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I videogiochi visti da chi non è un gamer, una riflessione interessante

Uno degli ultimi video di Corrado Cozza, conosciuto nel web come Dadobax, è andato a colpire un dettaglio dell'esperienza videoludica che esula dalle nostre attività quotidiane. Se infatti noi facciamo parte della folta schiera di appassionati che mangiano, respirano e pensano quasi solo ai videogiochi, c'è una enorme fetta di popolazione che di gaming non ne sa nulla. Nemmeno videogioca, o almeno non su console e PC, magari nemmeno coni titoli gratuiti da smartphone.



Il video di Dadobax va a puntare sulla sua sfera personale. La sua ragazza è una non-gamer, ma appassionata di serie TV e film. Le è quindi stato proposto di scegliere tra alcuni videogiochi che Corrado ha apprezzato nella sua vita. La scelta è caduta su The Last of Us, in versione PlayStation 5.



Nel corso del video Dadobax spiega che ci siano stati numerosi sputi di riflessione, ma tre sono quelli che hanno segnato maggiormente la sua esperienza di gioco.



La narrazione



The last of Us è stato, sin dal momento del suo lancio su PlayStation 3 nel 2013, definito come l'anello di congiunzione tra cinema e videogiochi. Un po' la stessa cosa accadeva nei tre Uncharted, ma qui si passava a un altro livello. Quello che a Letizia, la ragazza di Dadobax, ha particolarmente colpito è stata tutta la fase interattiva.



Queste fasi infatti, in cui è possibile attivare i dialoghi, esplorare con calma le ambientazioni e quasi respirare gli stessi odori presenti nel gioco, sono state molto apprezzate. Questi momenti sono, al contrario, quelli che magari alcuni giocatori hanno colto meno, vogliosi di proseguire nella storia. La possibilità di potersi muovere nel mondo e prendersi il proprio tempo è stata una rivelazione rispetto ai tempi serrati del cinema. Dadobax afferma che questa spiccata interattività ha fatto innamorare la sua ragazza del gioco.



L'orientamento



Quello che è risultato evidente nella ricerca dei titoli da far provare a Letizia, è stata un costante problema di orientamento. Infatti, quello che puntualmente succedeva una volta terminato il prologo era la comparsa della domanda: “e ora cosa devo fare? Dove devo andare?“. Quello che è evidente nei grandi videogiochi moderni è che questi hanno mappe molto grandi e tendono a essere dispersivi. Nei giochi più lineari o direttamente “a corridoio” si hanno sempre chiare tre cose: cosa si sta facendo, perché lo si sta facendo e dove si sta andando.



Questo è particolarmente evidente con una riflessione che viene posta. Se fosse facile realizzare videogiochi lineari e con ambienti limitati, con una grande storia a supporto e un gameplay convincente, ci sarebbero molti grandi giochi di questo tipo. Invece, dice Dadobax, nell'ultimo decennio non così tanti possono vantarsi di avere avuto il successo di TLOU. Tra questi possiamo citare la serie Uncharted, Bioshock Infinite, Titanfall 2 e God od War III.



Accessibilità



L'accessibilità nei tempi moderni è sempre più rivolta a una platea di persone con disfunzioni motorie, visive o di altra natura che possono compromettere l'esperienza di gioco. Gli sviluppatori vogliono quindi sempre più includere anche queste persone nei loro piani. Quello però che spesso può essere appannaggio di alcune categorie non è per forza vietato anche ad altri. Infatti, anche a titolo personale, mi è capitato di utilizzare alcune funzioni di accessibilità in God of War Ragnarok.



Nel caso di Letizia, Dadobax spiega che lei ha avuto grandi problemi con la gestione della telecamera in fase di esplorazione e soprattutto in fase di mira. Succedeva, come conseguenza, che la povera ragazza subisse colpi ancora prima di poter riuscire a mirare verso il nemico. In questo caso la funzione moviola permetteva di attivare un rallenty in fase di mira, dando il tempo di mirare e sparare colpi a segno.



Nell fasi iniziali, in cui questa funzione non era attiva, lei si trovava impossibilitata a mirare e risolveva il tutto con delle sane scazzottate. Non che sia sbagliato, ma di certo privarsi di una parte del gioco eliminando le armi da fuoco è senza dubbio poco piacevole. Inoltre, la frustrazione di non riuscire a mirare andava a rendere fastidiosa l'esperienza generale. Ben vengano quindi, anche per i giocatori meno esperti, le opzioni di accessibilità.



La nostra idea



È sicuramente sempre bello poter vedere qualcuno che si approccia alla nostra passione senza mai esserne stato in contatto. Penso ad esempio a dei casi eclatanti come i nostri genitori, i nostri nonni o più semplicemente a degli amici completamente disinteressati. Poter dar modo a delle persone di gustare titoli che hanno fatto la storia del gaming è un po' come per noi guardare uno dei capolavori del cinema. Mi vengono in mente “C'era una volta in America” o “Il Padrino”. Quindi, vedere le cose da un punto di vista diverso è una esperienza rinfrescante, nuova e che vale sempre la pena vivere.




L'articolo I videogiochi visti da chi non è un gamer, una riflessione interessante proviene da PlayStationBit 5.0.

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14 gennaio 2023 alle 19:10

Piace a 4 persone

 

Non facciamo di tutta l'erba un fascio. Bello vedere gente che si approccia a queste cose, ma ci sono "Senior" o anche over 60 che giocano e giocano forte. La generazione 40-50 ha vissuto la storia dei videogiochi, quelli over 60 potrebbero essere di meno a giocare, ma se ricordo mio zio che negli anni 80 quando aveva 60 anni giocava su Intellivision.

 

Video molto interessante, mi sono iscritto che voglio assolutamente vedere i prossimi della serie.
Certo che è soggettivo, sta parlando dell'esperienza della sua ragazza non gamer, cosa sono questi commenti scialbi e pomposi

 

Mi madre, a fasi alterne, una volta ha iniziato prima a giocare ai minigiochi di New Super Mario Bros, per poi passare a New Super Mario Bros vero e proprio. Si impossessava del mio DSi e ci giocava, poi ha smesso. Non so cosa le fosse preso rotfl