Perché il Leone d'Oro a Poor Things di Lanthimos darà fastidio a molti e farà storia
A Venezia sembrava essere il film più amato dal pubblico della Mostra del Cinema, eppure all'interno delle discussioni del Lido emergeva una certa sfiducia nell'ipotetica vittoria. Poor Things, così come tutti gli altri lavori di Yorgos Lanthimos – che però, va detto, a Venezia ha sempre goduto di una grande stima -, era considerato eccessivamente fuori dagli schemi per trionfare in una manifestazione che certamente tende a premiare la qualità, ma non sfugge alle logiche di politica culturale che di solito condizionano le scelte in questo genere di eventi.
Nonostante le perplessità e a dispetto della quasi totalità degli altri riconoscimenti – assegnati in base ai criteri di cui sopra -, Poor Things ha invece portato a casa il premio più importante, il Leone d'Oro come miglior film.

Parte della critica cinematografica italiana, si sa, oscilla tra la smania di approvazione nepotista e una costante intellettualizzazione del cinema che sfocia in una specie di gara a chi scrive qualcosa di più alternativo, e non è difficile pensare che, allo stesso modo in cui è accaduto con l'Oppenheiemer di Nolan, da oggi questo film per qualcuno diventerà un bersaglio poiché ha incontrato il favore del grande pubblico, ma l'opera di Lanthimos è cinema nella sua essenza primordiale e in tal senso risulta uno dei trionfi – forse insieme a El Conde di Pablo Larraìn? – maggiormente giustificati nella storia della Mostra.
Il linguaggio di Poor Things è (re)inventato e dadaista, precede la parola e rifiuta ogni fatiscente edificazione del significato – nel film d'esordio del regista, non a caso, un padre barrica in casa i figli e racconta loro un mondo che non esiste cambiando il significato dei nomi che definiscono le cose -, gioca con gli elementi classici che compongono un film, ribaltandoli a proprio piacimento e senza una ragionevole motivazione, si configura quindi come qualcosa di molto lontano da quel cinema intriso di messaggi politici che è solito conquistare le cerimonie.

Nonostante avesse già ampliato il pubblico con The Lobster, questo per Lanthimos potrebbe rivelarsi l'autentico salto di quantità – la qualità è già appurata – verso un apprezzamento mondiale che forse aiuterà a regalargli una distribuzione più importante anche qui in Italia. Insomma, staremo a vedere, ma certamente ci troviamo di fronte ad una vittoria storica che incrementerà l'entusiasmo del pubblico in sala e farà storcere il naso ai sostenitori della verbosità intellettuale nella vita e nel cinema.
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