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Videogiochi: perché se ne parla sempre male? - editoriale

Si direbbe che con un mercato che macina profitti più dell'industria musicale e di quella cinematografica (94 miliardi di dollari per i videogiochi nel 2016 secondo Superdata) i videogiochi meriterebbero perlomeno qualcosa di più dal punto di vista dell'immagine pubblica. Eppure, se si tratta di fare una discussione seria riguardo a questo medium, i "giochini" vengono spesso coinvolti quando bisogna considerare l'aspetto negativo. Come se ormai avessero una connotazione difficile da togliere, o forse perché sono un capro espiatorio facile e quindi non conviene farlo (ancora).



Su Electronic Arts e come ha trattato le microtransazioni abbiano scritto fiumi di parole. Ora, però, il terreno di gioco è cambiato. Se ne sta parlando già in Belgio, nelle Hawaii e anche in Francia, dove le loot box, che generano casualmente un "premio" pagandole anche in denaro contante, vengono messe alla gogna. La proposta è che siano trattate come gioco d'azzardo e in quanto tali regolamentate come poker, lotterie e scommesse.



In Belgio la commissione gioco ha avviato un'indagine e il risultato è che "mischiare monete e dipendenza è un azzardo. Mischiare azzardo e videogiochi, specialmente in giovane età, è pericoloso per la salute mentale di un ragazzo", secondo il ministro della Giustizia Koen Geens. In definitiva "vogliamo sicuramente vietarle". Una posizione netta sull'argomento.

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22 novembre 2017 alle 12:50

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