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I videogiochi possono parlare di politica?

La risposta è sì, i videogiochi possono parlare di politica.



I videogiochi e la politica vanno a braccetto. Questa sembra essere anche l‘idea di Michel Koch, game director di Dontnod Entertainment. La casa francese, autrice di giochi come Life is Strange e Vampyr, sembra confermare il fatto che i videogiochi possono parlare di politica. O meglio, riportando fedelmente la sua dichiarazione: “If we didn't talk about politics, that would be a political message” (Se non parlassimo di politica, allora sarebbe un messaggio politico.)



Il che ha perfettamente senso se ci pensate. I videogiochi, come sottolinea il game director, raccontano delle storie, e ciò che si vuole è empatizzare con i protagonisti della vicenda. Per ottenere un risultato simile, è necessario attingere alla realtà di tutti i giorni. Quella pregna di politica fino al midollo.



I videogiochi possono parlare di politica perché parlano della vita stessa. E la vita è legata indissolubilmente alla politica.



Il The Last of US politicizzato



Videoludicamenre scorretto:
Se videogiocare non ti sta cambiando la vita, non hai capito un c*zzo



Che si tratti di politically correct o meno, inserire temi controversi e di difficile gestione all'interno dei prodotti videoludici non è certo una prerogativa di Dontnod. Basti pensare a Ellie di The Last Of Us. La ragazza è lesbica. Questo è un elemento aggiuntivo che da spessore al personaggio e arricchisce la sua storia. Si tratta però di un argomento complesso, e quindi non esente da critiche.



Per non parlare dell'accusa mossa al secondo titolo della serie sull'essere troppo politicizzato. “Essere troppo politicizzato” non vuol dire davvero nulla. Seriamente, se gli sviluppatori hanno deciso di inserire nel titolo un determinato messaggio politico, che sia riferito al mondo reale o meno, nessuno può metter bocca. Al contrario, si può contestare la coerenza di quel messaggio nell'insieme degli elementi che compongono il gioco. Se snatura il gioco mettendo a rischio l'esperienza del giocatore, allora lì abbiamo un problema. Ma è un problema di scrittura del gioco, non del messaggio politico o meno.



Quello che cerco di dirvi è che in qualsiasi epoca i media sono stati utilizzati come tramite per trasmettere un messaggio politico. Questa cosa non intaccava, però, quelle opere davvero ben fatte che dal messaggio politico traevano la loro forza e ragion d'essere. Gli esempi sono tantissimi, lo stesso Mussolini capì l'importanza di un medium come il cinema e creo un istituto, l'Istituto LUCE, per diffondere gli ideali fascisti tramite questo strumento.



Per approfondire:
Da PS5 a The Last of Us: hype e marketing



Il fascismo è assolutamente da abolire e combattere in tutte le sue forme, e su questo non c'è da discuterne, ma quei girati hanno un valore inestimabile e tutt'oggi funzionano benissimo. Quelle immagini, come ciò che si vede in un Call of Duty qualsiasi, descrivono la guerra sotto un punto di vista strettamente vincolato alla visione di chi quel prodotto lo ha fatto o commissionato. Come i cinegiornali fascisti idolatravano le gesta degli italiani al fronte, così Call of Duty idolatra il coraggio e la tenacia dei soldati americani esportatori di giustizia e pace a suon di mitra (tranne la missione Niente Russo, ma è un caso a parte).



Ho scelto il cinema per farvi un paragone con i videogiochi più semplice essendo anche quello un medium visivo, ma ovviamente questo discorso vale per la musica, per la letteratura, per il teatro e per qualsiasi altro medium passato e futuro. Poi sta al fruitore scegliere se prendere quel prodotto e portarlo come vessillo della ribellione, o assimilare quei concetti e combatterli fino alla morte. Che sia la scelta politica di The Last of Us o meno.



Videogiochi e Politica sono legati indissolubilmente. Esiste, però, sempre un 'come'



Videogiochi e Politica con Tetris



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Termini teatrali: Non ne posso fare a meno. È una droga. Però vi assicuro che il legame tra videogiochi e teatro esiste.



Ma non vi sono solo informazioni così dirette e esplicite: la politica è presente nei videogiochi anche nei sottotesti, in tutto ciò che è presente, che si percepisce indirettamente, ma non si vede.



La definizione di sottotesto può risultare strana in effetti, anche perché è un termine prettamente teatrale e legato alla recitazione, ma è il medium perfetto per parlare di politica. Il teatro è stato il motore per anni della politica, tutto dipendeva dagli spettacoli e da come ti mostravi in sala. Era così importante che addirittura alcuni sovrani si fecero fare delle sale teatrali ad hoc per far sì che tutti ammirassero la sua magnificenza. Lo spettacolo era solo uno sfondo per la vera attrazione: lui.



Comunque non divaghiamo. Cerchiamo di prendere questa definizione e di spiegarla meglio. Un sottotesto è un messaggio che è presente nell'opera che stiamo vedendo o leggendo ma che non si fa vedere in modo palese o non è scritto sulle pagine del libro.



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Storia? Non serve che vi dica quanto i videogiochi storici siano politici sia a livello di testo sia di sottotesto. Assassins Creed è uno dei tantissimi esempi.



Praticamente sono quei messaggi che quando studiate una poesia i professori cercano di farvi imparare e comprendere smontando pezzo per pezzo il testo. Sono messaggi, quindi, che l'autore ha inserito, ma che solo un occhio attento coglie. Per tutti gli altri è un messaggio passivo, che arriva, che condiziona, ma di cui non ci si rende conto. Avrete sicuramente sentito parlare delle pubblicità e del “lavaggio mentale” che fanno secondo alcuni complottisti. Bene, quello è un esempio di sottotesto. Io voglio che tu colga il messaggio “compra il mio prodotto” senza scrivertelo.
Questa stessa cosa si può fare tranquillamente con la politica e quindi anche con la politica nei videogiochi. Tetris è l'esempio principe: cercare di ordinare i tetramini, non è altro che cercare di ordinare una situazione politica continuamente attaccata, tassello dopo tassello, soccombendo inevitabilmente al caos.



Questo è un chiaro riferimento alla politica comunista russa, ma che si può estendere a tantissime forme di governo decadute nel tempo. Ciò che nel gioco si prova a fare è tenere sempre tutto sotto controllo, mettere ogni cosa al suo posto e in perfetta comunione l'uno con l'altro, fino all'inevitabile fine e caduta davanti ad un muro di blocchi che si frantumano.



Quindi sì, i videogiochi possono parlare di politica…



… e meno male, altrimenti non riusciremmo a sentirci a casa.



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28 maggio 2020 alle 17:30

Condiviso da gamercracy e altri 2.Piace a 6 persone

 

Potrebbero, ma chi glielo farebbe fare? Già così si cerca il pelo nell'uovo per fare ogni tipo di polemica, se davvero si parlasse di politica rischierebbero di attirare ancora più merda senza guadagnarci più di tanto.