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Lapassionedelverogamer
Cover Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty - Master Collection Version per Xbox Series X|S

I giocatori hanno un cervello, perché non farglielo usare?

"Comunque vedi che MGS2 è anche meglio del primo"
E io dicevo "No Luca no (cit.), non è possibile"
Invece era vero. O meglio, sono entrambi capolavori da 10, ma Metal Gear Solid 2 l'ho trovato ancora più all'avanguardia. Sì, anche (e soprattutto) ai giorni nostri. Non serve che io faccia una panoramica del gioco, è irrilevante e meglio che chi non lo ha giocato lo faccia totalmente blind. Sappiate che è una Madonna di gioco in tutto e le uniche cose che non mi hanno fatto impazzire, rispetto al primo MGS, sono le boss fights. Per il resto, giocatelo e basta, ovviamente dopo il primo perché è indispensabile per godersi questo. Non informatevi, non cercate niente che rischiate solo di spoilerarvi roba senza saperlo. Giocate e basta, senza pensieri sisi.
Piuttosto, cosa ho provato giocando Metal Gear Solid 2 nel 2025?
Stupore e sconforto.
Il primo, per ovvi motivi. A parte una trama che ti frigge il cervello (ma chiara come l'acqua e super comprensibile) e con dei dialoghi meravigliosamente profondi, MGS 2 presenta un avanzamento tecnico che stupisce ancora oggi. E non parlo solo di cose "estetiche", come le bottiglie che si rompono in base a dove colpisci, ma anche soluzioni di game design. Ti sparano? Sanguinerai e i nemici ti troveranno seguendo il sangue. Il riflesso nello specchio? Ti serve per trovare qualcosa per la missione. L'IA? Credo sia tra le migliori di sempre, sicuramente al di sopra del 99% dei giochi di oggi. Usi i proiettili tranquillanti? In base al punto del corpo dove spari, il nemico si addormenta subito o ci mette un po' per farlo. E potrei andare avanti con mille altri esempi, davvero.
Oltre a ciò, il gioco rompe i paletti da videogioco. Mi è capitato di rimanere bloccato interi minuti perché non capivo come andare avanti in certe sezioni. Ecco, nei giochi di oggi tu devi capire come lo sviluppatore vuole che tu superi l'enigma che ha creato. Magari tu trovi una soluzione, ma i devs non lo avevano previsto e allora ti si spegne il cervello e si rompe l'immersione. Sono enigmi brainless, un paradosso.
In MGS 2, tu devi chiederti "Cosa farei io, se fossi lì?". E quella è la soluzione. Sempre, perché c'è vera fisica e vera interazione ambientale. Devi uscire dai paletti che ti impongono i videogiochi e usare la tua testa.
Faccio un unico esempio, per non fare spoiIer. Oh no, il ponte aveva i blocchi che, appena ci passavi sopra, cadevano. E ora come torno indietro? Primo pensiero: devo ripararlo trovando qualcosa. Aspetta, fammi pensare con la mia testa. Ma se mi aggrappo al lato, strisciando? Incredibile, ci passo! In un gioco di oggi, ne avrebbero approfittato per allungare il brodo a farti riparare sto caz di ponte. MGS 2, invece, con classe ti dimostra che è meglio usare il cervello e ti diverti anche di più.
E da qui, si è generato anche lo sconforto. Perché MGS 2 dura una quindicina di ore. Poi devo tornare al gaming di oggi e so che non vedrò queste cose.
Sia ben chiaro, io sono un grande estimatore del gaming moderno. Non sono tra quelli che dicono "Oggi è tutta merda" oppure "In altri tempi era tutto meglio". Però, quando vedo certe cose in un gioco di 24 anni fa, penso che oggi gli sviluppatori non hanno più voglia di fare il loro lavoro. Non sfruttano l'hardware per creare qualcosa di avanzato, non provano a far immergere il giocatore e a metterlo in difficoltà con la logica. No, questo lo fanno solo alzando il danno dei nemici dal 50% al 100%. Non c'è più il desiderio di giocare con il gioco che stanno creando, e spesso si vede. Io guardo MGS 2 e vedo che Kojima & co si sono divertiti a svilupparlo.
Oggi, invece, sembra che tanti titoli vengano sviluppati con pigrizia e paura che la gente droppi il gioco. Tocca sentire scuse sul perché non si può fare un'IA migliore, la fisica etc.... Signori, 2001, PS2, facevano questo e voi volete farmi credere che su PS5 non siete capaci almeno di REPLICARE quello che facevano su un hardware di 20 anni fa?

