Undercover (Stagione 1) - recensione
Limburgo, Belgio, plat pays, alberi da frutta, folti boschi e verdi pianure dove pascolano pacifiche mucche da latte.
Ma i maggiori frutti il Belgio li raccoglie in ben altri campi: 2 miliardi di euro l'anno per la produzione di 500 milioni di pasticche di ecstasy, distribuite in tutto il pianeta, dalle Americhe all'Australia (il prodotto nostrano, la mitizzata droga "dell'amore", ha un enorme mercato anche in Sud America, dove viene ripagata in cocaina).
Frutti che si portano dietro inquinamento da rifiuti tossici, sfruttamento dell'immigrazione, periodiche sanguinose rese dei conti fra bande. In Belgio, detto la Colombia europea, si svolge la storia raccontata nella serie televisiva Undercover, distribuita da Netflix, ispirata a fatti reali. Tutta la vicenda ruota attorno a Ferry Bouman (Frank Lemmers), il più grande produttore di ecstasy europeo, e sui due poliziotti che si infiltrano nel suo "cerchio magico", quel gruppo di persone amiche, delle quali anche il più diffidente delinquente non può fare a meno.
