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IlvostroCaroArdy

ha pubblicato un'immagine nell'album Ardy lo tira fuori

Sguardo truce, cappellino da rapinatore, occhio che demolisce lo schermo, barbetta da boscaiolo in procinto di crescita.

Loli Hanta

Tokyo, distretto di Roppongi, 10 Novembre 2025, ore 22.47.

Le luci smeraldo scivolavano dall’alto come un’aurora artificiale, avvolgendo il palco in un bagliore sospeso tra sogno e teatro.
Al centro, come emersa da una fiaba cucita di raso, la giovane Momo stringeva tra le mani il microfono, ma non lo usava ancora. Prima giocava, esitava, incantava. Gonfiava le guance come una bambola capricciosa, un gesto semplice che però catturava l’intera sala.

Il suo vestito, un’esplosione di rosa e pizzi, sembrava vivo: strati su strati di tulle ondeggiavano a ogni minimo movimento, come petali presi da un vento immaginario. La luce si posava sui dettagli argentati, facendoli brillare come minuscole stelle incastonate nella stoffa.
Era grazia, ma anche gioco. Eleganza, ma con quella malizia leggera di chi si divertiva sul palco.

Alle sue spalle, il fondale luminoso pulsava con un ritmo lento, accompagnando l’attesa. Momo inclinava appena il capo, osservando il pubblico da sotto la frangia come se custodisse un segreto.
E per un istante sembrava davvero una creatura di zucchero e scenografia, un personaggio scivolato fuori da una favola pop, pronta a trasformare un gesto innocente in un incantesimo.

Il locale grande, caldo, immerso nel brusio, tratteneva la sua magia.
E quando lei stringeva le mani sul petto e lasciava affiorare un sorriso, la storia riprendeva a muoversi.

Io, me medesimo, il sottoscritto, il leggendario Loli Hanta, ero seduto al tavolo in prima fila accanto ad Avrei Potuto Salvarla. Sì, si faceva chiamare così, un nome che era già una storia. Portava il peso delle possibilità non realizzate con la stessa eleganza con cui reggeva il suo bicchiere di umeshu.

«Hanta,» disse guardando l'esibizione, «tu credi che si possa amare senza distruggere ciò che si ama?»

Lo guardai, serio. «Credo che amare significhi proprio esporsi al rischio della rovina. L’amore autentico non preserva, si dona. E ciò che si dona, si perde.»

Lui sorrise amaramente. «È per questo che Ceres Fauna è andata via, forse. Perché voleva essere amata senza essere consumata.»

«O forse,» replicai, «non ha capito che consumarsi è parte dell’essere vivi. L’amore non è eterno come pensano i poeti, è fragile come un bicchiere lasciato troppo vicino al bordo.»

Tacque. Poi parlò, con quella voce che era più colpa che suono:
«Sai cosa mi disse l’ultima volta? “Se mi amavi davvero, perché non hai fatto nulla?” E io... non avevo risposta. Solo silenzio e cuore lento.»

«Avrei potuto salvarla,» mormorò ancora.
«No,» risposi. «Nessuno salva nessuno. Si può solo amare, e sperare che l’altro scelga di restare.»

Fu allora che lo sguardo di Avrei Potuto Salvarla si perse tra le luci al neon della bottigliera. «E se l’amore fosse solo l’eco di una mancanza primordiale?»

«Allora siamo tutti orfani di qualcosa che non abbiamo mai avuto. Ma non per questo dobbiamo smettere di cercarlo.»

All'improvviso, la sala fu immersa in un temporale di luci viola, un mare elettrico che avvolgeva tutto: i tavoli, i bicchieri, i volti sfumati degli spettatori. Il locale vibrava come un cuore impazzito, pulsando al ritmo della musica, e in mezzo a quel bagliore quasi irreale apparve lei, una figura che sembrava scolpita direttamente dalla notte di Tokyo.

La performer avanzava tra i fasci di luce, il corpo modellato da ombre e riflessi. Non si muoveva semplicemente: danzava come se il mondo intorno fosse liquido, come se le note fossero corde invisibili che tiravano il suo respiro, il suo passo, il suo sguardo. Ogni gesto era un lampo, ogni curva un richiamo che attraversava il fumo del locale e catturava gli occhi di chiunque fosse abbastanza vicino da sentire l’aria cambiare.

Il neon alle sue spalle proiettava scritte e frammenti di colore, come se la città stessa la stesse annunciando. E quando il nome "SHA-NA" comparve enorme, bianco e pulsante, sembrò quasi un sigillo, un titolo impresso in quell’istante bruciante: non una persona, ma una presenza. Un’energia.