10

Voto assegnato da Lapassionedelverogamer
Media utenti: 10

ChrisMuccio
Cover The Legend of the Mystical Ninja per Snes

Sebbene largamente sconosciuta in occidente, agli inizi degli Anni ‘90 Ganbare Goemon si era già affermata in Giappone come una delle serie di punta Konami, ottenendo pregevoli consensi di critica e pubblico con i vari giochi comparsi su Famicom/NES. Con l’avvento del Super Nintendo, però, Konami volle allargare i suoi orizzonti e per la prima volta un Ganbare Goemon arriva anche in occidente con il nome di The Legend Of The Mystical Ninja, seppur con tempi piuttosto lunghi: uscito sul suolo nipponico nel 1991, gli USA lo riceveranno l’anno successo mentre l’Europa dovrà aspettare addirittura fino al 1994 prima di metterci le mani sopra.
Complice forse la sua natura fortemente radicata nella cultura nipponica, The Legend Of The Mystical Ninja non ottenne grossi successi al punto da spingere Konami a convertire anche i successivi capitoli per SNES, se non altro almeno i fan americani ed europei si sono potuti godere un brillante Action/Adventure con elementi Platform che nulla aveva da invidiare ai nomi più popolari di quegli anni.

L’avventura ci mette nei panni di Goemon ed Ebisumaru (nei porting occidentali noti rispettivamente come Kid Ying e Dr. Yang) che, dopo aver indagato su strani fenomeni spettrali accaduti nel loro villaggio, scoprono che la Principessa Yuki è stata rapita dall’Esercito Optafu, mettendosi dunque in viaggio attraverso il Giappone nel tentativo di salvarla.
Che si giochi in solitaria o in multiplayer cooperativo la sostanza non cambia: Mystical Ninja è un titolo che tiene da subito incollati allo schermo grazie alla sua immediatezza nel gameplay e nei controlli, a uno stile grafico affascinante e musiche di grande atmosfera. Ogni livello di gioco è suddiviso in due parti: la prima è incentrata nell’esplorazione delle varie città con movimenti piuttosto liberi, con anche qualche piccolo compito o rompicapo da risolvere per proseguire alla seconda fase e con numerosi negozi con cui interagire per ottenere risorse o potenziamenti aggiuntivi oppure per intrattenersi con vari minigiochi. Nella seconda parte l’azione diventa da puro Platform 2D side-scrolling con ulteriori trappole ed ostacoli da affrontare e le immancabili Boss Fight creative e stimolanti con cui intrattenersi.
In entrambi i casi i nostri eroi si confronteranno costantemente con orde di nemici un poco alla volta sempre più ostili ed imprevedibili. E la difficoltà generale dell’avventura Konami non è certo di quelle più abbordabili: Mystical Ninja è infatti un gioco impegnativo già dalle prime fasi della partita e con il passare degli stage si fa sempre più ostico, richiedendo dunque al giocatore di dare sfoggio di tutta la sua abilità in combattimento con tanto di riflessi pronti nel tentativo di massimizzare i danni e limitare il più possibile la perdita di energie vitali. La sfida generale sa regalare grandi soddisfazioni, sebbene forse il respawn dei nemici sia un po’ troppo eccessivo con il rischio di generare qualche momento di frustrazione.

A parte ciò, comunque, il primo Ganbare Goemon per SNES si dimostra un prodotto di elevata caratura: è fresco ed originale quanto basta per garantire sempre gradite sorprese ad ogni livello, limitando al massimo qualunque tipo di ripetizione ma anzi offrendo ogni volta al giocatore nuove sfide ed ostacoli con cui cimentarsi. Ciascun livello gode di una propria caratterizzazione peculiare e di conseguenza è un vero piacere scoprire cosa Konami ha messo in serbo per i fan nell’arco di tutta la partita. Tecnicamente non siamo davanti a un gioco particolarmente lungo ed i titoli di coda si potrebbero raggiungere in 3 o 4 ore, ma la difficoltà generale tendente verso l’alto sicuramente porterà più giocatori ad impiegarci più tempo e molteplici partite prima di arrivare al meritato epilogo.

