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Trobar clus

ha scritto una recensione su Shadowrun: Hong Kong

Cover Shadowrun: Hong Kong per PC

Una piccola perla

Anzi, piccola sarà la vostra testa di cazzo. Mi sono stufato di questa espressione usata a casaccio. La serie di Shadowrun non è una "piccola perla". Questi tre giochi, ma soprattutto Dragonfall ed Hong Kong, reggono senza problemi il confronto con opere più blasonate, come Pillars of Eternity o Divinity, e superano di diverse lunghezze qualsiasi cosa BioWare abbia fatto dopo Mass Effect 3.
So che non c'entra molto con il gioco in sé, ma mi dispiace che una serie che propone una scrittura tanto valida e un gameplay tanto divertente venga sminuita in questo modo. È un problema che accomuna altri due fra i giochi più belli che ho giocato quest'anno: Pentiment e Citizen Sleeper. Non sono piccole perle, sono capolavori.
Ora che mi sono tolto il dente guasto, com'è questo Hong Kong?
All'epoca dell'uscita molti ne erano rimasti delusi, e posso capire perché. Dragonfall, il gioco precedente, era un'opera praticamente perfetta, con scrittura al top, missioni tutte diverse, privo di riempitivi e con un gameplay semplice da comprendere eppure molto libero per quanto riguarda la costruzione della build.
Hong Kong spesso si avvicina alla grandezza di Dragonfall, ma propone meno guizzi. Le missioni sono tutte molto libere, alcune sono anche genuinamente divertenti per le situazioni che propongono, ma Dragonfall era proprio su un altro livello. Dovreste giocarci per capire come mai sia uno dei giochi più belli degli ultimi dieci anni (non sto assolutamente esagerando).
Però, una volta che abbiamo appurato questa cosa, Hong Kong rimane un gioco solido, che costruisce ed amplia sulla base dei due predecessori e propone personaggi interessanti, ambientazioni fuori di testa, sezioni nel cyberspazio rinnovate - anche se migliorabili - ed una trama che solleva come al solito tanti interrogativi sociali, sullo sfondo di una Hong Kong invasa da incubi collettivi e corporazioni corrotte.
Si viaggia sempre sul filo grigio della moralità, e non c'è un momento in cui i dialoghi diventino kitsch o patetici. È il tipo di scrittura cerebrale che piace a me. Alcuni si sono lamentati del fatto che in questo gioco i dialoghi siano troppi, anche in relazione alla media del genere. A me questa cosa non ha infastidito. Sono perlopiù dialoghi molto interessanti, anche se non tutti i personaggi sono alla pari. I comprimari, però, sono tutti, tutti bellissimi (pure qui, però, mi viene sempre in mente un capolavoro di personaggio come Glory, in Dragonfall - un picco che non è stato raggiunto a questo giro).
Il combattimento è semplice e il gioco non diventa mai dispersivo. In questo, Hong Kong mantiene inalterata la caratteristica che preferisco di più in questa serie: non sei mai sommerso di roba da fare. La coerenza narrativa non viene mai meno e tutto quello che ti viene proposto è pensato per essere innanzitutto interessante e divertente.
Niente fetch quest, niente open world, niente stronzate. Vero Pillars of Eternity e Divinity: Original Sin? Vero, Cyberpunk 2077?
In sostanza è un ottimo sequel che consiglierei, assieme agli altri due episodi della serie, a tutti i fan dei crpg, a tutti i fan del tabletop, a tutti i fan del cyberpunk e a tutti quelli che apprezzano le belle storie. Se sapete l'inglese.
Per questo, ancora una volta, mi incazzo quando sento parlare di "piccole perle". Perché piccole, se la loro realizzazione complessiva è superiore a quella di un qualsiasi AAA?