così come è vero che ci vuole tanta pazienza per sopportare alcune sezioni narrative interminabili. Nonostante ciò il gioco vi delizia proiettandovi in un mondo serafico e composto, stupendo da vedere così come da vivere assaporandone l’esoticità, la raffinatezza ed appassionandovi alla narrativa Xianxia e alle vicende dei personaggi.
Voto assegnato da Fonzie
Media utenti: 8 · Recensioni della critica: 7.1
Sto in modalità fontana
The song is belong to the owner This is a fan made lyric, subtitle, and translation video just to let you enjoy, know the meaning and easier to sing along. The copyright of the son..
Non ci sono interventi da mostrare 😔