Poco ma sicuro, siamo davanti a uno dei migliori giochi Konami per Super Nintendo: The Legend Of The Mystical Ninja non si sarà imposto tra i titoli più popolari dell’epoca SNES, ma di sicuro è divenuto un titolo di culto meritevole di essere riscoperto in tutta la sua originale bellezza.

8.5

Voto assegnato da ChrisMuccio
Media utenti: 7.8

ChrisMuccio

ha scritto una recensione su Cocoon

Cover Cocoon per Nintendo Switch

Cocoon è un Adventure/Puzzle geniale, intuitivo e coinvolgente, destinato a farsi sempre più complesso con il passare del tempo ma proprio per questo sempre più stimolante. E non poteva essere altrimenti con Jeppe Carlsen come director, la stessa mente dietro i già acclamati Limbo e Inside, veri e propri punti di riferimento per il genere.
Cocoon però vuole andare ancora oltre i suoi “predecessori” presentandosi come un’avventura tridimensionale con visuale dall’alto che lascia al giocatore una libertà ancora più marcata, esplorando attentamente gli scenari circostanti alla ricerca di indizi, punti di riferimento e intuizioni su come risolvere i numerosi rompicapi che si incontrano lungo il cammino, attraverso un viaggio che si fa sempre più brillante passo dopo passo.

Nei panni di una creatura umanoide simile a un insetto, ci muoveremo attraverso mondi desolati alla ricerca delle Sfere (quattro in totale) necessarie per proseguire lungo il cammino e risolvere i numerosi enigmi che ci attendono. Ma quelle Sfere non sono in realtà oggetti qualunque: contengono ulteriori mondi esplorabili che il protagonista può raggiungere attraverso specifiche postazioni, dandogli accesso a nuovi scenari e soprattutto a rompicapi un poco alla volta sempre più complessi considerato che, a seconda di come si sposta da un mondo all’altro, la creatura può portare con sé le sfere stesse e sfruttarle per sbloccare nuovi percorsi e superare ostacoli sempre più enigmatici. Per farla breve, è come se fossimo davanti a una sorta di Inception videoludico, con mondi all’interno di altri mondi ancora e che possiamo incastrare tra loro per capire quale strada seguire per risolvere ciascun rompicapo.

Le Sfere sono inoltre dotate di specifiche proprietà che si possono attivare una volta raggiunti specifici punti: quella arancione permette di creare percorsi, la verde fa comparire e scomparire pilastri da sfruttare per raggiungere aree verso l’alto o il basso, quella viola può rigenerarsi continuamente raccogliendo specifici oggetti del medesimo colore e infine la bianca permette di sparare raggi di luce che possono attivare pulsanti o anche rimbalzare sugli specchi. Sfruttare le caratteristiche peculiari di ogni Sfera è un elemento fondamentale per la risoluzione della maggior parte degli enigmi disponibili, spingendo il giocatore a usarle in maniera un poco alla volta sempre più originale e creativa. Negli scenari ci sono comunque altri elementi con cui interagire, necessari per spostare determinate piattaforme in modo così da creare nuovi passaggi. Di tanto in tanto si interagirà anche con una piccola, misteriosa creatura illuminata di giallo così come piccole postazioni mobili senzienti a cui affidare le Sfere, tutti aspetti che contribuiscono ad offrire ogni volta rompicapi freschi e diversificati limitando il più possibile qualunque ripetizione nei concept alla base degli enigmi.

