Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Violenza nei videogiochi, bisogna conoscere i limiti - editoriale

Sparare a una folla di studenti senza alcun senso può essere divertente? È una domanda che emerge spontanea dopo che uno sviluppatore che Valve ha definito un "troll", noto come Ata Berdiyev, ha provato a far pubblicare su Steam un "simulatore di sparatorie di massa nelle scuole" dal titolo Active Shooter. I frequenti casi di cronaca nera che ci arrivano dagli Stati Uniti sono un contesto troppo delicato per un prodotto di questo genere. È subito scattata la denuncia di Infer Trust, associazione che fornisce supporto e consulenza a chi ha sofferto di violenza causata dalle armi. Difendendo il suo operato l'autore del gioco ha consigliato di "non prenderlo seriamente. È da prendere solo come una simulazione e nient'altro".



Si poteva vestire i panni sia dell'operatore SWAT che deve intervenire sia di chi, invece, sta sparando sugli innocenti. È soprattutto quest'ultima possibilità ad aver alzato il polverone.



C'è poco da dire: Active Shooter era un'operazione bieca, spudoratamente finalizzata a proporre soltanto degli asset di un motore grafico leggermente modificato per provare a guadagnare qualche soldo a costo quasi zero, una pratica nota come "asset-flipping". Il fatto, però, riporta alla luce un discorso che deve essere affrontato: quanto in là è giusto che il videogioco si spinga quando si tratta di rappresentare eventi reali di violenza? Siamo pronti per supportare e sopportare esperienze interattive che facciano della violenza gratuita legata a fatti reali un semplice divertimento? Soprattutto dovremmo mai essere pronti ad accettarlo?

Continua la lettura su www.eurogamer.it

13 luglio 2018 alle 17:10