Tra il pubblico, nessuno parlava davvero. Le voci si perdevano, inghiottite dal ritmo insistente e dalla magia che lei portava interagendo con il pubblico. Era una donzella di luce viola e ombre danzanti, e la sua danza trasformava il locale in un piccolo universo dove il tempo non scorreva più: rimaneva sospeso, teso, vivo.

«Lo vedi, Loli Hanta?» disse Avrei Potuto Salvarla, poggiando il bicchiere sul tavolo. «Non si mostra per essere vista. Si mostra per essere guardata "senza essere capita". È una danza per confondere, non per chiarire.»

Annuii. «È come l’amore, no? Lo rincorriamo come se fosse qualcosa da afferrare, ma quando lo stringi troppo forte, ti resta solo il contorno. Sparisce il centro.»

«Sì. E ci resta la sagoma calda di un’assenza.»

«Io penso che l’amore vero sia sempre un po’ triste,» dissi. «Perché contiene in sé la possibilità della perdita. È come regalare un fiammifero in una notte di vento. Non sai se si accenderà, ma ci provi lo stesso.»

«È per questo che la gente ha paura,» rispose lui. «Perché non si può controllare. Non sai se l’altro resta, se cambia, se tradisce o se semplicemente… si stanca.»

La luce virò al blu. Un’altra signorina uscì, vestita da maid, reggicalze e pizzo nero. Mentre si muoveva con ironia tra i tavoli, la musica sembrava giocare col silenzio, più che riempirlo.

«Sai cosa mi spaventa davvero?» chiesi. «Che forse oggi non si ama più per conoscere l’altro. Ma per confermare noi stessi. Vogliamo solo qualcuno che ci dica che andiamo bene. Che non ci farà male. Che ci rispetterà. Ma senza il rischio, che amore è?»

Avrei Potuto Salvarla sorrise. Ma era un sorriso stanco, come uno che ha visto troppo e detto troppo poco. «È vero. Ci si innamora come si ordina al ristorante. Si sfoglia, si sceglie, si valuta il rischio di allergie. Ma non c’è più fame. C’è solo abitudine.»

«E invece l’amore dovrebbe togliere il fiato. Come il primo bicchiere a stomaco vuoto. Come queste danzatrici: ironiche, sensuali, ma mai disponibili per davvero. Ti fanno sentire il desiderio. Ma non te lo danno. Te lo lasciano addosso.»

Una danzatrice si fermò davanti a noi. Ci guardò per un istante lungo, carico di qualcosa che non si poteva spiegare. Forse compassione. Forse curiosità.
Con grazia lenta, senza dire nulla, tese la mano verso di noi. Io e Avrei Potuto Salvarla ci guardammo un istante, poi alzammo le mani, incerti. Lei unì le sue dita con le nostre, formando un piccolo cuore tremante, imperfetto, ma vivo.
Per un attimo, in quel gesto fragile, c’era tutto: la tenerezza, la distanza, l’illusione che bastasse un simbolo per colmare un vuoto.
Poi riprese a ballare, sparendo tra luci e ombre, come un sogno che non si fa afferrare.

«Hanta…» disse ancora, guardandomi serio, «tu credi che l’amore, quello vero, esista ancora?»

«Solo in chi accetta di perdere,» risposi. «Solo chi è disposto a lasciarsi toccare davvero. E farsi male. Ma poi restare.»

Poi rimanemmo lì, in silenzio, assistendo allo spettacolo fino alla fine. Le luci si abbassarono, il sipario calò, ma nessuno applaudì davvero. Non per mancanza di rispetto, ma perché certi istanti non si chiudono con un battito di mani.

Uscimmo nel freddo della notte di Tokyo senza dire molto. Le insegne tremolavano come pensieri irrisolti. Ma sapevamo, entrambi, che qualcosa ci era rimasto addosso. Forse non una risposta, né una verità. Ma uno sguardo nuovo.

E in fondo, era abbastanza.

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それゆけ63Angel 『バーレスク東京(Burlesque Tokyo)』は『ROKUSAN ANGEL(63Angel)』に屋号変更されました 👧 もも(MOMO)・ふたば(FUTABA) 👠 Love Me Like You 🕙 2025.04 🎥 4K60P ━━━━━━━━━━━━━━━━━━━ もも卒業公演 ももちゃんが踊る最後のラブミー! ━━..

Loli Hanta

ha pubblicato un'immagine nell'album POST PUBICI

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