Chiaro, qualche spunto tende ogni tanto a riproporsi (come gli indovinelli musicali necessari per liberare la creaturina gialla), ma nel complesso l’intera avventura ha sempre qualcosa di diverso da offrire, con il giocatore sempre più curioso di vedere cos’altro Carlsen ed il suo team a Geometric Interactive si è inventato. Ci sono addirittura delle Boss Fight alla fine di ogni mondo, ma non si tratta di combattimenti in senso stretto: anche in questo caso tali nemici (gli unici che incontreremo lungo tutto il gioco) vanno sconfitti con l’astuzia ed i riflessi pronti, studiando con attenzione l’ambiente circostante per capire come indebolirli con le risorse che ci circondano. In caso però questi avversari dovessero catturarci, ci butteranno fuori dai loro mondi e dovremo di conseguenza ricominciare lo scontro. Le Boss Fight sono un vero spettacolo per come sono strutturate, e funzionano talmente bene che quasi dispiace siano sostanzialmente poche.

Ma in generale è l’intero Cocoon a funzionare meravigliosamente: i rompicapi sono disegnati in maniera brillante e spingono per davvero ad usare il cervello e pensare in certi casi anche fuori dagli schemi pur di trovare la soluzione ad ogni problema. Il gioco tende ad essere molto intuitivo per gran parte dell’avventura e dunque difficilmente si resterà bloccati a lungo in un determinato punto. La fase finale però, una volta che tutte le Sfere sono a disposizione, è talmente complessa ed intensa che forse più di un giocatore potrebbe incontrare qualche difficoltà nel capire come muoversi, ma questa impostazione non è comunque da intendersi come un difetto, bensì come un’altra testimonianza della grande creatività che permea la produzione. L’unico peccato è che forse finisce un po’ troppo in fretta, in 4 o 5 ore massimo, ma dato il tipo di gioco proposto forse una durata così esigua è in realtà una mossa azzeccata che ha permesso agli autori di poter concentrare assieme tutte le idee migliori evitando di offrire situazioni ripetitive o annacquate.

Cocoon è un’opera notevole anche per la sua direzione artistica, con mondi affascinanti ed evocativi che godono di una caratterizzazione piuttosto unica ed ulteriormente valorizzata da un comparto grafico artisticamente di alto livello. La versione Switch soffre purtroppo di alcuni cali di framerate in particolare giocando in portabilità, ma nulla che comunque vada a compromettere l’efficacia ludica dell’opera. Le musiche sono pensate per creare atmosfera e rendere il nostro viaggio ancora più immersivo, e di conseguenza il loro ruolo, seppur puramente di sottofondo, si può considerare riuscito.

Carlsen ha dunque fatto centro ancora una volta: Cocoon è una perla imperdibile per chi ama i rompicapi stimolanti e pensare anche oltre gli schemi, ritrovandosi a vivere un’esperienza che arricchisce la mente regalando al tempo stesso grande intrattenimento.

9

Voto assegnato da ChrisMuccio
Media utenti: 9

ChrisMuccio

ha scritto una recensione su The Messenger

Cover The Messenger per Nintendo Switch

Quello di The Messenger è un caso decisamente particolare. L’Action/Platform del team canadese Sabotage Studio avrebbe in teoria tutte le carte in regola per rivelarsi un prodotto eccezionale, e soprattutto nella sua prima metà dimostra di avere qualità da vendere. Non è magari il titolo più originale sulla piazza e si nota in maniera evidente il suo richiamo agli originali Ninja Gaiden per NES, ma guidato da un level design brillante, una sfida stimolante e una struttura a livelli ottimamente bilanciata, ecco che The Messenger riesce facilmente a tenere incollati allo schermo.

Tutto funziona in maniera egregia, dai comandi impeccabili al Platforming che funziona a meraviglia, con anche una progressione del nostro guerriero ninja che prosegue in maniera armoniosa grazie a un albero delle abilità ben sviluppato e le tecniche a disposizione che donano una maggior varietà al gameplay. A tutto questo si aggiungono Boss Fight che sanno rivelarsi creative e stimolanti, con pattern da studiare con attenzione per comprendere al meglio come contrastare ogni avversario, fino a un focus anche sull’esplorazione che sa ricompensare chi vuole setacciare a fondo ogni singolo angolo del gioco. A rendere The Messenger un prodotto ancora più avvincente ci pensa la sua atmosfera dai toni umoristici spesso geniali, merito soprattutto del mercante che fa del sarcasmo e della battuta pronta i suoi tratti peculiari dando vita a scambi memorabili con il protagonista, “il messaggero” incaricato di viaggiare verso Est di un mondo incantato e di portarlo in cima alla sua montagna più alta. Nel suo piccolo la storia sa anche regalare qualche momento coinvolgente e colpo di scena inaspettato che rende il nostro cammino ancora più interessante, nel frattempo che si interagisce con buffi personaggi capaci di strappare ulteriori sorrisi e pure qualche risata grazie a genuini dialoghi umoristici e qualche momento surreale.

