Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Su Cinema Land

Gruppo dove ognuno può recensire l'ultimo visto, postare gli ultimi trailer, consigliare i propri film preferiti ad altri utenti e scoprire cosa offre il magico mondo del cinema.

Zenzero

ha pubblicato un'immagine nell'album Cinema

Quando Annabelle uscì, nel 2014, venne accolto generalmente bene dalla critica e dal pubblico generalista, ma fu criticato da coloro che, forse più avvezzi al cinema horror, avevano amato le ultime fatiche di James Wan e speravano, con quello spin off diretto da Leonetti, in un prodotto che, partendo dalle premesse di The Conjuring, ne ampliasse il profilo narrativo arricchendo la storia originale, di per sé banale ma ben costruita, di personaggi che, come nel caso di Annabelle, erano stati da principio mostrati solamente di sfuggita, e contemporaneamente riproponendo i ritmi e i toni dettati da Wan nella serie originale da cui Annabelle nasceva. Un'impresa difficile, anche un po' inutile. Ancora oggi, a distanza di tre anni, non capisco il senso di dover delineare dettagliatamente il profilo di un personaggio che, nella storia del cinema, è sempre stato 'ambientale', parte integrante e immobile della tipica atmosfera da 'casa stregata', scevro da approfondimenti psicologici che nel cinema horror degli ultimi anni sembrano invece un obbligo morale, prima che cinematografico. Il cosiddetto 'spiegone', insomma. Annabelle per me è nato da subito sotto una cattiva luce, figlia di una mentalità tutta moderna di dover andare a presentare al nuovo pubblico cartella clinica e documenti di personaggi che invece proprio nella loro presunta mediocrità e nel mutismo che li caratterizza trovano la propria potenza scenica. Oltre a considerare che di per sé, l'horror di Leonetti era anche interessante nella messa in scena ma privo di ritmo e prevedibile in ogni sua soluzione narrativa, fino all'ultimo minuto di visione.

Se quindi il primo Annabelle nasceva con queste drammatiche premesse, del tutto inconcludenti e privi di risvolti imprevisti e convincenti, figuriamoci con quale umore, lo scorso lunedì, sono entrato in sala per vedere Annabelle 2, che ha persino la pretesa di spiegarci l'origine della ormai nota bambola demoniaca. Due premesse:

1) Il cinema horror lo guardo a prescindere, per cui anche se conscio del fatto che Annabelle 2 non mi sarebbe piaciuto, lo sono andato a vedere per puro arricchimento culturale, perché mi interessa seguire e studiare questo nuovo filone cinematografico un po' vintage, un po' New Age.
2) Il secondo capitolo di Annabelle è diretto da Sandberg, che per quanto fosse stato portato in alto da molti con Lights Out, a me non era piaciuto.

Parto, nel parlare di Annabelle 2, dalla seconda premessa. Sanbderg non è un incapace. Quando ha diretto il cortometraggio 'Lights Out' e poi il film tratto da questo, si è mostrato abile nel proporre una fotografia che si sganciasse dalle solite inquadrature spericolate e blande del cinema horror dell'ultima decade e ha portato a casa due lavori narrativamente inesistenti ma ricchi di un fortissimo impatto visivo. Il problema alla base stava nell'incapacità di trovare soluzioni narrative interessanti che non rendessero persino un film apparentemente fresco come Lights Out un costante deja vu, in cui sì, cambia la minaccia presentata, cambiano i ritmi di montaggio, ma lo svolgimento, lineare e piatto, rimane il medesimo di ogni altro film sotto la sufficienza appartenente a questo genere. E così, come in Lights Out una figura sconosciuta e maligna che compare alla luce diviene gradualmente una figura dal profilo preciso, dettagliato in ogni suo aspetto, anche Annabelle, bambola inquietante per il male incomunicabile che riusciva a trasudare dal solo lento movimento della parti che la componevano, si arricchisce non di una storia, ma di ben due storie, forse anche tre (se contiamo la primissima bambina, la figlia dei Mullins) che si mescolano in una vicenda lineare, prevedibile, che nulla ha a che vedere con la tradizione horror a cui Wan originariamente voleva rifarsi (e cristo sa perché abbia prodotto questi due film), che butta nel cesso la tensione per mostrarci un demone disegnato con paint che fa roteare persone per aria, per poi sbatterla da un muro all'altro, trascinarla con la sola imposizione delle mani, che si diverte a chiudere e aprire porte, far partire della piacevole musica popolare anni '30 (MAI usata nel cinema horror, mai..), ma alla fine.. non impaurisce mai. Chiariamoci, la regia più 'classica' di Sandberg, le luci magnifiche che richiamano a quelle del cinema horror muto (Annabelle costantemente illuminata da una luce priva di origini, per esempio) e la recitazione convincente di tutto il cast aiuta di molto a rendere questo prequel un lavoro per lo meno meglio impacchettato del primo Annabelle.. però boh. Sarà che dall'horror cerco sempre qualcosa di più della semplice scarica d'adrenalina, sarà che in questo Annabelle 2 qualche jumpascare ben piazzato c'è, ma non alza il film di mezza tacca, sarà che la fotografia di Maxime Alexandre è maestosa ma tutto il resto fa pena, sarà che Sandberg forse si diverte a creare personaggi sulla carta magnifici ma poi bruciati (pare autolesionismo ogni volta) ma l'unica cosa che mi viene da pensare è questa: se con le critiche del pubblico al primo Annabelle avevo cominciato a nutrire fiducia nel senso critico dello spettatore medio, con gli straelogi di Annabelle 2 devo ricredermi. Date al pubblico una fotografia quasi impegnata, una storia quasi profonda, dei personaggi quasi approfonditi e una musica quasi paurosa e il successo sarà assicurato.

Come disse un uomo saggio, anni fa: il futuro è quasi.