Diciamolo subito: Death Or Treat è uno degli Action/Platform Roguelike meno convincenti sulla piazza. L’opera targata Saona Studio qualche spunto ce l’aveva pure e in termini di atmosfere suscita simpatia per lo stile umoristico e parodistico che lo caratterizza, ma la sostanza latita lasciandoci tra le mani un’avventura che non riesce mai a brillare e non si dimostra nemmeno bilanciata con grande intelligenza.
Nei panni di Scary, un fantasmino proprietario del GhostMart a rischio bancarotta, dobbiamo salvare la città di HallowTown dalla droga Storyum diffusa Clark Fackerberg, creatore di FaceBoo! Che sta lobotomizzando tutti i cittadini con la sua sostanza. Armato inizialmente con poche risorse, un poco alla volta Scary si farà strada tra varie multinazionali come Darkchat, RipTok e Deviltube fino ad arrivare a Faceboo! e prepararsi allo scontro finale con il malvagio Fackerberg.
Simpatia per le tante citazioni e parodie a social network e personaggi famosi a parte, di base anche il gameplay pur senza strafare funzionerebbe trattandosi di un classico Action/Platform, tra un ritmo nel complesso azzeccato, un costante mix di combattimenti ed esplorazione, e tanti nemici in massa con cui battersi. Però sostanzialmente i pregi di Death Or Treat finiscono qui, perché per il resto non c’è nient’altro capace di brillare.
Non convince ad esempio la struttura Roguelike, poco elaborata e che scade troppo velocemente nella ripetitività: i quattro mondi di gioco sono infatti composti da poche stanze che si ripetono in continuazione senza varianti particolari, ed anche la scarsa varietà di nemici (sostanzialmente sono tutti molto simili tra loro tra un livello e l’altro) non aiuta a rendere più coinvolgente il gameplay. Di base, tra l’altro, l’avventura appare anche abbastanza semplice una volta capito come fronteggiare i vari nemici presenti e pure i deludenti boss: giusto le primissime run possono sembrare più impegnative data la debolezza del nostro protagonista, con vitalità limitata ed equipaggiamenti molto rudimentali. Sbloccando però nuove armi e potenziamenti alle magie ed alla salute, però, ecco che il nostro viaggio si fa un poco alla volta sempre più accessibile, quasi come se non ci fosse più sfida, ed anche eventualmente ripetere la run dall’inizio si rivela molto più sbrigativo.
Peccato però che queste run non riescano mai ad appassionare: oltre la costante ridondanza degli scenari non sorretti da un’adeguata struttura procedurale delle mappe, sbavature nelle collisioni e una componente Platform non programmata al meglio rendono in alcune circostanze tedioso il nostro cammino.
Non convince nemmeno la forte randomicità con le quali si ricevono le ricompense, le risorse da accumulare per sbloccare un poco alla volta sempre più potenziamenti e nuovi equipaggiamenti sempre più forti. Le risorse richieste per ottenere anche solo le prime migliorie sono generalmente onerose e costringono a dover rigiocare costantemente ogni livello nella speranza di riuscire a trovare esattamente gli ingredienti di cui abbiamo bisogno per avanzare, cosa non sempre così immediata data la casualità che caratterizza le ricompense. Nell’hub principale di HallowTown si sblocca in realtà pure un emporio dove recuperare più in fretta le risorse più importanti, ma anche in questo caso è comunque necessario aver accumulato quanti più ingredienti possibili per effettuare gli scambi con il negoziante. Questa struttura così onerosa delle meccaniche Roguelike, unita alla scarsissima varietà dei livelli che, oltre ad avere poche stanze, non offrono nemmeno alcun particolare segreto con cui intrattenere il giocatore, è ciò che inevitabilmente affossa Death Or Treat rendendolo un’avventura mediocre e con ben pochi sussulti, che non convince nemmeno per le limitate opzioni offensive del protagonista e per il suo inventario di armi e magie che non comporta chissà quale stravolgimento all’azione lasciando spazio alle sperimentazioni.
Death Or Treat non è neanche così bello da vedere, complice una caratterizzazione visiva delle ambientazioni piuttosto anonima e priva di mordente al di fuori delle citazioni parodistiche. La versione Nintendo Switch, specialmente giocando in portabilità, non gode di un framerate stabile e ben sostenuto, e non mancano nemmeno occasionali bug, glitch e crash che vanno a compromettere l’esperienza offerta dal gioco. Al contrario l’accompagnamento musicale si rivela piacevole, con brandi dai toni fiabeschi che si sposano bene con il tipo di gioco proposto ed i suoi toni leggeri. A conti fatti le musiche sono probabilmente l’aspetto migliore di tutta la produzione, ma di certo non possono risollevare le sorti di una produzione pensata male.
Death Or Treat lascia un forte amaro in bocca e perde il suo mordente molto in fretta. Una volta visti tutti e quattro i livelli l’opera Saona Studio ha finito le sue poche cartucce e tutto ciò che resta nelle mani dei giocatori è uno dei Roguelike più inconsistenti che il panorama indipendente abbia mai offerto. Lasciate perdere se non vi piace il genere, ma pure se lo amate fateci al massimo una veloce partita, quanto basta per capire che Death Or Treat non funziona bene in nulla e fa desiderare di avere tra le mani un altro Roguelike molto più intrigante.
Shinichi Kudo
Peccato