Insomma, per le prime ore The Messenger sembra essere a tutti gli effetti un’opera eccezionale, un Action/Platform dall’impostazione apparentemente lineare ma con scenari comunque abbastanza ampi e ricchi di segreti da rivelarsi sempre stimolanti e con un gameplay certosino che si fa amare facilmente.
Poi però, all’improvviso, The Messenger si stravolge nelle sue fondamenta e si trasforma in un’avventura in stile Metroidvania con tanto di backtracking continuo tra gli scenari giù esplorati e lo sblocco di nuove aree sempre più complesse con l’obiettivo di trovare ulteriori oggetti chiave necessari per arrivare al vero finale del nostro viaggio. Ed è qui che sorgono i problemi.
Ora, le qualità ludiche alla base di The Messenger restano comunque intatte e con tutto il necessario per regalare sempre un piacevole intrattenimento, tuttavia la virata verso una struttura Metroidvania fa emergere una semplici di limiti e complicazioni che finiscono con il penalizzare un’opera altrimenti memorabile. Il backtracking ad esempio si fa eccessivo e molto spesso capire come proseguire nella storia è anche fortemente criptico nonostante sulla mappa ci siano pure indizi ben visibili sui prossimi obiettivi da raggiungere.
Il costante viaggio avanti e indietro lungo l’intero mondo di gioco, solo parzialmente smorzato da qualche Fast Travel sparso, rende dunque la seconda parte dell’avventura fortemente ripetitiva e con il rischio anche di farsi stancante in alcuni momenti. Le aree extra non aggiungono nulla di concreto alla formula ludica e in certo casi si distinguono anche per una difficoltà non sembra bilanciata al meglio, e si procede dunque verso le fasi finali con meno entusiasmo rispetto agli inizi. Ed è davvero un peccato che questa transizione non è stata gestita nella maniera più brillante possibile, con la stessa forza e creatività che ha invece caratterizzato la prima parte magari concettualmente più semplice ma al tempo stesso ben più compatta e con una direzione molto più chiara. Ma la bellezza della prima metà resta indiscutibile, precisando al tempo stesso che comunque The Messenger non è che diventa all’improvviso brutto, nulla di tutto questo: semplicemente colpisce con meno vigore e forse a quel punto era magari meglio continuare sullo stile iniziale creando magari qualche altro stage aggiuntivo.

Se c’è però un aspetto dove l’opera firmata Sabotage Studio rimane sempre eccezionale, quella è la sua affascinante direzione artistica che offre tra l’altro la chicca di un doppio comparto grafico: la possibilità di passare da uno stile 8-bit nelle sequenze ambientate nel passato ad uno 16-bit per le parti legate al futuro. La cosa bella è che The Messenger è visivamente meraviglioso in entrambi i modi, con gli autori che hanno saputo valorizzare al meglio il loro mondo di gioco con le due vesti grafiche conferendo loro un’unicità ben marcata. Ciò si riflette anche nell’accompagnamento musicale realizzato sempre attraverso i due differenti stili, ma nella sostanza non cambia nulla: la colonna sonora è spettacolare da sentire e rende il nostro cammino ancora più coinvolgente.

Preso dunque nell’insieme di tutte le sue componenti, The Messenger è una pregevole produzione, di quelle che sanno come intrattenere e con tanta personalità da vendere tra personaggi, giocabilità e direzione estetica. Resta però il rammarico per l’essersi perso un po’ per strada al momento di trasformarsi in un’avventura in stile Metroidvania, facendo emergere limiti piuttosto netti. E così, quello che poteva essere un Action/Platform degno dell’eccellenza rimane “solo” un ottimo gioco, che comunque non è poco.

8

Voto assegnato da ChrisMuccio
Media utenti: 8 · Recensioni della critica: 8.4

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